IV. Caccia alla bandiera

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Percy entrò nella casa grande, scordandosi di bussare.
Aveva lasciato di fretta Blackjack nelle stalle con gli altri pegasi, ed era corso a cercare Chirone per informarlo di ciò che avevano visto a Brooklyn.
Il sole stava tramontando e mancava poco all'inizio della partita di caccia alla bandiera.
Il figlio di Poseidone svoltò più corridoi, finchè non sbucò nel salotto della casa.
"Perry Johnson" lo rimporverò una voce annoiata "tua madre non ti ha insegnato che non si entra nelle case altrui senza bussare?"
"Signor D" lo salutò Percy "non vedevo l'ora di rivederla, sa?"
Il dio Dioniso, seduto sulla poltrona rossa vicino al camino stava sorseggiando dell'acqua in un calice di vino, forse immaginando – e credendo con tutto il cuore come per renderlo reale – ci fosse del vino al suo interno.
"Io invece no" gli sorrise "Quindi, cosa diavolo ci fai qui? È casa mia, questa! E non voglio Mezzosangue al suo interno!"
"Sto cercando Chirone, devo dirgli una cosa importante"
"Lo avresti visto fra mezz'ora alla partita di caccia alla bandiera!" gridò "Perchè devi rompere le scatole a me?! Oh dei"
Il signor D si passò una mano sul volto grassoccio.
"Mancano solo una ventina d'anni, forza Dioniso ce la puoi fare" borbottò tra sè e sè, come per incoraggiarsi.
"Non so dove sia Chirone" continuò "quindi ora potresti andartene?!"
"Sono qui, Percy"
Chirone entrò nella stanza facendo rumore con gli zoccoli.
"Cosa succede?"
Percy guardò male il dio e poi si avvicinò al maestro d'eroi.
"Ho visto una cosa strana, a Brooklyn, prima insieme a Blackjack" disse "Possiamo parlarne da qualche parte?"
"Certo" il centauro annuì, con la faccia scura "dimmi pure ciò che hai visto qui. Dioniso potrebbe aiutarci"
"Oh non mi interressa cosa ha visto Prissy Johassen" borbottò lui.
"È Percy Jackson! Oh andiamo signor D non è così difficile! Mi conosce da quattro anni!"
Chirone guardò il direttore del Campo con lo sguardo scuro fermo e determinato.
"Dioniso" disse semplicemente.
Il signor D sbuffò.
"E va bene" disse, poi fece un gesto con la mano di impazienza al figlio di Poseidone "Forza! Non ho tutto il giorno"
Percy si rivolse al centauro.
"C'è un vicolo di Brooklyn particolarmente ricco di foschia" raccontò "i mortali non lo vedono, ma al suo interno c'è una specie di accampamento militare. Solo che, be', i soldati sono fantasmi. Ma non ho mai visto fantasmi così solidi, sembrano vivi"
"C'è altro?"
Chirone si stava accarzezando la barbetta scura.
"Hanno un capo" concluse infine "siede su un trono e ha una specie di scettro, un bastone alla cui estremità c'è una conchiglia"
Il signor D fece un verso strozzato, lanciando uno sguardo al centauro.
"Sapete chi è?" chiese Percy, guardando prima uno poi l'altro.
Chirone mosse la coda bianca, a disagio.
"Non l'hai riconosciuto, Percy?" domandò.
"Non riesco a ricordarmi chi sia, ma so di averlo già visto. Chi è? Lo so che lo sa, Chirone"
Il maestro d'eroi posò una mano sulla spalla del semidio.
"Ora non pensarci, d'accordo? Devi concentrarti per la partita di Caccia alla Bandidera"
"Ma come faccio? Il re ha anche detto che ci sarà un attacco"
"Nessuno può entrare al Campo, Percy. Il pino di Talia ci protegge, così come il drago Peleo e gli incatensimi che la casa dei figli di Ecate hanno fatto. Non c'è niente di cui preoccuparsi"
Percy si costrinse ad annuire.
Non credeva nemmeno un po' alle parole del mentore, sapendo che c'era dell'altro sotto.
Il giorno seguente avrebbe tentato di capirci qualcosa di più.
E ne avrebbe parlato con Annabeth, lei di solito aveva sempre una risposta per tutto.

