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Paura.

Ecco, questa era la definizione perfetta per quegli ultimi giorni.

Eddie non riusciva a capire perché Richard, da quando gli aveva detto di non mettersi contro di lui, aveva iniziato a fissarlo insistentemente.

Voleva fargliela pagare? gli sarebbe stato bene, ma davvero il suo sguardo lo spaventava.

Era insistente, quasi volesse bruciargli la pelle fino a consumarla. Era profondo, intimidatorio, quasi volesse spogliarlo dalle sue paure e incertezze.

Ecco perché lo spaventava.
Aveva paura che potesse vedere tutto ciò che avesse dentro, tutta la sua paura di mostrarsi come sè stesso: debole.

Perché è proprio questo che distrugge l'essere umano, essere scoperto.
Quando una persona scopre le tue paure e le ritorce contro di te è quasi come se fosse la fine.

Ma, infondo, la debolezza è una caratteristica che quasi tutte le persone nel mondo hanno, chi più, chi meno. Essere deboli significa anche dipendere da ciò che ti sta intorno e da chi ti sta intorno. Avere la costante paura di agire senza prima avere il consenso dell'altro, per non sentirsi poi giudicato, o solo.

Perché nessuno può essere davvero felice da solo, dicevano.

Tutto quello che Eddie poteva fare in quel momento era scappare dal suo sguardo, trovando scorciatoie in ogni parete o angolo del vecchio corridoio di quella scuola.

Guardarlo era l'ultima cosa che avrebbe fatto al mondo, ma Richard sembrava davvero intenzionato a trovare il punto per buttare del tutto giù Eddie.
Quest'ultimo riusciva a sentire tutta quella tensione lasciata lì sul suo petto, trovando anche fatica nel respirare.

Forse Richard aveva capito il gioco a cui stava pensando di giocare Eddie: scoprire chi fosse e aveva quindi deciso di sconvolgere tutto, facendo ricadere il gioco su di lui.

Ovviamente Eddie non ne era felice, avrebbe preferito non aver mai pensato di provare a capire chi fosse. Non poteva però mentire, era davvero curioso.

Dopo la fine delle lezioni, che sembrò durare infinito, Eddie rientrò in camera, poggiandosi contro la porta chiusa e chiudendo gli occhi, respirando finalmente.

Si era sentito soffocare per tutto quel tempo, come se avesse continue mani su di lui, insistenti.

Dopo un paio di minuti la porta venne aperta, azione che fece spostare Eddie di scatto da essa.

Era ovviamente lui, che fissò Eddie, avvicinandosi.

Aveva le pupille quasi dilatate e il suo corpo si muoveva in passi molto lenti, facendo spaventare Eddie.

Quest'ultimo era ormai immobile, non riusciva a dire nulla e il proprio corpo non rispondeva ai comandi che lui cercava di mandare, disperatamente.

Ogni movimento di Richard sembrava ogni volta un passo più vicino alla propria fine.

Richard era ormai ad un centimetro di distanza da Eddie che lo guardava, questa volta.

Richard lo bloccò al muro, mentre Eddie deglutiva, respirando a malapena.

Eddie sentì il tocco delle leggere labbra di Richie sfiorargli la pelle poco sotto il lobo. Tutto il suo corpo reagì mandandogli dei veloci brividi lungo la schiena, costringendo gli occhi a socchiudersi.

"Non si usa più dare il buongiorno, Eddie?"Il sussurro arrivò al suo orecchio fino alla base della sua schiena.

Eddie voleva tanto riuscire a dire qualcosa o mandarlo via, dicendogli che il buongiorno non gliel'avrebbe mai dato siccome Richard non aveva accettato nemmeno di conoscerlo, ma le parole sembravano essersi bloccate nella propria gola, facendolo soltanto boccheggiare.

Le mani di Richard scesero fino alla base della sua schiena, sbottonandogli il marsupio che portava.

"Perchè lo porti?Non hai mai avuto un attacco d'asma da quando sei qui, neanche quando corri in palestra"Richie sussurrò, lasciando cadere il marsupio per terra.
Eddie si chiese come facesse a saperlo, ma poi si ricordò dell'avvenimento in mensa.

"so cosa stai pensando, quello era un attacco di panico, ma tu non te ne rendi conto."

Richard lo guardò negli occhi, aspettando una risposta, ma Eddie non riuscì a sostenere il suo sguardo per più di due secondi.

Si sentiva davvero uno stupido.
Cosa ne aveva fatto dell'Eddie Kaspbrak socievole e sempre con le risposte pronte? Era pietrificato da Richard, quasi fosse un incantesimo.
Come poteva Richie dire quello?

Aveva sempre creduto di essere una persona socievole, ma perché il giorno prima non era riuscito a restare in mensa e adesso non riusciva neanche a guardare Richard?

Sentì l'altro ragazzo ridacchiare e lasciar scorrere una mano sul collo di Eddie, sfiorandolo con i polpastrelli.
"Buongiorno, Eddie"disse quasi in un sussurro, prima di staccarsi ed uscire dalla stanza, sbattendo la porta.

Eddie sospirò pesantemente, scivolando lentamente con la schiena contro l'armadio, sedendosi per terra.

Lo odiava definitivamente.

-
"e quindi prima studiavi a casa"Disse Stan, bevendo il proprio frappé alla nocciola.

Avevano ottenuto poco prima un permesso, per uscire per mezz'ora, da una conoscenza di Stan. Eddie gli era davvero grato, aveva bisogno di distrarsi dopo l'avvenimento di poco prima.

Avere un amico non gli avrebbe fatto altro che bene.

"Già, e non era per niente male, ma visto che mia madre non ne aveva il permesso ho dovuto frequentare questa scuola quest'anno"Parlò velocemente Eddie, guardandosi attorno per poi riguardare Stan.

Aveva la costante sensazione di essere osservato, ma non riusciva a capire per quale motivo. Non c'era nessuno lì apparte loro.

"Stan, mi aiuteresti in una cosa?"

✧⋆𝐈'𝐥𝐥 𝐟𝐢𝐧𝐝 𝐨𝐮𝐭⋆✧ 𝐑𝐞𝐝𝐝𝐢𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora