Sirenetta

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Candide gocce cadevano sul viso di una giovane fanciulla dall'immortale bellezza, posseduta fin dalla nascita.
A nessuno era ben chiaro come una tale creatura potesse essere frutto di un mostro maligno come era sua madre, morta per mano di una sirena, ora idolo dell'intero popolo e responsabile dell'esilio della figlia in quanto ritenuta pericolosa, portatrice degli stessi geni di quest'ultima.
Ciò nonostante, Ariel, non poté impedire che sguardi indiscreti si posassero su di ella, che, come di consuetudine, si concedeva di uscire allo scoperto dal mondo sottomarino del quale era prigioniera, per restare ferma in posa, su uno scoglio, ad ammirare il tramonto dando le spalle al castello.
In molti avevano tentato di avvicinarlesi, ma il timore padroneggiava di più la loro mente rispetto all'ammirazione, facendoli allontanare con un senso di vuoto dentro incessante, amareggiati per non essere riusciti ad andare oltre i pregiudizi.
Codardi. Potete scappare dal mio sguardo, ma non dal mio potere.
E così, ogni singolo uomo che aveva osato osservarla, anche solo per un istante, fu maledetto con disgrazie che la ragazza stessa aveva ideato, penetrando la loro mente e manipolandoli fino a renderli folli e ingestibili.
Senza muovere un passo, aveva creato scompiglio nell'intero reame, e di questo, lei, regina dell'oceano, ne traeva godimento.
Anche quella giornata pensava sarebbe stata come le altre, senza alcuna parola, ma con gli sguardi di molti addosso a lei.
O almeno, quei pochi coraggiosi che rimanevano.
E in effetti, qualcuno rimase.
Si voltò giusto in tempo per osservarlo dal suo scoglio, un ragazzo dai capelli castani che gli ricadevano sulle spalle, gli occhi illuminati dalla luce del tramonto, più verdi del normale, parevano di smeraldo, il viso seducente e un portamento fiero.
Si stava avvicinando, stava oltrepassando quella soglia immaginaria che altri si erano creati e non avevano osato sfidarla.
Era certa che prima o poi si sarebbe fermato, che non sarebbe stato tanto sprovveduto da farlo, ma, per la seconda volta, sbagliò.
«Sei coraggioso, ragazzo. O forse semplicemente imprudente e presuntuoso.»
Il diretto interessato non poté fare a meno di ridere.
Quella risata echeggiò nelle orecchie della creatura, come una melodia perforante, tanto che si stupì lei stessa ad averle prestato così tanta attenzione.
«Non ho mai sentito un modo peggiore di questo per presentarsi!» esclamò, sorridendo.
«Ti stavo mettendo in guardia e non parlando mai con nessuno, non so come ci si presenti» rivelò l'incantevole ragazza, distogliendo lo sguardo dal suo.
«Beh, c'è sempre una prima volta... Io sono Alejandro» le porse la mano senza incertezza.
«Mi chiamo Heather» disse, osservando ancora scettica la mano tesa verso di lei.
«Devi stringerla, noi ci presentiamo così» le sorrise ancora.
Lei, come caduta preda da un'ipotesi, fece come richiesto e, mentre le loro mani si toccavano, avvertì un brivido in tutto il corpo e un piacere mai sentito prima.
«Comunque molto piacere! Hai un bellissimo nome, come lo è il tuo viso» affermò, facendo ritornare i loro occhi a guardarsi.
«Stai cercando di adularmi per potermi pugnalare alle spalle? Letteralmente» si arrabbiò la mora, non credendo ad una singola parola.
«Non sono qui in malafede, volevo solo conoscerti. Vengo in questo posto da anni per le vacanze e ti ho sempre vista su questo scoglio, senza mai stare sulla terraferma... Eppure non hai la coda, cosa te lo impedisce?» le domandò curioso, il giovane.
«Chiariamo una cosa, insignificante essere umano, io la coda ce l'ho come ho il potere di farla sparire quando voglio e non posso avvicinarmi alla terra per colpa di quella stupida principessa che mi ha esiliata solo perché mia madre era Ursula, colei che voleva ucciderla» gli rispose a tono, incrociando le braccia al petto.
Aveva parlato così poche volte che probabilmente l'era venuto naturale buttare tutto fuori e raccontare la sua vita a un perfetto sconosciuto.
«La tua bellezza e la tua intelligenza sono uno spreco per questo popolo. Dovresti andare altrove.»
Sorrise amaramente alla proposta di Alejandro.
«Credi che non ci abbia mai pensato? Ormai tutti mi conoscono e in un altro posto non cambierebbe nulla.»
«Non ti rimane che andare su un'isola deserta» le sorrise nuovamente, nonostante l'espressione di Heather fosse dura e triste.
«Dopo mi sentirei ancora più sola di come già sono. Ormai non so più cosa sia la libertà per me, se stare con gli altri senza fare nulla, o se fare tutto senza stare con gli altri...»
Alejandro fu veramente colpito dalle parole di quella creatura, che seppur innocente, era stata punita al posto della madre.
Un po' come succedeva a lui quando suo fratello maggiore combinava qualcosa e a lui davano sempre la colpa.
Osservò il sole che stava calando lentamente.
«Ora devo andare, ma verrò a trovarti domani.»
«Me lo prometti?» lo osservò con quei suoi occhi argentei, colmi di dolore.
«Te lo prometto» le sorrise, scomparendo poco dopo.

