Il sole non era ancora sorto, ma Nico era abituato a girare tra le ombre.
A volte era convinto che, stando così tanto con loro, prima o poi sarebbe diventato anche lui uno di esse.
Ma in quel momento non gli importava, mentre saliva il fianco della collina fino alla grotta.
Aveva bisogno di una profezia, semplicemente per sapere dove andare e dove trovare Minosse.
Poi sarebbe partito seduta stante e avrebbe scofitto il re degli spettri.
Ricordava molto bene come avesse tentato di raggirarlo, l'anno prima, quando Nico voleva incontrare il fantasma di Bianca.
E ora Minosse lo voleva? Gli sarebbe andato incontro molto volentieri.
E si sarebbe vendicato.
Non aveva idea di come avesse fatto ad uscire dagli Inferi, ma ora era lì, a New York.
Perchè proprio adesso?
Perchè non durante la guerra contro Crono?
Perchè è un codardo, si rispose, ha aspettato la fine della guerra perchè potessimo rilassarci, pensare di essere al sicuro, per poi attaccarci quando avevamo la guardia abbassata.
Si sorprese di essersi incluso nel "noi" del Campo Mezzosangue.
Dopotutto lui lì non si sentiva a casa, non ci si era mai sentito.
Come nemmeno negli Inferi, nel regno di suo padre.
Era come se non ci fosse nessun posto, per lui, nel mondo.
Eppure continuava a tornare lì, a Long Island.
Forse perchè era l'ultimo posto in cui aveva vissuto con Bianca.
Certo, poi c'era Percy.
Cercava di non pensare al figlio di Poseidone e ai suoi bellissimi occhi verde mare.
Oppure al modo in cui gli aveva chiesto di stare nella stessa squadra, il giorno prima...
Dei.
Ed ecco che ci era ricaduto.
Si odiava quando gli capitava.
Quello che provava per Percy – che ancora esattamemte non riusciva a capire – era sbagliato.
Nico stesso era sbagliato.
Si fermò di botto, mettendosi le mani tra i capelli e chiundendole a pugno.
Si impose di liberare la mente, facendo respiri profondi.
Doveva andare da Rachel e poi nel Labirinto.
Erano queste le uniche cose su cui doveva concentrarsi.
La grotta si ergeva davanti a lui, ancora scura e tetra.
Vi entrò come una furia.
"Rachel!" esclamò.
Si rese comto troppo tardi che probabilmente la ragazza stava dormendo.
Ma non era così.
"Nico?"
Rachel era sveglia, le mani imbrattate di colore e un camice bianco addosso.
Un pezzo di legno infuocato illuminava la tela che aveva davanti.
Ritraeva una ragazza che doveva avere sui dodici anni, con indosso un berretto verde sui lunghi capelli scuri.
Aveva gli stessi occhi di Nico.
"Cosa ci fai qui? È successo qualcosa?" domandò lei, voltandosi a guardarlo.
"Hai dipinto Bianca" disse soltando Nico, in un sussurro "come fai a conoscerla?"
"Io..." Rachel guardò di nuovo la tela, come studiandola "io non lo so. Ultimamente dipingo persone che non conosco"
Si voltò di nuovo verso il figlio di Ade che stava tremando.
"Nico, stai bene?"
Gli andò incontro e gli posò una mano sul braccio.
Nico si ribellò, allontanandosi, come un animale spaventato.
Fu in quel momeno che l'oracolo di Delfi si impossessò di Rachel, avvolgendola con il suo fumo verde.
E declamò la sua profezia.Il figlio degli Inferi condurli saprà
Il filo di Arianna non servirà
Achille e Patroclo lo accompagneranno
Salvandolo da un inganno
L'amica perduta a loro si mostrerà
Il re degli Spettri la sua vendetta otterrà
Quando il giorno e la notte saranno equivalenti
Al Campo gli ultimi stentiRachel poi tornò in sè e guardò Nico, prima di cadere in avanti.
Il semidio fu abbastanza svelto da prenderla prima che toccasse terra.
"Tutto bene?" chiese, posandola sul divano.
Lei annuì.
"Sto bene" rispose "che è successo?"
Nico prese una decisione fulminea.
"Niente" disse "io... ehm ora vado"
La sentì chiedere perchè fosse venuto, ma Nico era già uscito dalla grotta.
Il sole lo colpì per un istante con la sua ancora pallida luce e lui chiuse gli occhi, mettendosi una mano davanti al viso per proteggersi.
Al Campo gli ultimi stenti
Non fu solo la luce del sole a fargli male.***
Il dio Giano si stagliava davanti a lei, sogghignando con le sue due facce.
Era vestito come la prima volta che lo aveva visto, con l'abito da portiere di New York.
"Allora, figlia di Atena" le disse "il labirinto ti attende di nuovo, ne sei felice?"
Annabeth lo guardò.
Non era la prima volta che sognava il dio bifronte.
Eppure le altre volte era come se sognasse quello che era davvero successo, un anno prima, nel Labrinito di Dedalo.
"Lasciami in pace, Giano" replicò lei.
Cercò il suo pugnale, ma non lo aveva alla cintura.
"Perchè mai? Io sono il dio degli incroci. È così bello fare delle scelte, non credi? Facciamo scelte tutti i giorni, scelte che se solo cambiassimo di una minima virgola ci porterebbero da tutta un'altra parte"
"Non sono interessata"
Giano la guardò.
"Questo è un sogno" le disse "ma sai che non è un sogno come gli altri. Non è un ricordo"
Annabeth si strinse nella maglietta arancione, rabbrividendo nonostante il caldo che faceva in quella stanza.
"Scegli, Annabeth" le disse.
Il dio però aveva la bocca chiusa.
La voce pareva rimbombare nella mente della semidea, incessantemente.
"Scegli, Annabeth" continuò "Scegli, Annabeth. Scegli, Annabeth"
Lei si prese la testa fra le mani, chiudendo gli occhi.
"Basta!"
"Scegli, Annabeth"
"Vattene!"
"SCEGLI!"
Annabeth si alzò di scatto, ritrovandosi i ricci biondi in viso.
Passò qualche minuto prima che il respiro le tornasse regolare, minuto che passò per esaminare il posto in cui si trovava.
La casa sei era avvolta dai respiri regolari dei suoi fratelli e sorelle che dormivano ancora.
Il sole stava sorgendo all'orizzonte, con i suoi timidi raggi.
Sospirò, sapendo che non si sarebbe più riaddormentata.
Era presto, lo sapeva, ma conosceva Percy.
Sapeva che il suo ragazzo doveva aver dormito davvero poco quella notte, ripensando a come aiutare Nico nell'impresa, in primis convincendolo a portare loro due con lui.
Perciò si alzò e si vestì, decisa ad andare verso la casa tre.
In realtà non avrebbe potuto.
C'erano severe regole che vietavano che un ragazzo e una ragazza, che non fossero fratelli, rimanessero da soli nella stessa casa.
Ma Annabeth non avrebbe fatto nulla di male, voleva solo stare con Percy.
Arrivata davanti alla casa di Poseidone aprì piano la porta e si ritrovò davanti il semidio che era sdraiato sul letto.
Percy aveva gli occhi chiusi, una mano appoggiata sul ventre allenato coperto da una semplice maglietta azzurra e l'altra sotto i capelli neri scompigliati.
"Percy?" lo chiamò.
Lui aprì subito gli occhi e puntò il suo sguardo verde in quello grigio di lei, mettendosi seduto.
"È tutto okay?" le chiese, la fronte corrugata.
"Io..." Annabeth abbassò gli occhi "ho fatto un brutto sogno"
Percy non disse nulla, semplicemente aprì le braccia e accolse il corpo della figlia di Atena tra esse.
Lei poggiò la testa nell'incavo del suo collo, come per nascondersi.
"Ero di nuovo nel labirinto con Giano" raccontò, la voce attutita dalla maglietta di lui "Mi chiedeva di scegliere"
"Ora è tutto passato, Annabeth, sono qui"
Il figlio di Poseidone la strinse di più, posandole un bacio sui capelli biondi.
"Va tutto bene ora"
Lei annuì piano, rimanendo però in silenzio.
"Ehi"
Percy fece in modo che si guardassero negli occhi.
"Siamo insieme e lo saremo sempre, d'accordo? E se mai un giorno dovrai scegliere, io sarò al tuo fianco per aiutarti. Non ti lascerò mai"
"Percy..."
Annabeth si sporse in avanti.
Le loro labbra si sfiorarono per un istante.
"Percy!"
Nico di Angelo spalancò la porta della casa tre, gli occhi fuori dalle orbite e il respiro affannato come se avesse corso.
I due semidei si allontanarono l'uno dall'altra, come scottati.
Annabeth arrossì e vide che anche il figlio di Ade era arrossito.
"Ehm ciao Nico" disse.
Lui boccheggiò per un istante, come se non riuscisse a processare ciò che aveva davanti agli occhi.
La figlia di Atena ricordò di aver pensato, l'anno prima, che lui potesse avere una cotta per lei.
E forse aveva ragione, visto lo sguardo che gli leggeva negli occhi.
Come se il suo cuore fosse stato spezzato per l'ennesima volta.
"Va tutto bene, Nico?" chiese Percy.
"Sì... io... sì" il figlio di Ade riprese controllo di se stesso "dovete venire con me nell'impresa"
"Wow, non pensavo ti saresti convinto tanto facilmente"
Nico scosse la testa.
"Non è una mia scelta" ribattè, usando un tono irritato "è la profezia che dice che dovrete venire con me"
"La profezia?" Annabeth corrugò la fronte "Sei andato da Rachel?"
Nico annuì e declamò le parole dell'oracolo di Delfi.
"Achille e Patroclo lo accompagneranno" ripetè la figlia di Atena "Percy ha la benedizione di Achille, perciò Achille è lui"
"E Patroclo non dovrebbe essere Grover?" commentò Percy "Nell'Iliade non era il migliore amico di Achille?"
Nico divenne pallido.
"Secondo altre versioni i due erano amanti. Patroclo era colui che Achille amava"
"E quindi questo lo identifica in Annabeth"
Percy si voltò a guardare Annabeth.
Il respiro le si mozzò, rendendosi conto di quello che la frase del ragazzo implicava.
Lui... l'amava?
"Partiremo questo pomeriggio"
Nico si voltò e quasi corse via dalla casa tre.
"Annabeth..."
Il cuore della semidea fu avvolto dalla paura.
Per la prima volta a qualcuno importava davvero di lei.
E provava un'incredibile voglia di fuggire.
Aveva troppa paura di quella nuova sensazione che provava.
"Io vado a cercare Chirone" dichiarò, scattando in piedi "dobbiamo avvisarlo dell'impresa e avere il suo consenso. Ci... ci vediamo dopo"
Cercò di fargli un sorriso, ma le uscì una smorfia.
E poi corse via anche lei.***
"Credo di aver fatto un disastro" annunciò Percy.
Grover alzò lo sguardo e per un istante smise di raccogliere le fragole nei campi ai piedi della Collina Mezzosangue.
Il satiro inarcò un sorpacciglio castano.
"E questa sarebbe una novita perchè...?" chiese, con un sorrisino.
"Sono serio!"
Percy si sedette con un tonfo accanto all'amico.
"Forza" Grover si pulì le mani ed estrasse una lattina di Pepsi dal suo zaino e cominciò a smangiucchiarla, segno che il figlio di Poseidone aveva tutta la sua attenzione "racconta"
Percy raccontò dell'arrivo di Nico e di ciò che il figlio di Ade aveva rivelato riguardo la profezia, in particolare il verso di Patroclo e Achille.
Per finire spiegò come Annabeth fosse scappata via.
"La mia vita era molto più facile quando dovevo preoccuparmi solamente di sconfiggere Crono" concluse, sconsolato "per lo meno sapevo con che mostro battermi"
"Annabeth non è un mostro"
"Appunto! Andiamo, amico, sai cosa intendo. Sì, insomma, hai capito"
Il satiro si limitò a guardare il semidio, un sorriso che gli aleggiava in volto tra la barbetta.
Percy fece un sospiro.
"Quello che intendo dire è che io non volevo dire di amarla" spiegò "o almeno, non così presto. Le parole mi sono uscite prima ancora che riuscissi a pensare. Mi sono reso conto troppo tardi di quello che la mia frase implicava"
"E qual è il problema? Io dico spessissimo a Juniper di amarla"
"Ma voi state insieme da un anno ormai! Tra me ed Annabeth è diverso. Ho paura di aver rovinato tutto"
Si passò una mano tra i capelli scuri, rimuginando.
Annabeth era scappata via da lui.
Aveva visto la sua espressione dopo aver detto quella frase.
"Patroclo era colui che Achille amava"
"E quindi questo lo identifica in Annabeth"
Doveva essere un potere, il suo: quello di rovinare ogni cosa toccasse.
Forse non era colpa della sua natura divina se era stato espulso da così tante scuole, forse era davvero Percy stesso che aveva qualcosa di sbagliato.
Grover gli mise una mano sulla spalla, per confortarlo.
I suoi occhi castani erano sinceri e aperti.
"Lo dici perchè è fuggita via? Perchè se è per questo io ho una risposta" disse "Annabeth è spaventata. Per tutta la sua vita ha ricevuto un sacco di promesse da un sacco di gente che poi le ha infrante. È fragile. Si sente vulnerabile. Ma si è esposta, per te. Perché crede in te. E tu non fallirai Percy, capito? Lo so. Abbiamo un legame empatico, sento ciò che provi per lei e so quanto sia forte. A dirla tutta, non credo di aver mai sentito qualcosa di più forte, amico"
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I swear
FanfictionAmbientato dopo "Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo - Lo scontro finale" La vita di un semidio non è mai semplice. Crederesti che dopo aver salvato il mondo dall'invasione dei Titani, il tuo compito sia finito. E invece le Parche hanno sempre una s...