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Passarono i mesi, ormai eravamo arrivati a fine giugno, il caldo afoso dell' estate si faceva sentire presagendo una stagione fatta di sudore e disperata ricerca di un condizionatore.
Le vacanze estive erano iniziate da un po', chi poteva andava al mare o in piscina, insomma tutto dava l'idea che ci fosse tranquillità nell'aria, se non fosse che nulla era ok. Ero finalmente sana, durante la convalescenza mi ero allenata (anche se in modo leggero) per evitare di essere "fuori forma" una volta che mi sarei rimessa in carreggiata; ed ecco che io e Jeff eravamo ritornati i soliti "partners in crime", creando scompiglio nelle notti cittadine, tra un omicidio e un'altro. Si iniziava a parlare di me, della mia firma: ora non c'era solo The Killer, accanto a lui lo fiancheggiava Little Killer, nome assegnatomi dopo le analisi delle ferite che infliggevo- nette e precise, a volte così precise che bastavano piccoli tagli.
Dopo tutto il casino con Eyeless Jack e quell'uomo associato al nome di Slenderman, non feci più incubi su altri killer, placando almeno di poco il mio sonno. Era metà maggio quando Jeff venne a bussare alla porta di camera mia e mi disse "Dobbiamo andarcene da qui"; io rimasi a fissarlo esterrefatta, e gli chiesi che cosa volesse dire, lui mi spiegò che cambiando abitazione forse sarebbero cessati i contatti tra me e gli altri maniaci. Ci trasferimmo in una casa abbandonata, dall'altro lato del bosco, in un piccolo paesino al confine con la città, che non era poi così distante a piedi.
Lì non si era diffusa la notizia della mia scomparsa, per una volta tanto potevo andare in qualche negozietto qua e là e prendere dei vestiti e del cibo in più rispetto a quello che riuscivamo a permetterci rubando di notte, senza paura che potessero riconoscere il mio volto.
Ovviamente, chi usciva allo scoperto ero solo io, le cicatrici di Jeff davano troppo nell'occhio. Nel frattempo, cresceva il contrasto tra la tranquillità in quella casetta, dove io imparavo pian piano a cucinare diverse ricette e a modificare l'arredamento, e la frenesia notturna degli omicidi negli appartamenti cittadini. Jeff era il solito, ma col tempo aveva imparato a mascherare la sua ordinaria follia e nei piccoli momenti di riposo dimostrava l'età che aveva.

