20. Il primo giorno

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Il professor Rousseau mi ha fatto da scorta fino ai dormitori dell'accademia, posti in un edificio a pochi minuti di distanza dalla struttura principale.


Dopo avermi consegnato un paio di chiavi per accedere alla mia stanza si è rapidamente dileguato per tornare alle sue mansioni.


E finalmente, dopo un paio di minuti passati ad utilizzare una semplice chiave, apro la porta. 

Non è colpa mia, è seriamente difficile!


L'interno è sicuramente più spazioso e decorato di quello che merito, ma è probabilmente un comune denominatore per gli studenti di estrazione nobile.


Il pavimento sotto i miei piedi è in marmo, caratterizzato da uno stile a scacchiera.  La prima cosa che si presenta di fronte a me è un salotto in cui son presenti un paio di divani a forma di L ed un tavolino in vetro.

Sulla sinistra una porta conduce ad un'ampia cucina e sulla destra è presente una stanza da letto.  Le decorazioni sono minime: qualche tenda, un separè, dei tappeti ed uno scaffale dedicato a dei libri coperti di polvere.


Per quel che mi riguarda, potranno rimanere impolverati per ora, sarò già parecchio occupata con i testi scolastici.

Inoltre, devo iniziare a rivolgermi a me al femminile. Da Formica non è mai stata una distinzione necessaria in quanto avente una classe priva di sesso, ma adesso sono un essere umano.


Nonostante ciò per forza dell'abitudine mi sistemo in terra poggiando la schiena sul pavimento. I lunghi capelli color cenere cadono tutt'attorno a me, poggiandosi persino sul viso e coprendomi parzialmente lo sguardo. 

Soffio per spostarli, mettendo a fuoco l'ampio soffitto. 


Attraverso la finestra presente riesco a scorgere un frammento di cielo nella sua ora più bella: il crepuscolo.  La luce morente desta sentimenti nel mio spirito che non so descrivere. 

Ma forse, era meglio rimanere una formica, o qualche altro mostro.

Chiudo gli occhi e ricordo l'odore del sangue di Freyja, il sapore, la consistenza. Non mi disgustano quegli elementi, mi disgusta pensare che ad ora non ci trovi nulla di strano.

Sì ecco, sono cosciente della mia amoralità. 


Aiutandomi con le mani passo dall'esser completamente coricata a terra al poggiarmi sul fianco sinistro, fissando il mio riflesso appena distorto sul perfetto marmo del pavimento.

Metà bianco, metà nero, a causa della scacchiera. Rido, per ironia, ma tutto viene interrotto dal bussare alla mia porta. 


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