XI. Colei che il tuo cuore ama

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Percy era su un collina.
Vedeva davanti a sè l'oceano estendersi nella sua vastità, e come sempre si sentì a casa, sempre più vicino a suo padre.
Non sapeva come, forse perchè figlio di Poseidone, ma sapeva che quello era l'Oceano Pacifico.
Doveva trovarsi in Califronia, pensò.
Davanti a sè vedeva uno spiazzo: forse era una valle situata tra altre colline.
Se non fosse stato ad un'altezza così elevata non l'avrebbe mai scorta.
Sembrava che al suo interno ci fossero una serie di edifici e dal punto più estremo del fumo scuro si levava fino a che il cielo non lo assorbiva.
Corrugò la fronte, pensando a quanto quella specie di accampamento gli ricordasse il Campo Mezzosangue.
"Perseus" disse una voce.
Percy si voltò di scatto, la mano che andava automaticamente nella tasca dei pantaloni.
Una donna con un mantello di capra sulle spalle esili lo osservava, sorridendo.
Aveva in mano una specie di scettro che terminva con un fiore di loto, uno di quei fiori che il figlio di Poseidone aveva visto una volta su una rivista che sua madre stava leggendo.
"Non mi riconosci?" continuò lei.
Era chiaramente una dea, Percy lo sapeva, ma non riusciva a capire chi fosse.
Sapeva che l'aveva già incontrata, ma non riuciva a ricordare quando.
Come quando incontri qualcuno che conosci ma questo ha un taglio di capelli diverso e uno stile completamente nuovo.
La testa gli pulsava ed era difficile concentrarsi con quel dolore.
La dea rise in modo cristallino.
"Oh non importa" gli disse "presto lo saprai"
"Dove mi trovo?" domandò lui.
Lei sospirò.
"Non posso risponderti" disse "dovrai affrontare molte prove qui, Perseus. Sono qui solo per dirti che ciò che devo fare è necessario, altrimenti non lo farei. È l'unico modo per impedire il suo ritorno"
Percy corrugò la fronte.
"Ma di cosa stai parlando?" chiese "Impedire il ritorno di chi? E cosa devi fare? Cosa c'entro io?"
La donna gli mise una mano sulla spalla.
"È solo un sogno, mio eroe" sussurrò "è il momento di svegliarsi"
Percy aprì gli occhi di scatto.
E una terribile fitta gli colpì la testa, facendogli portare le mani ad essa.
Si mise a sedere, rendendosi conto di essere sdraiato per terra.
Non era più nel posto in cui avevano incontrato Persefone ed era da solo.
Una sensazione di panico lo avvolse.
Dov'erano Annabeth e Nico?
Si rese conto di essere seduto sopra una specie di mosaico.
Si alzò in piedi, per avere la visione generale del disegno.
Esso ritraeva una donna che eseguiva un salto acrobatico tenedosi aggrappata alle corna di un grosso toro.
Aveva già visto quel disegno, forse in un qualche museo di arte durante una gita scolastica.
"Oh ti sei svegliato"
Percy alzò la testa di scatto, puntando i suoi occhi verdi davanti a sè.
Prima nel sogno, ora qui – dovunque fosse quel "qui": era la seconda volta che una donna compariva all'improvviso davanti a lui.
Questa volta la donna in questione non era una dea, ma gli si avvicinava.
Sedeva su un trono più piccolo rispetto a quello che si trovava al centro della stanza, ma aveva lo stesso un'aria imponente.
I lunghi capelli neri erano legati in una crocchia alta che la faceva sembrare più alta e la base del collo era ornata con collane fatte di conchiglie, dello stesso colore della veste azzurra.
Conchiglie, realizzò, come il simbolo di Creta.
"Io sono Pasifae" si presentò la sovrana "regina di Cnosso"
Percy rimase interdetto.
Cosa avrebbe dovuto fare? Inchinarsi? Inginocchiarsi? Esibirsi in un balletto di commiato?
"Ehm... io sono Percy Jackson" si presentò "piacere"
La donna sorrise graziosamente, portandosi una mano a coprirle la piccola bocca e alzando gli occhi al cielo.
"Oh so benissimo chi sei, figlio di Poseidone" disse "sei uno dei tre semidei della profezia su mio marito"
"E non vuoi uccidermi?"
Pasifae si alzò, scendendo le scale e avvicinandosi al ragazzo.
"Perchè dovrei?" replicò "Io e mio marito non abbiamo più legami da migliaia di anni"
Quella situazione era davvero strana, pensò lui.