Mi alzai dal letto, i miei capelli l/c erano completamente spettinati -che novità- e tentai di sistemarli con le dita mentre scendevo le scale ancora assonnata; la notte prima l'avevamo trascorsa tutto il tempo fuori casa, saltando tra un tetto e l'altro dopo il misfatto, tornando soltanto alle 5 del mattino, con un bottino di soldi niente male.
-'Giorno.- Mi disse Jeff, con in mano una tazza fumante di caffè.
-'Giorno.- Risposi sbadigliando.
Indossavo soltanto un'enorme t-shirt oversize, che mi copriva abbastanza, del mio colore preferito, i pigiami erano un optional per me. Jeff indossava invece una canottiera bianca e dei pantaloni grigi del pigiama, ed era scalzo. L'atmosfera che si creava la mattina sembrava quella di una normale famigliola estranea al trambusto urbano, che sorseggiava bevande a colazione e ascoltava il Tg. Quasi ogni giorno si sentivano notizie di omicidi o tentati omicidi, insomma non sempre riuscivamo nell'intento, molto spesso ci capitava solo di ferire gravemente le persone.
-Oggi esco ad allenarmi un po', mi annoio a stare in casa senza fare niente.
-Mh ok, va bene. Io penso invece a sistemare le armi dalla più grande alla più piccola.
-Programma interessante mi dicono.- Risposi in tono sarcastico.
-Perchè invece il tuo è strabiliante.- Ribatté Jeff. Ormai era normalità scambiarci battutine di questo genere, come ho detto prima sembravamo all'apparenza fratello e sorella.
Afferrai un frutto dalla cesta e iniziai a sbucciarlo per fare colazione, qualcosa di leggero perché era già tardi, ma io sentivo un cratere nel mio stomaco; nel frattempo Jeff aveva finito il suo caffè e salì a cambiarsi, lasciandomi in cucina da sola con i miei pensieri. Quando finii di mangiare anch'io, uscii di casa ed andai sul retro, dove circondata dalla natura mi allenavo con sacchi da boxe e bersagli legati agli alberi; dopo poco mi ero già stancata di lanciare coltelli, provai con pugni e calci, ma anche lì la noia sopraggiunse. Mi resi conto che quel lato del bosco non lo avevo ancora visitato, nonostante il bel tempo di quei giorni; rientrai in casa, il tempo di afferrare lo spago da cucina, e ritornai lì. Legai con un nodo degno degli scout la cordicina ad un albero, successivamente mi inoltrai nella frescura della vegetazione. C'era un silenzio rilassante, rotto solo da qualche cinguettio, la luce diurna filtrava tra i rami e si sentiva l'odore del muschio. Avanzando iniziai a sentire sempre più rumori, che si trasformarono in vociari; mi nascosi dietro un albero e spiai: davanti a me si presentava un laghetto, dove due famiglie di amici si rilassavano e si godevano il riposo. Dei bambini schiamazzavano, buttandosi in acqua con tanto di braccioli e giocattoli, mentre i loro genitori chiacchieravano a riva seduti sulle sdraio. "È fantastico", pensai, "un giorno ci vorrei andare anche io!"
Proprio in quel momento mi saltarono alla mente diversi ricordi di me e la mia famiglia, quando ancora ero piccola e andava tutto bene. Ricordavo che d'estate andavamo al mare, ed io non volevo mai mettermi la crema, finendo per bruciarmi il nasino. Mi ricordai che papà si divertiva a far volare l'aquilone, e mamma felice ci scattava le foto che poi portavamo a sviluppare. Ero felice, ridevo come una normale bambina. Che cos'era andato storto? Perché poi è dovuto andare storto? Perché papà si è dato all'alcolismo, rendendo mamma depressa? L'ha tradita, ci ha tradite, ed ecco dove ci ha portati.
A quei pensieri mi salirono, dopo tantissimo tempo, le lacrime agli occhi e decisi di tornare indietro. Poteva bastare, ormai dovevo guardare avanti, ad una vita che io stessa avevo deciso...

-Stai dimagrendo sempre di più, lo sai?- Disse Jeff. Eravamo entrambi seduti a tavola, mangiando un pranzo leggero che avevo cucinato una volta arrivata a casa, o almeno io provavo a mangiarlo. Il senso di appetito era calato, colpa dello stress e del caldo, ed ogni boccone mi dava la sensazione di un palloncino gonfio nello stomaco.
-Non ho fame, non ci posso fare nulla.- Risposi continuando a girare e rigirare il contenuto del piatto. Jeff non distolse lo sguardo da me, sembrava indeciso su cosa dire.
-Come vuoi, (T/n), ma non venirti a lamentare quando sarai debole e non riuscirai neanche a mettere piede fuori dal letto.
-Come se noi dormissimo, poi...- Sussurrai, parlando più a me stessa che a lui.
-Cambiando discorso, stanotte rimaniamo a casa. Abbiamo abbastanza viveri per qualche giorno e dobbiamo ricaricarci per le prossime uscite, magari potremmo fare qualcosa di produttivo, o se proprio non ti va...- Cacciò dalla sua tasca una tesserina.- La nostra ultima vittima aveva appena rinnovato Netflix.
-Ok se tu nomini Netflix, io sono già dentro!- Mi fece mezzo sorridire.
E fu così che dopo le faccende domestiche di routine, un po' di attività fisica pomeridiana e una cena ancora più leggera del pranzo, ci lasciammo andare sul piccolo divano. Sembrava un'atmosfera normale, io e lui seduti uno accanto all'altra, bevendo tè ghiacciato davanti la tv accesa, per un po' riuscii a non pensare troppo, e mi addormentai.

Little Killer - Jeff The Killer X Reader (Creepy X Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora