Caleb's pov.
Cinque ore, forse sei. Incredibile quanto poco tempo basti a stravolgerti l'esistenza.
La notte prima ero sul punto di rimettere insieme i pezzi distrutti di me; la mattina dopo, un uragano scaraventava il puzzle malridotto in angoli remoti dell'animo.Quando da bambino, mi abbandonavo al pianto, l'unica cosa che mio padre diceva era: "Non si può sempre essere felici"
Forse aveva ragione, ma la verità era che la felicità non l'avevo ancora vissuta davvero.La mia infanzia era stata caratterizzata da urla, litigi, ai quali si alternavano sporadici momenti sereni passati in famiglia. Quella sera, invece, mentre entravo dentro di lei, lo avevo capito, cosa voleva dire essere felici.
Essere guardati, come se non ci fosse nient'altro di meglio al mondo, essere toccati come se la propria vita dipendesse da ciò, vedere i problemi annientarsi ad uno sfiorarsi di labbra, sapere di possedere qualcuno che si prende cura di te, e si preoccupa della tua vita più di quanto potresti tu.
Questo per me era essere felice.
E lo avevo provato per la prima volta, mentre nel buio della notte, sotto le lenzuola la stringevo così forte da toglierle il respiro e mi pentivo di aver aspettato così tanto.Alle otto e trenta del mattino, però, la mia felicità si era sgretolata, come un castello di sabbia risucchiato dalle onde del mare.
L'uomo per cui mia sorella era morta, aveva un nome.
Il figlio di puttana,che mi aveva strappato via una parte di cuore, aveva un nome e un volto. Un paio di occhi che mai avrei scordato, perché dannatamente uguali a quelli che ancora assonnati, si spalancavano increduli dal letto, mentre scagliavo il cellulare contro la parete.Andai in tilt. Battito accelerato, respiro affannato. Rabbia, dolore, paura.
Un mix esplosivo.
Ciò che provavo mi terrorizzava ed impediva al mio cervello di ragionare.Non sapevo se preoccuparmi di più del fatto che la mia ragazza, la più innocente che conoscessi, fosse nelle mani di un criminale come quello, o di ciò che avrebbe fatto mio padre una volta scoperta la sua esistenza.
L'avrebbe uccisa, non c'era da dubitarne.
Quel pensiero mi fece attorcigliare le viscere. Mi fece morire dentro.
L'avevo fatta mia, era diventata mia. Avevo capito cosa significasse possedere un'anima pura come la sua, e non avevo intenzione di rinunciare alla sensazione più bella che avessi mai provato, per una vendetta del cazzo.Nessuno aveva il diritto di farle del male, nessuno aveva il potere di storcerle anche un solo capello.
Non l'avrei permesso, mai.
Era una promessa.Avrei ammazzato per lei, avrei dato la vita per salvarla dal male, e se questo significava dire che ne ero innamorato, allora sì cazzo, ero fottutamente innamorato di lei, di Kylie Bennet e se necessario, lo avrei urlato al mondo intero.
***
Il viaggio di ritorno a Chicago fu a dir poco silenzioso.
Mi ero fermato a comprare un paio di ciambelle per la colazione ed eravamo subito partiti.
La verità era che non avevo la più pallida idea di cosa dirle, o di cosa fare.
Il suo sguardo ammonitorio poi, certo non aiutava.Sapevo che era delusa dal mio atteggiamento, sapevo che il pensiero che dopo quella notte così intensa ero tornato ad ignorarla la faceva stare male.
Ma sapevo anche in una situazione come quella ogni mossa era cruciale, ed un passo falso avrebbe potuto mettere a repentaglio la sua sicurezza.
Dovevo confrontarmi con Bret e Jacob, avevo assolutamente bisogno del loro aiuto.Ogni ora che passava, aumentavano le probabilità che mio padre e il suo team scoprissero l'identità della figlia di quel verme, e ciò non faceva altro che aumentare il nervosismo che sembrava prendere il sopravvento sul mio corpo e sulla mia mente.
"Dannazione, Cal" la sua voce delicata e al tempo stesso dura mi destò dai miei pensieri.
"Dimmi cosa sta succedendo!" Si impuntò, incrociando le braccia al petto.
"Non devi preoccuparti, ok?"
L'indice della mia mano picchiettava freneticamente il volante, in contrasto con l'apparente calma della mia voce."Ok? Ok un cazzo!"
Strabuzzai gli occhi. Per poco non inchiodai l'auto in mezzo alla strada.
Merda, se Kylie Bennet aveva pronunciato anche una sola parolaccia significava che doveva essere molto incazzata."Da quando sei così scurrile?" mi lasciai scappare un risolino dalla bocca, ma ben presto l'ironia della cosa venne spazzata via dall'occhiata torva che la vidi lanciarmi.
"Pensavo che avessimo superato la fase in cui tu ti chiudi completamente, lasciandomi fuori da ogni cosa che succede nella tua vita" affermò, scuotendo la testa con disappunto.
"Non dire cazzate, Ky" dissi, passandomi una mano tra i capelli folti.
"È qualcosa di più grande di te, e coinvolgerti ti farebbe soltanto del male" sbuffò una risata amara."Sono stanca di essere trattata
come una bambina stupida! Perché credi che io non possa essere in grado di ascoltare i tuoi problemi o di aiutarti?""Davvero? Vuoi aiutarmi? Dimmi allora. Sai come si gestiscono i conflitti tra bande rivali? Sai come organizzare una rapina o dei turni di spaccio? Sai come pararti il culo quando qualcuno ti vuole morto? Kylie, porca puttana, sai come si ficca un cazzo di proiettile nella testa di un uomo che vuole ucciderti?" Silenzio.
La osservai di sottecchi mordersi l'interno guancia, fissando la strada dritta davanti a sé.
"Sono anche questo, ok? Sono lo stesso criminale di prima e lo sai bene! Il fatto che stiamo insieme non cambierà le cose"
Forse ero stato troppo crudo, in fondo lei non aveva alcuna colpa, ma quella era la verità e doveva accettarla.
Ero pur sempre io, e nel momento in cui mi aveva scelto, aveva messo in conto, o almeno speravo, anche il fatto che io non sarei mai stato il principe azzurro che sognava da bambina."Forse hai ragione..." sussurrò, abbassando lo sguardo.
Sapeva come farmi sentire una vera merda.Arrivammo davanti casa sua.
Inutile dire che fui tentato di deviare il percorso e portarla dritta a casa mia, lontana dalle mani di quell'uomo che non era poi così diverso da me, ma mi rendevo conto che quella non poteva essere un'opzione e dovetti arrendermi all'idea che sarebbe restata lì fin quando non avrei trovato una soluzione migliore.Si voltò pensierosa a guardarmi prima di aprire lo sportello e sgusciare fuori dalla macchina. Non così in fretta.
"Ky" Il suo volto scattò verso di me, mentre la raggiungevo di corsa.I suoi capelli ondeggiavano in aria, mossi dal vento, per poi accarezzarle le spalle, sopra il cappotto. Gli occhi, invece, vagavano lucidi e confusi sul mio viso in cerca di risposte.
Era pura e limpida come le acque di un'isola tropicale e ciò mi faceva perdere la testa.Le afferrai il viso a coppa tra le mani, e affondai le labbra sulle sue.
La baciai, non potendone fare a meno.
La baciai, perché volevo che di quella giornata ricordasse il sapore della mia bocca e non quello amaro del silenzio che io stesso avevo provocato.
La baciai, perché era quello di cui avevo bisogno, l'unico modo per non annegare negli inferi, l'unica mia fonte di salvezza.
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La tempesta che mi ha travolto.
Romance[COMPLETA] Kylie Bennet, una ragazza dolce e solare, semplice e pura come poche. Dopo la morte della madre, stravolta da un dolore eterno, sarà costretta a trasferirsi a Chicago dal suo ricco ma gelido padre. Accanto ad un uomo che l'ha abbandonata...