62. Confessioni in aria.

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"Mi hai lasciata senza parole, Cal" Affermai, rompendo il silenzio.
"La tua voce, il modo in cui suonavi la chitarra...come hai imparato?"
Alzò lo spigolo della bocca, continuando a fissare la strada davanti a sé.
"Mia madre un tempo insegnava musica" rispose.
"Quando ero piccolo mi ha dato qualche dritta" sorrisi. C'era qualcosa che non sapesse fare?

"Sapevi anche che amavo quella canzone?" Voltò per un attimo la testa verso di me.
"Le parole sembravano esserti state cucite addosso" intrecciai la mia mano con la sua, poggiata sulla mia coscia. Quel calore, mi scaldava anche l'anima.

Dopo una decina di minuti, rallentò lungo una piccola strada nel verde della periferia di Chicago.
"Siamo arrivati"
Scendemmo dall'auto e rimasi ancora una volta stupita.
"È una casa sull'albero!"
Annuì, facendomi strada fino alle scalette in legno della piccola casa sospesa.

"Da piccola in un film ne vidi una e mi venne una voglia matta di averla anch'io. Così andai in giardino per cercare di arrampicarmi su un albero" raccontai emozionata, salendo i piccoli gradini.
"Mia madre dovette fermarmi per evitare che mi rompessi una gamba" sorrisi al suo ricordo.
"Ci ho azzeccato allora" dedusse, ridacchiando.

"Già" aprì la porticina, lasciandomi entrare. Era tutto così accogliente. E rigorosamente in legno. Delle candele illuminavano la stanza costituita da una piccola zona relax, con un pouf e qualche cuscino su un tappeto bianco, un letto, un angolo cottura e in fondo un bagno non molto grande.

"È bellissimo" Esclamai gettandomi sul pouf. "Mai quanto me" Strizzò un occhio.
"Era troppo tempo che il tuo ego smisurato non si faceva sentire"
Replicai.
"Zitta, nanetta" gli lanciai addosso un cuscino, ma lui fece in tempo ad afferrarlo. Sorrise beffardo.

"Cosa credevi di fare eh?" si avvicinò pericolosamente.
"Ehm niente" sorrisi falsamente.
"Ah no?" portò il suo viso a pochi centimetri dal mio, inumidendosi il labbro in modo sensuale e ammiccante, troppo per i miei ormoni impazziti.
Aspettai il momento giusto, poi gli colpii il volto con un altro cuscino che avevo recuperato dal tappeto. Scoppiai a ridere.

"Brutta nana malefica!" Prese a inseguirmi per tutta la stanza.
Inutile dire che il mio tentativo di fuga non durò a lungo.
Mi afferrò dai fianchi facendo scontrare la mia schiena contro il suo petto. Stringeva così forte da farmi mancare il respiro.

"Ormai non puoi più sfuggirmi, piccola" Sentenziò con voce roca.
"Non avrei molti posti dove andare, senza macchina e con un senso di orientamento pari a zero" risposi tranquillamente.
"Non mi riferivo a questo piccolo inseguimento" mi girò tra sue le braccia possenti, in modo da potermi guardare dritto negli occhi.

"D'ora in poi non potrò più tornare indietro, con te" sussurrò, fissandomi intensamente.
"Non sono mai scappata, Cal, neanche quando tutti mi dicevano di farlo. E non ho intenzione di farlo adesso, non ne sarei in grado" lo rassicurai.

"A volte mi chiedo cosa abbia fatto per meritarti" mormorò. Il fatto che continuasse a pensare di non essere abbastanza per me mi spezzava il cuore.
"Anche senza rendertene conto, riesci a rendermi felice più di chiunque altro" Affermai decisa.
"Quel male che credi di possedere...io non l'ho mai visto" aggiunsi, stringendo le sue mani con forza.

"Mi credi se ti dico che sei una bellissima persona?" abbassò lo sguardo. Immaginavo quanto potesse essere difficile per uno come lui mostrarsi in qualche modo fragile davanti ai miei occhi. Non aveva ancora capito che io avrei fatto di tutto per prendermi cura delle sue debolezze nascoste.

"Melanie me lo chiedeva sempre" disse d'un tratto, spiazzandomi. Quel nome doveva appartenere a sua sorella.
"Sai le assomigli molto" rivelò , andando a sedersi sul letto al centro della stanza.
Mi misi al suo fianco, in attesa che continuasse.

"Lei era semplice, ingenua, genuina" accennai un sorriso timido, emozionata come non mai.
"Diceva che ero il suo eroe, solo perché la proteggevo da qualche moccioso" alle sue labbra scappò una risata amara.
"Non sapeva che sarei stato io a farle fermare il cuore" ebbi un sussulto.

"Cal, solo se te la senti" gli dissi, posando delicatamente una mano sul suo braccio. Annuì, voltandosi nella mia direzione. Potevo quasi percepire il complesso meccanismo del suo cervello tentare ininterrottamente di non esplodere.
"Un giorno, al ritorno da scuola, un gruppo della banda rivale prese ad inseguirci, a seguito di una rapina che era stata effettuata dai nostri, me compreso, nella loro zona solo poche ore prima. Nell'auto che guidavo, c'erano alcuni dei loro pacchi di droga" i suoi occhi non si distolsero per un attimo dai miei, come fossero stato un appiglio a cui aggrapparsi per non arrendersi al dolore.

"Ero ancora un ragazzino stupido, non avevo preso alcuna precauzione, così cercai di scamparla facendo il possibile per seminare le due auto alle mie spalle. Ma quando, giunti fuori città, iniziarono a sparare contro di noi, non riuscii ad evitare che l'auto finisse fuori strada e si cappottasse violentemente sul terreno" prese un respiro profondo.
Era la prima volta che vedevo il suo sguardo luccicare.

"Sono stato accusato di spaccio di sostanze stupefacenti ma la verità era che non me ne importava un bel cazzo" un paio di lacrime sfuggirono alle mie palpebre.
"Mia sorella era morta, e morto mi sentivo" deglutii.
La sua sofferenza era così intensa che mi attraversava per intera come se mi appartenesse.

"Non era stato un imprevisto, volevano solo farla pagare a mio padre, con il sangue" non avevo idea di cosa dire.
Non davanti a qualcosa di così straziante. Gli cinsi il collo con le braccia e lo abbracciai con tutta me stessa, sperando che da quella stretta potesse trapelare tutto il mio amore, tutta la mia comprensione.

Ne rimase sorpreso, lo capii dal suo iniziale irridigimento, ma poco dopo sembrò lasciarsi andare a quella presa discreta.
"Ora capisci perché non volevo che tu entrassi a far parte della mia vita?"
D'un tratto tutto mi divenne più chiaro. "Va tutto bene, Cal" sussurrai contro il suo petto.

"Non hai nessuna colpa. Ho deciso di starti accanto, nonostante i rischi.
Che tu lo voglia o no, ne ho bisogno come dell'aria che respiro" ammisi sinceramente. Era la verità.
Quello che sentivo nel petto era così inimmaginabilmente forte che avrei rinunciato ad una vita, piuttosto che rinunciare a lui.

In un certo senso, gli stavo confessando una piccola parte di ciò che provavo per lui, ma poco mi importava. I nostri cuori si stavano lentamente aprendo, l'uno all'altro.

"Sei così..." decise di non continuare.
Mi afferrò il viso e mi baciò fino a consumarmi le labbra.

La tempesta che mi ha travolto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora