Edith
"È successo qualcosa? Ti sento strana."
La squillante voce di Ophelija mi porta ad allontanare il cellulare dall'orecchio."Te l'ho già detto, va tutto una meraviglia."
Ironico come mentre io le dica di stare tranquilla, il sangue sul pavimento faccia i capricci per venire via."Ci risentiamo più tardi okay? Ora sono un po' indaffarata, ho sporcato tutta la cucina provando a fare una ricetta online" ridacchio appigliandomi alla prima scusa che mi passa per la testa.
"Sei sempre la solita" -farfuglia Ophelija ridendo- "non dimenticarti di scrivermi, ciao Edith."
Appena attacca la chiamata tiro un sospiro, forse di sollievo, lanciando il telefono sul divano.
Mi ha tenuta più di un'ora al cellulare, quella ragazza ha una parlantina incredibile.Mentre caccio tutti gli asciugamani sporchi in lavatrice, compresa la coperta, la mia mente non vuole abbandonare il ricordo di quello che è successo poco fa, ho ancora un vago tremolio alle mani.
Sono sicura di quello che sto facendo, non mi importa se è Alexander, l'affascinante sconosciuto tanto bello quanto arrogante.
Chiudo qualche secondo gli occhi appoggiandomi al lavandino accanto alla lavatrice, e mi passo una mano sul viso. Inevitabilmente nella mia testa ricomprare il terribile scenario di quando a sette anni un borseggiatore decise di porre fine alla vita di mia zia, sparandole al ventre e lasciandola morire sul sudicio pavimento di una metropolitana.
Otto e tre quarti di un giovedì sera.
Riapro gli occhi mettendo da parte quella scena, tutt'ora impressa come vernice fresca nella mia testa, e decido di andare a vedere le condizioni del ragazzo.
Apro la porta senza prendermi il permesso di bussare, e con mia sorpresa lo trovo più che sveglio.
Non so bene cosa dire, sono piuttosto imbarazzata, avrei dovuto preparare una sorta di discorso nella mia testa immaginando questo momento."Che ore sono?"
Rimango di stucco di fronte alle sue parole. Davvero gli ho appena salvato la vita e l'unica che questo bifolco sa dire è 'che ore sono'?
Sono pronta a rispondergli con il piede di guerra, quando mi cade l'occhio sulla sua medicazione ormai piena di sangue.
"Devo cambiarti le bende, rimani qui" borbotto, lasciando la stanza.
Alexander
Ho un'espressione piuttosto irritata quando la rossa esce dalla camera, ignorando la mia domanda.
Riesco ad appoggiarmi con il busto alla testiera del letto, e quando finalmente la ragazza rientra, seguo ogni suo minimo passo con lo sguardo.Appoggia un flacone verde sul comodino, insieme ad un panno sgualcito e delle fasce bianche.
"Non so bene cosa ti sia successo" -prende parola per prima, rompendo il silenzio, mentre lentamente si sporge sul punto da medicare iniziando a togliere le vecchie bende- "ti ho trovato questa mattina sul portico di casa, avevi un proiettile nella spalla ma fortunatamente non era troppo in profondità."
Mentre parla la noto prendere in mano il flacone verde e lasciar fuoriuscire un po' del liquido, che dall'odore intenso riconosco subito essere disinfettante, con la quale va a bagnare una punta dello straccio.
Quando successivamente si avvicina per tamponare la mia ferita, mi ritraggo appena.Alza un sopracciglio contrariata.
"Devo pulirla e disinfettarla, sarà fastidioso ma va fatto se vuoi guarire."
Il suo ordine arriva dritto sulle mie orecchie. Mi sta davvero parlando in questo modo?Esito qualche secondo prima di lasciarla fare, e non perché io non mi fidi, ma sono stizzito da questo tono, nessuna femmina si era mai rivolta a me in questo modo.
Lascio andare una smorfia di fastidio quando lo straccio imbevuto di disinfettante viene a contatto con la mia carne."Ho cercato di fare del mio meglio per estrarlo. Adesso potresti spiegarmi perché eri senza vestiti e con una pallottola nella spalla?"
Il suo tono si ammorbidisce, prende le bende pulite e inizia a fasciarmi la spalla come aveva fatto precedentemente."Non sto simpatico a delle persone."
La mia risposta davvero poco credibile le fa alzare il capo dal lavoro che sta facendo con cura.
"Potresti evitare queste domande?""Direi che merito delle risposte dopo averti salvato la vita, mi sembra il minimo."
Edith raccoglie le bende sporche, richiude il disinfettante e recupera lo straccio. Si alza allontanandosi senza dire nulla, ma una volta arrivata sulla soglia della porta si gira a guardarmi."Sono quasi le undici e mezza."
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Werewolf Syndrome.
WerewolfDopo aver scoperto il tradimento dell'ex fidanzato, la ventiduenne Edith accoglie la proposta dei suoi nonni di trasferirsi qualche mese da loro in Svezia, nella piccola cittadina di Bradford che conta meno di centocinquanta abitanti. Per quanto des...