***

Annabeth finì di aiutare Sophie, una delle sue sorelle più piccole, a mettere l'armatura.
Le strinse megliò gli schinieri e lei fece un verso di lamento.
"Sono troppo stretti" disse.
La figlia di Atena alzò lo sguardo e sorrise alla ragazzina, che aveva dieci anni.
Come tutti i figli di Atena, aveva i capelli biondi e gli occhi grigi.
"Mi dispiace, Sophie, ma devono esserlo" si scusò "altrimenti mentre corri scivoleranno via"
Alla sorellina tremò il labbro.
Era arrivata da poco al campo, poco dopo la fine della guerra contro i Titani.
"Ma non è pericoloso questo gioco?" chiese, riferendosi alla partita di caccia alla bandiera che si sarebbe svolta di lì a pochi minuti "Non rischiamo di farci male?"
Annabeth si morse il labbro, indecisa.
Non era molto brava con i bambini, d'altronde non aveva nessuna esperienza: lei e i suoi due fratellastri, Bobby e Matthew, non andavano molto d'accordo.
Alla fine decise di mettersi in ginocchio, perchè i loro occhi fossero alla stessa altezza.
"Sì" ammise "ci si può far male. Ma andrà tutto bene. Sai quanti anni avevo io alla mia prima partita di caccia alla bandiera?"
Sophie scosse la testa.
"Sette anni"
La semidea tornò per un istante con la mente al passato, il giorno in cui lei, Luke e Talia erano arrivati al Campo.
Scacciò subito quei ricordi.
Se prima le facevano male per il ricordo di Talia, ora era colpa di Luke.
"Cavolo" commentò la ragazzina "e non avevi paura?"
"Tanta" ammise l'altra "ma non lo davo a vedere. Quella partita l'ho vinta"
"E come hai fatto? Eri così piccola!"
Annabeth sorrise.
"Con l'astuzia. Sai, il tuo nome in greco antico significa saggezza. Sento che sei una persona intelligente, Sophie, e so che ce la farai. Tu segui me e cerca di non farti trovare dagli avversari. Insieme prenderemo la bandiera avversaria, ci stai?"
Le tese una mano e Sophie la strinse.
La sua presa era d'acciaio.
"Forza, andiamo!"
Si alzò in piedi e trovò Malcolm che le sorrideva.
"Che c'è?" chiese, avvicinandosi al fratello.
Lui scosse le spalle.
"Niente" rispose "solo che si vede che la passeggiata con Percy ti ha fatto bene: sei più rilassata"
Annabeth corrugò la fronte.
Chissà cosa Blackjack aveva mostrato a Percy.
Una volta finita la partita glielo avrebbe sicuramente chiesto.
Lei e il resto della casa di Atena uscirono dalla casa sei e si riunirono intorno al falò, dove i loro alleati erano già arrivati.
Annabeth incrociò lo sguardo di Jake Mason, di Efesto, e lui annuì.
Le sorprese che avevano piazzato per tutta l'area della foresta erano pronte.
Lei e un piccolo gruppo di Apollo, munito di archi e frecce, si sarebbe nascosto sugli alberi sopra il pugno di Zeus, dove avevano posto la bandiera e avrebbero atteso.
Era stata una sua idea, quella di non essere nella squdra di attacco.
Un po' si sentiva in colpa, pensando al perchè si fosse data quell'incarico, ma dopotutto sua madre era la dea della strategia.
Inoltre, lei voleva vincere.
Sapeva che Percy sarebbe stato nella squadra d'attacco avversaria e che alla fine avrebbe trovato la loro bandiera, perciò Annabeth sperava di distrarlo se si fosse messa a combattere contro di lui.
Inoltre, credeva di essere l'unica ad avere la possibilità di spuntarla in un duello diretto con lui, appunto perchè i suoi sentimenti per lei avrebbro potuto darle un vantaggio.
Percy aveva ancora la benedizione di Achille, perciò era praticamente invulnerabile: bisognava vincerlo con l'astuzia, non la forza.
Ad un certo punto lo vide comparire alla luce del falò che lluminava il cupo cielo del crepuscolo.
Gli andò incontro e gli diede un bacio sulla guancia.
"Ehi" gli disse.
