II. Se solo

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L'arrivo di Percy era proprio ciò che ci voleva per Annabeth.
Era stata felicissima di vederlo comparire tra le pareti celesti della Casa Grande, qualche minuto prima, e ancora di più di baciarlo.
Dopo essersi staccati, il figlio di Poseidone la prese per mano e la trascinò fuori dalla casa.
Camminarono, con le spalle che si sfioravano, finchè non giunsero al laghetto delle canoe e si sedettero sul pontile di legno.
"Di cosa stavate discutendo tu e Clarisse?" chiese Percy.
Annabeth sospirò.
Era arrivata anche lei dal suo collegio all'inizio di quella settimana, perchè Malcolm Pace, un altro figlio di Atena, l'aveva mandata a chiamare.
A quanto pareva, il Campo Mezzosangue era stato attaccato da alcune statue e nessuno riusciva a spiegarsi il perchè, visto che avrebbero dovuto essere immobili.
La semidea aveva subito avuto un brutto sospetto: lei era l'unica a conoscenza del comando per animarle, e non l'aveva fatto.
Perciò, come potevano aver preso improvvisamente vita?
"Ci sono stati alcuni attacchi, negli scorsi giorni" ammise "e Clarisse vuole fare qualcosa di cruento per evitare altre stuazioni del genere. Peccato che non sappiamo chi ci sia dietro e prima di attaccare dovremmo capirlo e studiare un piano"
"Fammi indovinare... attacchi di statue?"
Lei si voltò a guardarlo, ammirata, con un sopracciglio inarcato.
"Come fai a saperlo?"
"Perchè io e Grover siamo stati attaccati da loro, qualche ora fa"
"Perchè non me l'hai detto? Stai bene?"
Percy rise, posandole le mani sulle spalle per calmarla.
"Sto bene, sto bene, Sapientona. Come vedi sono ancora tutto intero"
Omise il fatto che lui sarebbe sempre stato bene, almeno fin quando la Benedizione di Achille lo avesse avvolto.
"Scusa"
Annabeth arrossì e Percy non riuscì a trattenersi, chinandosi a baciarla.
Lei chiuse la mani a coppa sulla nuca di lui, mentre alzava il viso.
Infilò le mani tra i capelli scurissimi del figlio di Poseidone, sentendoseli scorrere tra le dita.
"Sei carina quando sei preoccupata" le bisbigliò sulle labbra, con un mezzo sorriso.
Lei schioccò la lingua.
"Copi le mie frasi per conquistarmi, Testa d'Alghe?"
Perchè non ce n'è bisogno, avrebbe voluto aggiungere, ma non lo disse.
"Può darsi"
Annabeth sorrise sulle sue labbra.
"Mi stavi dicendo dell'attacco" continuò.
Percy annuì, allontanandosi un po'.
"Ero a scuola e ho visto Grover venire attaccato da George Washington" raccontò "quando sono andato a dargli una mano, la statua ha nominato un padrone"
"Un padrone?"
"Proprio così. E ha anche aggiunto che lo abbiamo già conosciuto"
Annabeth fece volare il suo sguardo grigio verso l'orizzonte, puntandolo poi verso l'acqua azzurra della baia di Long Island.
Chi poteva mai essere?
Che Crono fosse sopravvissuto?
No, era impossible.
Forse avrebbero dovuto parlare con Rachel, dopotutto era lei l'oracolo di Delfi.
"Credi che ci sia qualcosa di grave sotto, non è vero?" fece il figlio di Poseidone.
La figlia di Atena tornò a guardarlo.
Gli occhi verdi di Percy erano così fragili e il tono con cui aveva parlato le aveva stretto il cuore.
Percy aveva bisogno di sentirsi dire che erano tutte coincidenze.
Come avrebbe potuto biasimarlo?
Lei stessa ne aveva bisogno.
Ma purtroppo era pur sempre figlia della dea della saggezza e sapeva che si stavano cacciando in qualcosa di più grande di loro, come sempre.
