L'odore putrido di pesce morto risvegliò tutti i sensi di Alejandro, facendolo destare completamente.
Lo scatto con cui si alzò, gli procurò delle forti fitte alla testa, tanto da farlo risedere nuovamente sul gelido pavimento.
I suoi occhi color smeraldo vagarono in cerca di indizi sul posto in cui si trovava.
Il suo ultimo ricordo raffigurava lui e suo fratello litigare per l'ennesima volta e lo sbattere violento della porta della sua camera, dove aveva deciso di rinchiudersi per l'eternità, pur di non rivedere il volto di quella serpe.
Quella sera qualcuno aveva cercato di rapirlo e, a giudicare da come era conciato, ci era anche riuscito.
Il suono di tacchi che scendevano le scale lo scosse dai suoi pensieri e assottigliò gli occhi non appena una figura femminile gli si parò davanti.
«A quanto pare il nostro bello addormentato si è svegliato...»
La voce era tagliente, sarcastica e marcata con una certa cattiveria, quasi disgusto.
«Chi sei? Cosa ci faccio qui?» riuscì a biascicare con le poche energie che gli erano rimaste.
Sentì l'eco di una risata nella penombra e di nuovo il suono dei tacchi farsi sempre più vicino a lui.
Avrebbe tanto voluto strangolarla, ma solo in quel momento si accorse dell'impossibilità di quell'azione: era legato sia alle mani che ai piedi e questo lo fece irritare ancora di più.
L'impotenza era una delle cose che più odiava.
«Tempo al tempo, mio caro.»
«Detesto aspettare.»
Un'altra risata risuonò nelle sue orecchie, seguita dall'arrivo di una terza persona.
«Portatelo da me tra dieci minuti» si rivolse al nuovo interlocutore, per poi riacquistare l'attenzione su di lui e avvicinarsi pericolosamente al suo viso: «Il signorino non ha capito chi comanda qui...» gli sussurrò glaciale, prima di spintonarlo del tutto a terra e lasciarlo da solo.~•~•~
Era su una dannata nave, constatò dopo aver attraversato l'intera scialuppa tra uno spintone e l'altro da quelli che avevano tutta l'aria di essere pirati.
Più di una smorfia comparve sul suo volto, nauseato dalla puzza e dal loro aspetto.
Sembravano costantemente ubriachi e completamente folli.
E, visto da chi erano comandati, forse un po' lo erano.
Fu sollevato nel non sentire alcun tanfo in quello che pareva lo studio del capitano. Era ordinato, addirittura profumato con un'essenza alla vaniglia, curato e pieno di specchi.
Il pirata che lo aveva condotto fino a lì, si congedò, inchinandosi alla figura femminile seduta alla scrivania.
Fu la volta di Alejandro di tirar fuori una risata.
«Cielo! Una femmina come capo e riceve pure gli inchini...! In che mondo siamo finiti!» scosse la testa, divertito.
«Sicuramente non nel tuo» il capitano alzò la testa, rivelando i suoi occhi a mandorla color pece e la sua carnagione pallida che metteva in evidenza le sue labbra rosee, né troppo carnose né troppo sottili.
Il giovane ne fu tremendamente affascinato, tanto da non riuscir più ad emettere un fiato.
«Qui sei sull'Isola Che Non C'è e qui resterai per sempre.»
Alejandro sbarrò gli occhi mentre quella frase gli tormentava la mente più e più volte.
«No. Io non resto qua, in un posto puzzolente, con gente malsana e una vanitosa come te!»
Fu a quel punto che la vide sfoderare la spada contro il suo mento, facendogli fare un balzo.
«Io sono la nipote di Capitan Uncino, a lui interessava rapire bambini, era un povero illuso che veniva continuamente sconfitto da un ragazzino.»
«Nel caso non te ne fossi accorta, sono un po' cresciuto per essere un bambino» inveì contro di lei.
«Su questo avrei da ridire visto come ti comporti. Tuttavia, io ti ho esposto il piano di lui, non il mio.»
«E, di grazia, posso sapere quale sarebbe?»
Era davvero stressante dover aspettare per ricevere risposte, Alejandro era abituato ad avere qualsiasi cosa subito: tutto il mondo femminile era ai suoi piedi e i suoi genitori, dei diplomatici, erano così ricchi da non avergli fatto mancare mai nulla, né a lui né ai suoi due fratelli.
«Voglio reclutare giovani uomini sulla mia nave, i migliori, per poter combattere e andare in giro per il mondo a cercare tesori. E, con tutta franchezza, i bambini li detesto.»
«Ah, quindi io sarei tra i migliori?» gli domandò beffardo.
«Questo dipende da te. Non ci penserei due volte a rimpiazzarti e lasciarti in pasto agli squali.»
«Ma mi hai visto? Lasceresti morire tutto questo?» domandò, allibito, indicando se stesso.
Non aveva ancora lasciato la presa sulla spada e la rafforzò ulteriormente, facendolo scontrare contro il muro.
«Certo che no» gli sorrise ghignando, facendogli tirare un sospiro di sollievo, «gli darei solo la tua testa.»
Solo quando riconobbe un po' di timore negli occhi del giovane, ripose l'arma, ritornando a sedersi.
«Come ti chiami?»
«Alejandro.»
«Troppo lungo.»
Il diretto interessato alzò un sopracciglio, confuso.
«Come scusa?»
«Il nome è troppo lungo... Ti chiamerò Al» decise, senza mezzi termini.
«Per carità! Mi chiama così mio fratello per farmi dispetto! Odio quel nomignolo!»
«A maggior ragione allora ti chiamerò così.»
Alejandro incrociò le braccia al petto, furioso. Nessuna donna si era mai lamentata per il suo nome, a dirla tutta nessuna donna si era mai lamentata di lui... Perché lei era così?!
«Scordatelo, Heather.»
«Come sai il mio nome?» gli chiese, cercando di velare il suo shock.
«Una egocentrica come te, ha il nome ovunque» sta volta fu lui ad avvicinarsi a lei, sorridendole. «Tipo sulla spada» fece scorrere il suo sguardo proprio sull'arma che aveva rimesso nella cintura poco prima. «Scoprirai che sono un ottimo osservatore, Heathy» le fece l'occhiolino, raggiungendo la porta.
«E comunque, non ti ci vedo neanche io con dei bambini!»~•~•~
Passarono mesi e Alejandro, oltre ad un eccellente osservatore, si rivelò essere un ottimo spadaccino. Merito degli anni di pratica di scherma.
Heather ne fu particolarmente sorpresa: lo osservava muoversi e agitare la spada con una forza ed eleganza impressionanti. Pareva avesse gli occhi ovunque, non si lasciava sfuggire un colpo.
Sarebbe rimasta ad ammirarlo di nascosto per sempre, se non fosse che un giorno, un campanello d'allarme, la fece scomodare dalla sua solita postazione, presa da una rabbia incontenibile.
Alejandro si ritrovò con cinque dita sulla sua guancia, senza saperne il motivo.
La bionda accanto a lui, si allontanò spaventata, rifugiandosi nell'isola in cui erano appena arrivati.
«Si può sapere che diavolo ti prende?!»
«Che mi prende?! Siamo in missione! Non devi flirtare con tutte le ragazze del posto per prendere il tesoro!» gli urlò contro.
«Avevi detto di prenderci un'ora di pausa! E poi stavo solo chiacchierando con una bella ragazza, non ci vedo nulla di male!»
Il volto di Heather andò in fiamme e Alejandro temette fortemente per la sua incolumità.
«Vuoi dire che io non sono abbastanza bella?!»
Aveva sempre avuto cura della sua immagine e del suo aspetto, perché lui sembrava fosse l'unico a non notarlo?
«Ma che c'entra?» domandò allibito, non capendo il nesso.
«Il tuo non rispondere significa che sono brutta?!»
Ancora una volta il giovane sgranò gli occhi, del tutto confuso sulla situazione.
Solo quando vide quelli di Heather leggermente lucidi, gli si aprì una voragine nello stomaco, per la paura di aver sbagliato tutto.
«Sei proprio un imbecille!»
Non ricevendo ulteriori repliche, se ne andò via correndo.
Fu la prima volta, in tutta la sua vita, che Heather, il capitano della ciurma più temibile, pianse, senza sapere perché.Non uscì dal suo studio per due giorni interi, nonostante avessero preso l'ennesimo tesoro.
«Dovresti mangiare qualcosa.»
Una voce fin troppo familiare alle sue spalle, la scosse dai suoi pensieri.
«Non ho fame.»
Alejandro si adagiò sul bordo del suo letto.
«In questi sei mesi mi hai punzecchiato, schernito e letteralmente buttato giù per terra più volte, ma mai ti sei arrabbiata come l'altro giorno... Forse come dici tu, sono un imbecille, ma non sono senza cuore... Mi è dispiaciuto farti piangere, ti chiedo scusa.»
Heather fu stupita da quelle parole, non si aspettava che un tipo come lui mettesse da parte l'orgoglio e si scusasse per una cosa che nemmeno lei sapeva con certezza.
Si girò verso di lui, notando quanto fossero intensi quei suoi occhi verdi e quanto quella sua carnagione olivastra gli donasse particolarmente.
«Vuoi tornare a casa?» gli chiese solo, sedendosi dritta con la schiena, con uno sguardo del tutto impassibile.
«Come?»
«Non te lo richiederò un'altra volta.»
Alejandro fu sorpreso del cambiamento del capitano, non era preparato ad una simile proposta.
Ma, d'altro canto, con lei era abituato a doversi aspettare di tutto.
Non era come le altre: era imprevedibile, testarda, orgogliosa, intelligente, glaciale e per nulla romantica.
Con il tempo aveva dovuto ammettere quanto era dannatamente brava a dare gli ordini, a prevedere gli attacchi dei nemici e a non battere ciglio sotto ogni cadavere.
Tuttavia con lui aveva sempre avuto un trattamento diverso, era più scorbutica e puntigliosa, appena faceva un errore non perdeva occasione per deriderlo, e, in tutto ciò, vedeva anche che gli prestava più attenzioni, si metteva a parlare con lui per ogni cosa, tanto che pareva il suo confidente.
Sorrise.
Heather lo vide alzarsi e pensò già che non l'avrebbe più rivisto. Eppure, fu la volta di Alejandro a stupirla, ritornando indietro e continuando il loro gioco di sguardi.
«Io sono già a casa.»
Heather nei suoi venticinque anni poteva dire di aver combattuto contro intere navi, poteva dire di aver trovato più di cinquanta tesori, poteva dire di aver ucciso mostri acquatici spaventosi, poteva dire tante cose, ma niente era paragonabile alla sensazione delle labbra di Alejandro sulle sue.Si ricredette quando, tempo dopo, il suo uomo le chiese di sposarlo e fu la seconda volta in tutta la sua vita che versò lacrime.
E, dovette ricredersi nuovamente, quando scoprì di essere incinta di due gemelli.
«Maya! Matias! Non correte troppo!»
Due bambini dagli occhi verdi e i capelli scuri, la guardarono sorridendo, sedendosi sul tappeto e dedicando la loro attenzione sui giocattoli.
Alejandro cinse da dietro Heather, facendola sussultare.
«Mi ero sbagliato... Sei brava anche con i bambini.»
«Avevi dei dubbi?»
«Non ti vantare tanto, ho detto che sei brava, non migliore di me...»
«Bene, allora avrai modo di dimostrarlo ancora...» gli sussurrò, spostando le sue mani dai fianchi al suo ventre leggermente gonfio.
L'uomo sorrise dalla felicità, baciandola:
«A quanto pare la signorina non ha capito chi comanda qui...»...
Sono tornata con un'altra fiaba!!!
Spero vi sia piaciuta nonostante sia un po' più lunga del solito...
Fatemi sapere se ne avete in mente altre e come vi è sembrata.
Ci tengo tanto alla vostra opinione.
Baci,
Ila
STAI LEGGENDO
C'era una volta...
FanfictionAlejandro e Heather in diversi ruoli delle fiabe. Anche i cattivi avranno mai il loro lieto fine? ••• -Che orecchie grandi che hai...- -È per sentirti meglio.- -Che braccia grandi che hai...- -È per abbracciarti meglio.- -Che bocca grande che hai...