Inoltre, doveva trovare un modo per tornare da Annabeth e Nico.
"Ho sentito molte storie su di te, Perseus" continuò l'altra, facendosi sempre più vicina "So che hai sconfitto Crono, l'estate scorsa. So che hai rifiutato l'immortalità che Zeus ti ha offerto"
"Le storie non definiscono chi sei" ribattè Percy.
Pasifae sorrise, schioccando la lingua.
"Ah no?" mormorò "Che storie hai udito sul mio conto, giovane eroe?"
Il figlio di Poseidone la fissò interdetto, cercando di ricordare qualcosa sulla regina di Creta.
Aveva dato alla luce il Minotauro, che lui stesso aveva ucciso per ben due volte – forse era meglio non farglielo presente – e poi c'erano voci sul fatto che fosse una maga.
Ricordava qualcosa sul fatto che fosse figlia di Elios .
"Vedo i tuoi pensieri, mio caro" la donna prese ad accarezzargli il braccio lasciato scoperto dalla maglietta a manica corta "sono felice che tu sappia qualcosa sul mio conto"
"Mh... non quanto vorrei"
Doveva trovare un modo per fuggire da quel posto – e da quella pazza.
"Potrei darti qualche lezione sulla mia vita" disse lei "c'è un modo pratico per imparare ciò che non sai su un'altra persona... posso mostartelo"
Pasofae si sporse in avanti, ma Percy fece un passo indietro.
"Sono lusingato – in realtà no, ma va bene – e tutto... e grazie... ma no, grazie!"
Gli occhi di Pasifae divennero di fuoco.
Letteralmente.
"Sono fidanzato!" esclamò infine lui, in panico.
Ripensandoci, forse non era la frase migliore da dire se una maga immortale ti faceva delle avance e tu la rifiutavi.
Pasifae afferrò la mano di Percy, stringendola tra le sue in una presa ferrea.
Non riusciva ad allontanarsi, nemmeno mettendoci tutta la sua forza.
"Lo vedo, figlio di Poseidone" la sua voce era bassa e pericolosa "e vedo anche il futuro che ti attende"
Lui si ricordò dell'incontro con Circe, quando lei gli aveva detto che c'era una speice di velo sul suo futuro.
La maga sorrise.
"Oh io posso vedere benissimo il tuo futuro" continuò "ho molti più poteri di mia sorella"
Il fatto che continuasse a leggergli la mente era irritante.
Il fuoco negli occhi di lei si intensificò, così come la sua stretta.
"Perderai colei che il tuo cuore ama"
Annabeth.
Con uno strattone, Percy si allontanò definitivamente da lei.
Forse era stato pensare ad Annabeth che gli aveva dato la forza necessaria.
"Di cosa sta parlando?" domandò, sguainando Vortice.
Pasifae guardò la lama che le veniva puntata contro.
"Sai che potrei trasformarti in qualsiasi cosa vorrei?" replicò "Un porcellino d'india ad esempio"
"Grazie, ma ci sono già passato" lui le puntò la spada un po' più vicina "di cosa stai parlando?"
"Sei destinato a perdere colei che il tuo cuore ama. Il tuo grande amore. L'amore per il quale mi rifiuti. E accadrà molto presto e tu non potrai farci niente, piccolo mortale"
Percy dovette concentrarsi per mantenere salda la presa su Vortice.
Intanto mille pensieri gli affollavano la testa, vorticando come l'atleta del mosaico del pavimento.
La profezia si riferiva ad Annabeth, non c'erano dubbi.
Ma "perderla" in che senso?
Forse in un senso che lui non avrebbe mai accettato.
Un terribile pensiero cominciò a farsi strada nella sua mente.
E se fosse accaduto qualcosa di terribile una volta tornati al Campo Mezzosangue?
Forse c'entravano gli ultimi versi della profezia di Rachel?
"Sei rimasto senza parole, figlio di Poseidone?" lo stuzzicò Pasfiae "Il tuo piccolo cervello non riesce a concepire l'idea che la tua amata possa non esserci più?"
"Non parlare!" gridò.
Percy fece un brusco movimento con Vortice e la maga fece un verso soffocato.
Guardò il palmo della sua mano, dove un sottile taglio si era creato.
L'icore, il sangue dorato degli dei, stava lentamente sgorgando.
"Come hai osato?"
Alzò di scatto la testa, gli occhi infuocati.
Sporse la mano ferita verso di lui ed improvvisamente Percy fu avvolto dalle tenebre.
Si ritrovò in una foresta, sconvolto e confuso.
Le ultime ore erano state le più strane della sua vita, e da quattro anni sapeva di essere un semidio.
Prima l'incontro con Persefone e il tentativo di ucciderli, poi l'arrivo di Bianca e infine Pasifae.
Dove diavolo era finito adesso?
Se si fosse improvvisamente ritrovato alla riunione organizzativa dell'esercito di non morti e automi di Minosse, non si sarebbe sorpreso.
Per fortuna Vortice faceva luce, essendo fatta di bronzo celeste.
Fece qualche passo avanti, cercando la via d'uscita da quella selva.
All'improvviso vide in lontananza una luce, come se qualcuno avesse acceso un fuoco.
Che fossero Annabeth e Nico che si erano accampati in attesa che tornasse?
Non voleva sperarci, perchè sapeva che la delusione avrebbe solamente fatto doppiamente male.
Strinse più forte l'elsa della spada, proseguendo.
Ma per una volta ebbe fortuna.
"Annabeth?"
Annabeth alzò gli occhi grigi, il volto illuminato dal fuoco che bruciava davanti a lei accanto a Nico che dormiva.
"Percy?" lei si alzò in piedi, incredula "Percy!"
Per la prima volta in vita sua, Percy fece cadere la spada a terra.
La figlia di Atena gli corse incontro, mentre lui apriva le braccia.
La strinse a sè, mentre Annabeth gli allacciava le mani al collo tenendolo ancora più stretto.
"Di Immortales, Percy!" sussurrò lei, con la voce tremante "Mi hai fatto prendere uno spavento!"
Si allontanò di scatto, guardandolo negli occhi.
Aveva gli occhi lucidi, notò lui con una fitta la cuore.
"Sono morta di paura!" esclamò "Quell'eurynomos ti ha toccato e siete spariti all'improvviso! Io e Nico non avevamo idea di che cosa fare! Dove potessimo cercarti! E poi!"
Gli puntò un dito contro.
"Dove diavolo sei finito?"
Percy non resistette più.
Si sporse in avanti e la baciò.
Lei si sciolse subito, passandogli le mani tra i capelli scuri.
Quando si staccarono, lei stava piangendo.
"Non provare mai più a lasciare il mio fianco, d'accordo?" impose, con la voce spezzata.
Percy le carezzò la guancia.
"Promesso"
Annabeth si accasciò tra le sue braccia, posando la testa nell'incavo del suo collo.
"Andrà tutto bene" mormorò "non è vero?"
Perderai colei che il tuo cuore ama.
La strinse di più a sè, rimanendo in silenzio.
Non le avrebbe detto che sarebbe andato tutto bene, perché non poteva saperlo.
Ma di una cosa era sicuro.
Ci sarebbe sempre stato per Annabeth, sarebbe sempre stato al suo fianco, qualsiasi destino le Parche gli avrebbero riservato.

***

Quando Nico si era svegliato, aveva trovato Percy che dormiva accanto a lui.
Il sole era appena sorto all'orizzonte e illuminava il viso addormentato del figlio di Poseidone.
All'inizio, una volta aperti gli occhi e visto chi aveva al fianco, non aveva notato nulla di strano.
Poi aveva realizzato che teoricamente Percy non sarebbe dovuto essere lì, perchè era scomparso nel nulla il giorno prima.
Nico si era sentito terribilmente in colpa.
Era colpa sua se si era fatto condizionare da Bianca, se era stato vulnerabile e aveva abbassato le difese.
Se lui avesse reagito subito, se si fosse subito reso conto di ciò che aveva davanti, Percy non si sarebbe avvicinato a lui per riportarlo alla realtà e poi non sarebbe stato attaccato dall'eurynomos.
Ma ora lui era lì.
"Percy?" esclamò Nico, per essere sicuro di non star sognando.
"Shhh" lo rimproverò Annabeth "lascialo dormire, quando qualche ora fa è tornato sembrava sconvolto. Non so cosa sia successo"
Nico si voltò verso la ragazza.
Non l'aveva notata prima, rannicchiata su un tronco accanto al fuoco intenta a studiare un libro di architettura.
"Dove credi sia stato?" domandò, a bassa voce.
Annabeth lanciò uno sguardo al corpo di Percy e i suoi occhi grigi si addolcirono.