Capì subito che c'era qualcosa che non andava: i suoi occhi verdi erano cupi e il fuoco si rifletteva su di essi.
"Cos'è successo?" chiese, posandogli una mano sulla spalla.
Percy la guardò, intrecciando le dita con le sue, e cercò di fare un sorriso, ma si vedeva che era preoccupato.
"Dopo ti racconto" le promise "ora pensiamo alla partita"
"Sei sicuro?"
Annabeth lo scrutò, ma Chirone prese la parola.
"Eroi!" esclamò "Avete posizionato gli stendardi?"
I semidei esplosero in un grido di affermazione.
"Molto bene" il centauro li guardò "conoscete le regole. Il ruscello è la linea di confine e l'intera foresta è campo libero. Tutti gli oggetti magici sono concessi. Lo stendardo deve essere collocato in bella vista e non può avere più di due guardie. I prigionieri si possono disarmare, ma non si possono legare nè imbavagliare. Vietato uccidere o ferire gli avversari. Io fungerò da arbitro e medico di campo. E ora, che vinca la squadra migliore!"
Annabeth lanciò uno sguardo a Percy e lui annuì.
Entrambi corsero in due direzioni diverse.
La figlia di Atena si arrampicò sull'albero, in appostamento.
Will Solace, di Apollo, era accanto a lei.
"Ciao Will" lo salutò.
Il biondo le fece un cenno con la mano.
"Credi che Nico userà il suo trucchetto per evocare i morti?" domandò.
Annabeth corrugò la fronte.
Lui e Ade avevano creato un bel po' di scompiglio nella battaglia di Manhattan in quel modo.
"Ogni magia è concessa perciò..."
Will scosse la testa, scuro in viso.
"Non deve esagerare" borbottò "una magia di quel genere... un giorno non avrà più abbastanza forza. E diventerà un'ombra come quelle tra cui si nasconde"
L'altra lo guardò, ma il figlio di Apollo aveva distolto lo sguardo.
Allora guardò giù, dove Sophie faceva la guardia allo stendardo grigio dove scintillava la civetta simbolo di Atena.
Era il compito più semplice per la nuova arrivata, che continuava a guardarsi freneticamente intorno, ed inoltre Annabeth poteva tenerla d'occhio.
Ad un certo punto, dopo qualche tempo, gli alberi intorno al Pugno di Zeus vibrarono e la figlia  di Atena acuì l'udito, sentendo dei rametti venire spezzati.
Sapeva che era Percy.
Si lanciò giù dall'albero e si ritrovò proprio davanti al figlio di Poseidone, con il pugnale puntato dritto davanti a sè.
Percy sorrise, sbuffando.
"Atena ha sempre un piano eh?" la rimbeccò.
"Che ci vuoi fare" replicò lei "è così. Credevi che ti avremmo lasciato prendere la bandiera tanto facilmente?"
"Ci ho sperato"
Annabeth, veloce come il vento, cercò di colpirlo con il piatto della lama del pugnale, ma lui era incredibilmente agile e veloce.
Parò facilmente il colpo e lei si tuffò di lato, per evitare una stoccata del ragazzo.
Dannato Achille, pensò mentre si rimetteva in piedi.
Si sfidavano con lo sguardo, entrambi divertiti ed intenzionati a vincere.
L'elettricità tra i due era palpabile, come anche l'attrazione.
Tutti si erano riuniti intorno a loro.
Ecco i due eroi dell'Olimpo, pensavano, che si sfidano a duello.
Purtroppo Annabeth sapeva chi avrebbe vinto.
Avrebbe voluto distrarre Percy, ma la benedizione di Achille le impediva anche questo.
Avrebbe dovuto pensarci.
Tentò nuovamente di disarmarlo, ma stavolta successe il contrario.
La lama di Percy la colpì al polso e lei mollò la presa sul pugnale, che cadde a terra.
Un boato esplose dalla folla di semidei.
Il figlio di Poseidone le puntò la lama di Anaklusmos alla gola, mentre Annabeth respirava affannosamente.
Lui le fece il suo sorriso da piantagrane, mentre lei alzava gli occhi al cielo.
Aveva un'incredibile voglia di baciarlo.
Anche Percy sembrò pensare la stessa cosa, perchè il verde dell'iride era completamente inghiottito dal nero della pupilla.
Si sporse leggermente in avanti, con lentezza.
E fu in quel momento che si udì una scossa.
I due si voltarono di scatto, osservando increduli la cupola di protezione che proteggeva e avvolgeva il Campo Mezzosangue infrangersi per un istante come uno specchio rotto.
"Cosa sta succedendo?" esclamò Annabeth.
Raccolse svelta il pugnale, ma non sapeva contro chi o cosa puntarlo.
Tutti i semidei sguainarono le loro armi.
"L'attacco" mormorò Percy, lo sguardo verde perso oltre gli alberi davanti a loro "era di questo che parlavano"
"Chi, Percy?"
La risposta arrivò con un grido di battaglia.
Un'ondata di fantasmi in armatura si riversò intorno al Pugno di Zeus.
"Di Immortales" mormorò Annabeth deglutendo.
Quelli non erano semplici fantasmi, ma non erano nemmeno creature vive.
Non ne aveva mai visto uno prima.
"Andatevene dal campo" intimò Chirone, con l'arco puntato "qui non siete i benvenuti"
Il non morto più avanti, che pareva il capo, scrutò al folla di semidei.
Ad un certo punto sorrise.
"Figlio di Ade" disse.
Nico si fece avanti, la spada in ferro dello Stige brillò.
"I morti sono sotto il dominio di mio padre" disse "perciò sotto il mio. Vi ordino di andarvene subito"
Il capo rise, imitato dagli altri.
"Tu non sei il nostro padrone" ribattè "noi seguiamo gli ordini solo del nostro re"
Si toccò la spilla di conchiglia che teneva fermo il mantello vermiglio.
Soldati cretesi, pensò Annabeth.
"Percy" bisbigliò "guarda"
C'erano statue tra le orde di fantasmi.
"È tutto collegato" capì, guardando il figlio di Poseidone "le statue, gli attacchi e ora loro"
"Cosa volete?" domandò Nico.
"Lasciarti un messaggio" rispose il fantasma "il re ti attende. Ha un conto in sospeso con te, figlio di Ade"
"Allora avrebbe potuto mostrarsi direttamente, invece di mandare te. Ha così paura di me?"
Il capo fece un sorriso inquietante.
"Il labirinto ti attende, Nico di Angelo, e così il suo re"
Nico lanciò il grido di dolore più aggiacciante che Annabeth avesse mai sentito.
Si scagliò sull'ora di soldati, ma appena i loro corpi si toccarono, essi scomparvero nel nulla e le statue si ridussero in briciole.
La figlia di Atena sentì Percy buttare fuori il fiato.
Il figlio di Ade era in ginocchio accanto al Pugno di Zeus.
"Va' da lui" disse Annabeth, sapendo che era ciò che il figlio di Poseidone voleva fare.
Percy la guardò un istante e poi si inginocchiò accanto a Nico.
Lei alzò lo sguardo verso Chirone, che osservava con il volto scuro i due semidei.
Seguì il suo sguardo e, non appena Percy posò una mano esitante sulla spalla di Nico, lui si allontanò di scatto e si alzò il piedi.
"Mi serve una profezia" dichiarò "partirò per un'impresa questa notte stessa e ucciderò Minosse"
"Minosse" ripetè Percy "ma certo"
Guardò Chirone.
"Era lui che ho visto in quel vicolo. Era lui che Rachel ha dipinto"
Chirone fece un passo avanti.
"Domani, con il favore del giorno, ne riparleremo" disse "sarà meglio che andiate tutti a dormire"
Tutti provarono a replicare, specialmente i fratelli Stoll, ma Chirone era irremovobile.
Percy raggiunse Annabeth, mentre Nico era già sparito da qualche parte.
"Ci risiamo" mormorò lei, la voce stanca.
"Usciremo anche da questo, te lo prometto"
Il figlio di Poseidone l'abbracciò e la figlia di Atena nascose il viso nell'incavo del suo collo. "Sono preoccupata per Nico" ammise "non può compiere quest'impresa da solo"
"Andremo con lui, lo aiuteremo"
"Non ce lo permetterà mai. Sai com'è fatto"
"Lo convinceremo"
Annabeth lo guardò.
I suoi occhi verdi erano scuri, con il favore della notte.
"Andiamo a letto, Percy"

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