"Credo che dovremmo aspettare prima di giungere a conclusioni affrettate" rispose alla fine "magari ci stiamo solo facendo castelli per aria"
"Credi che Luke...?"
"No" la voce di Annabeth era dura "Luke è morto"
"Scusa"
Lei sospirò.
"No" replicò "scusa tu. Sai che quando si parla di argomenti delicati per me... be' vado sulla difensiva"
"Vai sulla difensiva anche quando la gente ti parla di me?"
Annabeth riuscì a ridere e gli diede un ultimo bacio, prima di alzarsi in piedi.
"Forza, Testa d'Alghe, dobbiamo andare nel padiglione della mensa" disse, porgendogli la mano "Chirone sarà felice di vederti"

***

Ogni volta che Percy entrava nel padiglione della mensa, non poteva fare a meno di notare la lunga crepa che sovrastava un parte del pavimento.
La stessa crepa che Nico Di Angelo aveva creato due anni prima, quando aveva scoperto la morte di sua sorella.
Aveva dato la colpa a Percy, che aveva promesso di proteggerla.
E non ci era riuscito.
Si era sempre sentito in colpa per la sua morte, così come quella di Charles Beckendorf o di Lee Fletcher.
Ogni singola persona, ogni singolo semidio o semidea che era morto durante la guerra dei Titani, nella battaglia del Labirinto o in quella di Manhattan, era sulla coscienza di Percy.
Se solo fosse stato più persuasivo, nel caso di Bianca.
Se solo avesse distrutto la bara in cui i resti di Crono riposavano quando ne aveva avuto l'occasione, nel caso di Lee.
Se solo fosse stato più veloce sulla Principessa Andromeda, nel caso di Charlie.
Se solo avesse trovato il modo di portare la pace tra i figli di Ares e i figli di Apollo, nel caso di Silena.
C'erano così tanti "se solo" nella sua vita, da qualche anno a quella parte.
Sarebbe riuscito a convivere con essi per il resto della sua vita?
"Ehi Percy!" Grover gli diede una pacca sulla spalla, mentre si avvicanava con Chirone.
"Chirone!" Percy sorrise incontro al suo mentore.
"Ciao, figliolo" lo salutò il centauro, sorridendo "Grover mi ha raccontato cos'è successo"
Il figlio di Poseidone rimase in silenzio.
"Immagino che Annabeth ti abbia già informato riguardo gli attacchi che anche noi abbiamo subito qualche giorno fa" continuò.
"Sì" rispose lui "Chirone, lei sa di cosa si tratta?"
Il volto di Chirone si rabbuiò, mentre sbatteva gli zoccoli posteriori a terra, agitando la coda bianca nervosamente.
"Non ne sono sicuro" ammise, dopo un po'.
Poi si rifece allegro.
"Gli dei avranno due offerte in più, quest'oggi" disse, lanciando un'occhiata al braciere al centro del padiglione.
"Due? Chi è arrivato oltre a me?"
Chirone si fece di lato e Percy guardò verso il tavolo dove sedevano il centauro e il direttore del Campo, Dioniso in persona.
Il signor D non c'era ancora, ma accanto al suo posto il figlio di Poseidone vide qualcuno che non si sarebbe mai aspettato di vedere.
Nico Di Angelo stava sbocconcellando alcuni chicchi di melograno, il frutto degli Inferi, avvolto nel suo solito giubbotto da aviatore nero più grande di diverse taglie.
Nico alzò gli occhi e incontrò lo sguardo di Percy, che tentò di rivolgergli un sorriso ma il figlio di Ade riabbassò subito gli occhi.
Percy sospirò.
"Vai a sederti, figliolo" gli disse Chirone posandogli un mano sulla spalla "devo fare alcuni annunci"
Il semidio annuì, mentre si recava al tavolo di Poseidone.
Grover si sedette accanto a lui, così, per lo meno, non era completamente solo come sempre a quel tavolo, da quando Tyson se n'era andato a vivere con suo padre.
Incrociò lo sguardo di Annabeth, seduta accanto ai suoi fratelli al tavolo di Atena, e le sorrise.
"Ragazzi" iniziò Chirone "prima di fare le nostre offerte agli dei, volevo spendere alcune parole riguardo gli ultimi avvenimenti"
Guardò tutti i semidei presenti nel padiglione della mensa.
"Sapete tutti che il campo è stato attaccato alcune volte, in questi ultimi giorni. Non sappiamo ancora chi abbia portato in vita le statue, ma vi chiediamo di non preoccuparvi. Il signor D è andato sull'Olimpo per parlare con il consiglio degli dei, ma sono sicuro siano solo coincidenze. Crono è stato sconfitto e non c'è nessun altro pericolo"
Poi fece un sorriso rassicurante.
"Per passare invece a cose più immediate, domani sera vi ricordo che si terrà una partita di Caccia alla Bandiera, perciò vi incito a creare subito le vostre alleanze" concluse il centauro "e ora, offriamo il nostro cibo agli dei"
Percy si alzò e gettò una porzione del suo arrosto nel braciere al centro del padiglione, pensando a suo padre.
"Ehi Annabeth" le disse, mentre lei faceva per ritornare al suo posto "Atena e Poseidone saranno alleati domani?"
Annabeth assunse un'espressione mortificata.
"Scusa, Percy, ma Malcolm si era già messo d'accordo con Apollo ed Efesto, prima che tu arrivassi" spiegò.
"Oh" mormorò "oh sì ehm non importa, sarà per la prossima volta"
Lei gli diede un veloce bacio sulla guancia, prima di tornare a sedersi.
Percy sospirò, rendendosi conto che avrebbe dovuto essere nella stessa squadra di Clarisse.
Tornò a sedersi e quasi si prese un colpo.
Nico di Angelo era seduto accanto a lui.
"Dei, Nico, mi hai fatto spaventare" commentò, cercando di usare un tono leggero.
"Scusa" borbottò lui "faccio sempre questo effetto"
"Andiamo, non è vero"
Nico sembrò voler ribattere, ma rimase in silenzio.
"Ehi che ne dici di stare in squadra con me alla partita di Caccia alla Banidera?" propose ad un certo punto Percy.
Nico alzò gli occhi scuri come ossidiana, sorpreso.
"Davvero?" c'era qualcosa di strano nella sua voce, qualcosa che nessuno avrebbe mai associato ad un figlio di Ade.
Nico pareva speranzoso.
"Certo, so cosa sei capace di fare con la tua spada" continuò il figlio di Poseidone, lanciando un'occhiata alla lama di ferro dello Stige che il ragazzino aveva al fianco "Mi saresti di grande aiuto. Come lo sei stato nella battaglia di Manhattan"
Percy gli posò una mano sulla spalla.
"Dopo quel giorno non ti ho più visto tanto in giro e quindi non ho avuto l'occasione di dirtelo" disse "ma abbiamo vinto anche grazie a te"
Il figlio di Ade abbozzò un sorriso.
"Quindi ci stai?"
Percy gli tese una mano.
"Sì" rispose Nico, afferrandola "perchè no"

***

Il posto dove abitava Rachel Elizabeth Dare era molto accogliente, per essere una grotta in cima ad una collina.
Percy si chiese se per caso avrebbe dovuto bussare, prima di entrare, ma considerato che non c'erano porte era un po' impossibilie.
Rachel, l'Oracolo di Delfi scelto da Apollo un mese prima, non viveva al Campo Mezzosangue tutto l'anno, ma Grover gli aveva detto che era stata chiamata dal collegio per signorine dove studiava, la Clarion Ladies Academy, per dare una mano.
Il satiro aveva anche aggiunto che era stata la stessa Annabeth a richiederla lì, perchè sperava potesse vedere qualcosa nel futuro del Campo.
Percy ne era rimasto sorpreso: Annabeth e Rachel non erano mai andate molto d'accordo.
A dirla tutta, nell'ultimo mese le cose si erano abbastanza complicate.
Rachel lo aveva baciato, a metà agosto, facendogli capire che provava qualcosa per lui.
E lui?
Be', Percy era piuttosto confuso, visto che l'estate prima Annabeth lo aveva baciato a sua volta.
Per fortuna, però, le cose si erano risolte: lui e la figlia di Atena stavano insieme e Rachel era diventata l'oracolo, privata perciò di ogni legame romantico.
Nonostante tutto, gli sembrava giusto andare da lei e salutarla.
Inizialmente, alla fine della battaglia con Crono quando Apollo l'aveva scelta come suo tramite, le avevano offerto una stanza alla Casa Grande, ma lei aveva rifiutato.
Percy capiva quasi perchè.
La grotta che aveva scelto come casa era accogliente.
C'erano un sacco di tubetti di colori sparsi a terra, un sacco di tele con alcuni abbozzi di persone o paesaggi, matite colorate lasciate libere sul divano rosso posto a lato della cavità, come se dormire fosse un bisogno secondario.
Tutto, in quella caverna, dava l'idea di una casa vissuta e felice.
"Percy!" esclamò Rachel Elizabeth Dare quando lo vide all'entrata.
Gli corse incontro, i capelli rossi lasciati sciolti sulle spalle che le svolazzavano intorno.
Lo abbracciò, stringendolo forte.
"Ehi Rachel!" rispose lui.
Lei si allontanò e lo studiò.
"Sei diventato più alto" decise.
Percy rise.
"Ehi ma da quando hai i capelli lisci?"
Rachel sbuffò, esaminandosi un ciuffo rosso.
"È la promessa che ho fatto a mio padre" spiegò "alla Clarion Ladies Academy le signorine perbene devono sempre avere i capelli in ordine e, a quanto pare, i capelli ricci non rispettano l'etichetta. Che buffonata"
Lui la guardò dispiaciuto.
Si sentiva in colpa, perchè Rachel era arrivata a scendere a patti con suo padre per aiutare lui.
Durante la Battaglia di Manhattan, aveva chiesto al padre di riportarla a New York perchè Percy aveva bisogno di lei e, in cambio, il signor Dare l'aveva obbligata ad andare in quel collegio in Connecticut.
"Comunque non importa" continuò "l'unica cosa che mi dispiace davvero è che ci costringono a indossare un'uniforme"
Rabbrividì di disgusto.
"Quindi niente jeans disegnati?" ironizzò il figlio di Poseidone.
Rachel sospirò, scuotendo la testa.
"Come mai qui? Non dovresti essere alla Goode High School?" domandò.
Fu la volta di Percy di scuotere la testa, sospirando.
Le raccontò dell'attacco di George Washington e, nel parlare, la sua attenzione fu catturata da una tela posta in un angolo della grotta.
Si avvicinò ad essa, mentre la ragazza lo seguiva.
"L'ho dipinta il primo giorno che sono tornata qui" spiegò, mordendosi il labbro "sinceramente non so chi sia. Ho chiuso gli occhi e mi sono lasciata guidare dall'istinto"
La tela ritraeva un uomo, dai tratti sfocati, come se non fosse lì veramente.
Aveva la barba rossa e qualcosa in testa, come una specie di corona.
Percy sapeva di averlo già visto da qualche parte, ma non riusciva a ricordare.
"Lo conosci?" chiese Rachel.
"È come se avessi la risposta sulla punta della lingua, ma non riuscissi ad afferrarla" il figlio di Posedone sospirò.
Lei gli posò una mano sul braccio.
"Ho un brutto presentimento, Percy" gli rivelò "sto facendo dei sogni..."
"Come durante la Battaglia di Manhattan?"
"Più o meno. Ora che sono l'oracolo posso vedere il passato, il presente e il futuro e... be', devo ancora imparare a distinguerli. Poi, dopo la mia prima profezia..."
Percy rabbrividì.
Subito dopo la sconfitta di Crono, Rachel aveva declamato la nuova grande profezia, riguardo sette mezzosangue.
Il figlio di Poseidone sperava che non si sarebbe avverata prima di decenni.
"Non lo so, Percy" sospirò "spero solo di sbagliarmi"
Lui non fece in tempo a dire nulla, perchè la conchiglia che annunciava la cena suonò.

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