"Non lo so" mormorò "ma penso che la nostra impresa sia finita. Dovremmo chiamare il campo con un messaggio-Iride e dire che torneremo. Stasera è l'equinozio d'autunno, giorno in cui Minosse attaccherà il campo. Dobbiamo tornare"
Nico annuì.
In qualche modo, quella sera si sarebbe deciso il destino del Campo Mezzosangue, e forse anche di tutti loro.
Dopo aver creato un arcobaleno, Annabeth lanciò una dracma al suo interno ed evocò Iride.
"Oh dea dell'arcobaleno" disse "mostrami Malcolm Pace al Campo Mezzosangue"
L'immagine di un ragazzo biondo comparve immediatamente.
Ma il fratello di Annabeth non era solo.
Si trovavano nella sala ricreativa, dove tenevano anche le riunioni amministrative sul tavolo da ping-pong, lui, Will Solace e Clarisse la Rue.
"Dobbiamo aspettarli" ribattè Malcolm.
Clarisse sbattè una mano sul tavolo.
"Ti rendi conto che Minosse attaccherà questa sera?" ribattè "Non c'è tempo, Pace!"
"Percy è il miglior combattente che abbiamo, non lo puoi negare, Clarisse. E ci serve Annabeth come stratega"
"Ma se loro due non tornano in tempo per attuare una strategia..."
"Ora basta, voi due" la voce calma di Will si alzò "se non foste così impegnati a litigare vi rendereste conto che Annabeth e Nico ci stanno ascoltando"
Con un cenno del capo biondo indicò il punto dal quale i due semidei stavano osservando gli altri.
"Perciò le vostre domande potrete porle direttamente a loro" concluse.
Malcolm e Clarisse alzarono lo sguardo, l'uno arrossendo e l'altra sbuffando.
"Era ora vi faceste vivi!" sbottò lei.
"Siamo stati impegnati, Clarisse" replicò Annabeth, stancamente "che sta succedendo?"
"Abbiamo mandato alcuni pegasi a controllare la zona nella quale Percy aveva detto che ci fosse il campo base di Minosse" spiegò Malcolm "stavano preparando gli automi e i non morti alla battaglia. Sono tantissimi, Annabeth"
"Ma siamo tanti anche noi, Malcolm" intervenne Will "possiamo farcela"
"E avrete tre persone in più" aggiunse la figlia di Atena "torniamo immediatamente"
"E come, se si può sapere?" indagò Clarisse.
Nico si fece avanti.
"Viaggeremo nell'ombra da Salem" spiegò "qualche problema?"
La figlia di Ares rimase in silenzio.
Nico sospettava di averle sempre fatto un po' di paura, o per lo meno di averla sempre messa in soggezione.
"Io sì" sbottò Will "viaggi nell'ombra? Hai idea di quanto siano pericolosi? Di quanta energia richiedano?"
Lo guardò dritto negli occhi e il figlio di Ade vide quanto quelli azzurri del figlio di Apollo fossero determinati e sicuri di quello che stava dicendo.
"L'ho sempre fatto" ribattè Nico "sono abbastanza forte"
"Forse per fare il viaggio in sè sì, ma per combattere una volta arrivato qui? Non ci sarai di alcuna utilità in battaglia"
"Ma come ti permetti..."
La frase di Nico fu interrotta dalla voce di Iride che chiedeva un'altra dracma per continuare la conversazione.
Il contatto finì.
Nico era rosso di rabbia.
Perchè quel Will Solace aveva dubitato delle sue capacità?
Conosceva lui stesso i suoi limiti, non c'era bisogno che qualcuno glieli ricordasse.
Era forte abbastanza per combattere anche dopo un viaggio ombra.
Anche se...
"Dobbiamo partire subito" decretò.
Non lo voleva dire ad Annabeth, ma forse sotto sotto sospettava che Will non ci avesse poi così visto male.
Un po' di riposo dopo il viaggio nell'ombra non gli avrebbe fatto male.
E avrebbe di sicuro aiutato l'altra, che aveva fatto due turni di guardia per lasciar dormire i ragazzi.
La figlia di Atena lo guardò, annuendo.
Dopo che anche Percy si fu svegliato, raccolsero le loro cose e si presero per mano.
Ncio, per la prima volta, si lasciò completamente avvolgere dall'influenza che il labirinto aveva su di lui.
Sapeva che lo avrebbe portato al Campo Mezzosangue, alla meta di Minosse.
Chiuse gli occhi, unendosi alle ombre.

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