~•~•~

Alejandro fu di parola e anzi, l'andò a trovare ogni giorno prima del tramonto, quando le persone ormai non girovagavano per le vie e loro potevano godersi il tempo insieme.
«Heather?» la chiamò, mentre si accomodava accanto a lei.
«Sì?»
Lui le prese delicatamente il viso con le mani, avvicinandolo al suo e guardandola fisso negli occhi, come a chiederle il permesso, che lei gli concesse senza alcun timore.
In un attimo la giovane sentì le sue labbra unite a quelle di lui, sentì il cuore battere all'unisono con il suo e la mente completamente annebbiata.
Il suo primo bacio, non lo avrebbe scordato tanto facilmente.
Quando si staccarono, la magia, il contatto che si era creato tra loro, non cessò.
«Devo confessarti una cosa... Io e mio fratello avevamo fatto una scommessa. Avrei dovuto ucciderti per essere il migliore tra i due» le confessò, notando lo sguardo smarrito e spaventato di Heather che cercava di divincolarsi.
«No, aspetta. Fammi finire, per favore» la pregò, notando la sua inquietudine.
«Dopo che ti ho conosciuta più di un mese fa, non ho avuto il coraggio e non volevo in alcun modo farti del male perché infondo, tu sei come me. Anche io mi sento un estraneo, persino nella mia famiglia e ti giuro che sono disposto a tutto pur di stare con te» le dichiarò, mostrandole il coltellino che aveva portato solo il primo giorno in cui si erano conosciuti.
«Questo lo potrai tenere tu se lo vorrai, non ho nient'altro, se non quella zattera che andrà ovunque tu voglia andare» le indicò l'oggetto in questione, facendole sgranare gli occhi.
«Io voglio essere la tua libertà, Heather, perché tu sei la mia.»
Dopo quelle parole, lei non seppe davvero cosa pensare e, d'istinto,   prese il coltello offertole da lui e lo gettò in acqua.
«Promettimelo» gli ordinò, tendendogli la mano.
Lui sorrise.
«Te lo prometto.»
E la baciò altre infinite volte per altri infiniti anni.

...

Eccomi di nuovo!!
Scusate gli immensi ritardi ma sono in periodo d'esame e spero di finire presto!
Che ne dite? Vi è piaciuta?
Baci
Ila :*

C'era una volta... Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora