Due mesi dopo...
Oggi è il grande giorno. Il giorno in cui la mia vita cambierà. Il giorno in cui dovrò lasciare la mia famiglia, dire addio a tutto ciò che ho amato e che continuerò ad amare anche se a distanza.
Ho preparato già tutto, un piccolo trolley con pochi vestiti e alcuni libri, un borsone con quasi tutti i miei libri e qualche paio di scarpe e uno zaino stracolmo di roba da mangiare preparata da mamma stamattina. Stanotte non ho chiuso occhio, mi rigiravo nel letto. Risultato: ho svegliato Rosm e le ho fatto passare una nottataccia, per di più oggi ha anche un'interrogazione di Filosofia. Se dovesse prendere un brutto voto non me lo perdonerei. Sento di nuovo la voce della mamma chiamarmi da sotto. Mi guardo per l'ultima volta davanti allo specchio.
<Ce la puoi fare.> sussurro debolmente. Afferro lo zaino grigio dalla sedia e scendo di sotto. Abbraccio i miei genitori, poi passo ai miei fratelli e infine guardo Rosmary con le lacrime agli occhi. Mi avvicino per abbracciarla, ma lei mi si fionda addosso.
<Prometti di scrivermi ogni giorno.> dice soltanto, poi mi lascia andar via. In tutto questo tempo non ho spiccicato una parola, non ce la faccio. Salgo sulla BMV nera che era rimasta fuori ad aspettare il mio arrivo. Rimango seduta per una quindicina di minuti, finché non arriviamo al aeroporto. Mi sono state date istruzioni ben precise. Salgo su un aereo grandissimo, tutto per me. L'hostess mi comunica che l'aereo partirà tra pochi minuti e infatti si mette in moto. Gli interni sono neri con due poltrone girevoli di un grigio chiaro ed altrettanti divanetti del medesimo colore. C'è una piccola televisione, una piccola libreria e una zona computer. Mi siedo su un divanetto e prendo un libro, rimango a leggere incantata fin quando l'hostess mi porge un cartoncino bianco. È il menù. Devo scegliere cosa mangiare, dopo tutto quello che mamma mi ha messo nella borsa non credo che sia utile sprecare altro cibo. Mi limito a scegliere e non fare domande. Cinque minuti dopo mi arriva un piatto di spaghetti con panna e noci e un piatto con bistecca e patatine; mangio tutto lentamente, anche perché mi sto annoiando e non so più cosa fare.
Appena finisco, la stessa hostess mi porge un altro cartoncino bianco: è il dessert e la frutta. Ordino un melone giallo e un tiramisù. Se l'avessi saputo prima, avrei lasciato tutto questo cibo a casa, risparmiando a mamma la fatica di cucinare. Finito il pranzo mi appisolo sul divanetto, che è talmente comodo da poterci vivere. Vengo svegliata dalla voce dolce dell'hostess che mi informa dell'imminente atterraggio. Inizio così ad agitarmi, mi sento le gambe tremolanti. Venti minuti dopo sono a terra in una limousine nera diretta verso la mia nuova casa. Varchiamo un cancello scuro e proseguiamo fino al termine della stradina. Di fronte a me c'è un'enorme villa grigia.
Al ingresso c'è una donna paffutella che mi sta aspettando.
<Lei è la signorina Jane?> annuisco alla donna, che mi sorride sincera. <Io sono Anna Simons. Benvenuta a casa Parson. Sono così felice, finalmente la incontro. Ho sentito molto parlare di lei.> prende il mio zaino e lo porge ad un'altra domestica molto più giovane di lei. <Vieni cara, ti mostro la tua stanza.> mi conduce al primo piano e mi mostra una stanza grandissima. È interamente bianca con qualche richiamo sul tortora. Il centro della stanza è occupato da un enorme letto a due piazze, coperto da un piumone tortora; una parete è occupata da un gigantesco armadio scorrevole bianco lucido, c'è uno specchio fisso ad un'altra parete e una grande finestra con una tenda dello stesso colore del piumone. È una stanza bellissima, se la vedesse Rosmary ne sarebbe entusiasta.
<Allora piccina, il padrone vuole che ti aiuti a cambiarti. Tra poco ci sarà la cena nella sala da pranzo e i signori Parson vogliono presentarti al figlio, Damon.> a sentire per la prima volta quel nome inizio ad agitarmi.
<Com'è? Damon Parson?> chiedo alla donna, lei mi guarda come una madre guarda il proprio figlio.
<Piccina, il signorino è un bel ragazzo, ma ha un carattere particolare. Diciamo che è meglio non contraddirlo. Ma stai tranquilla per ora, imparerai a conoscerlo e a volergli bene, a modo tuo.> capisco che sta parlando di sé e le sorrido, si alza improvvisamente e apre un'anta dell'armadio iniziando a frugarci dentro. <Si, credo che questo sia perfetto. Provalo e vediamo come ti sta.> mi porge delicatamente l'indumento di un rosa pastello e lo indosso. Non è molto aderente, ma nemmeno così ampio da farmi sembrare una balena.
<Come trovi che mi stia?>
<Benissimo piccina. Forse manca qualcosa.> apre un cassetto dell'armadio e prende una collanina. <Con questa sarai ancora più bella.> la ringrazio e mentre me la mette, osservo la mia figura nello specchio. Non sono poi così male, certo non sono Rosm ma le assomiglio parecchio, più di quanto credesse.
<Signora Simons, non dovrei scendere?> le chiedo guardando l'orologio.
<Ti prego, chiamami Anna. Comunque mancano ancora cinque minuti. Vuoi parlarne?> mi domanda vedendomi agitata. Come posso non esserlo. Una vampata di calore si propaga in tutto il mio corpo. Guardo Anna negli occhi e subito dopo distolgo lo sguardo. Mi vergogno troppo, di tutto.
<No Anna, ma grazie lo stesso. Ora vorrei solo andare di sotto.> le mi annuisce e la seguo. È una casa molto grande e se non fosse stato per lei mi sarei già persa. Ci fermiamo davanti una porta bianca, lei bussa e mi fa entrare. Mentre entro nella sala da pranzo mi sussurra un "buona fortuna piccina" e poi se ne va, chiudendosi la porta alle spalle. Potrei ancora farlo, lasciare tutto e andarmene; sono io l'artefice del mio destino e solo io.
<Buonasera, cara. Prego. Accomodati.> mi sorride la signora Parson. Prendo posto accanto a Penelope. Mi accorgo che di fronte alla signore c'è una sedia vuota. Continuo a fissare quel posto vuoto come se volessi disintegrarlo.
<Mio figlio sarà qui tra poco. Com'è stato il viaggio?> il signor Parson mi legge nella mente. Chissà come sarà.
<Un po' lungo, ma grazie di tutto signor Parson. Non dovevate, avrei potuto prendere un aereo di linea.>
<Non preoccuparti. Comunque chiamami Richard. Oh Damon, ben arrivato. Sei in ritardo come sempre.> proprio in quel momento sentiamo una porta aprirsi ed entra nella stanza un ragazzo poco più grande di me, dai capelli scuri e gli occhi chiari. Rimango come ipnotizzata dalla sua figura. Sta parlando al telefono, ma appena i miei occhi incontrano i suoi chiude la telefonata, ma finge che non esista.
<Si, perdonatemi. Ero al telefono con Raul.> poi sposta lo sguardo su di me. <E lei, chi è?> continua a fissarmi e questo mi costringe ad abbassare lo sguardo. Mi vergogno cosi tanto.
<Lei è Jane Miller, è la figlia di Gary e Giuliette Miller.> mi sento al centro dell'attenzione e questo non mi piace.
<Bene, e che ci fa qui in casa nostra?>
<Io e tua madre siamo arrivati alla conclusione che hai bisogno di sistemarti e abbiamo deciso che tu e Jane stareste benissimo insieme. Lei è la tua fidanzata.> ok, sto per vomitare. Due genitori che decidono il futuro del figlio e disgustoso. Nessuno può decidere con chi si deve sposare, con chi voglia passare il resto della sua vita.
<Ho sentito bene? Tu e mamma? Chi siete per scegliere la persona che devo sposare?> urla il moro fuori di se.
<Siamo i tuoi genitori e devi rispettare le nostre decisioni. Fino ad ora non ti sono piaciute le ragazze che ti abbiamo presentato, perciò te ne abbiamo scelta una noi, una semplice e non oca come le altre visto che ci hai urlato contro che non avresti mai toccata una.> ok, la situazione sta veramente degenerando.
<Si mamma, non mi metterei mai con una di quelle neanche sotto tortura e sai perché, perché non le amo. È inutile che continuate ad insistere, io non voglio sposarmi né con lei e né con nessun altra, chiaro?> li urla contro. Mi alzo dalla sedia, attirando così gli sguardi smarriti di tutti.
<Con il vostro permesso vorrei tornare in camera, non c'entro niente qui.> vado verso la porta ed esito ad aprirla, vorrei tanto girarmi ma alla fine esco. Non posso non sentirmi offesa dalle sue parole, anche io sono stata messa di fronte ad una cruda realtà e non potevo tirarmi indietro. So che è dura quando te lo dicono, ma questo non lo biasima dalla reazione incontrollata che ha avuto. Salgo le scale a piedi nudi, i tacchi che ho portato fino a un secondo prima mi hanno fatto diventare i piedi due pizze fritte. Arrivata a destinazione mi chiudo la porta alle spalle e mi svesto. Apro il piccolo trolley e indosso un pantaloncino grigio e una canotta bianca. Mi sistemo nel grande letto e prendo un libro da leggere prima di andare a dormire, così i miei sogni saranno occupati dalle vicende del libro e non dai miei problemi; ho sempre pensato che leggere qualcosa o pensare ad altro prima di andare a dormire avrebbe ridotto le probabilità di fare degli incubi. Mi immergo completamente nella lettura che non mi accorgo neanche dell'orario. È passata poco più di un'ora, ma non sono ancora del tutto stanca e leggo un altro po'.
Improvvisamente la suoneria del mio cellulare inizia a suonare, lo afferro dallo zaino e rispondo alla video chiamata di Rosm.
<Jane.> urla appena rispondo e inizia a piangere, devo mancargli davvero tanto. <Come stai?>
<Bene. Voi come state? Cosa state facendo?> chiedo io cercando di sviare.
<Io stavo studiando come ti ho promesso prima che partissi, Louis si sta esercitando con la chitarra, Kyle è andato in giardino ad allenarsi e Jason ha ripreso gli studi di medicina. Non sei felice? È quello che volevi.> si, ma se rispetto l'accordo i Parson potrebbero decidere di riprendersi tutto.
<Si, Chloe come sta? Le avete dato da mangiare?> Rosm prova a sviare il discorso, ma glielo impedisco.
<Si Jane, ma è tua. Non capisco perché dobbiamo occuparcene noi. Non potevi portartela, tanto è piccola.>
<Rosm, non rimarrà sempre così. Adesso è piccola ma crescerà.>parliamo per un altro quarto d'ora e poi mi passa i Bros.
<Ciao sorellina, come va da quelle parti? Jason smettila di spingere, non ci tengo a perdere la verginità con mio fratello.> alla fine sono riusciti a strapparmi una risata anche a distanza.
<Va bene, credo. Comunque parliamo di voi, Rosm mi ha detto tutto. Mi fa piacere che abbiate seguito i miei consigli.>
<Sorellina, non starai per piangere.> Jason non è molto stupido, lo fa solo perché è contagiato da Louis e Kyle.
<No no, solo è la prima volta che dormo lontano da casa e ho un po' paura.> è la verità, non sono mai riuscita a dormire lontano da casa. Una volta al terzo anno di liceo Zach mi invitò a casa sua per dormire ed avendo troppa paura rifiutai.
<Sorellina, hai portato Zampa?> oddio, che brutti ricordi.
<Se mi chiami di nuovo sorellina farai i conti con me quando torno. E poi cosa c'entra Zampa?> tutti sanno di Zampa, era un peluche che mi portavo dappertutto e ci dormivo assieme. Alla fine Chloe l'ha sbranato ed è diventato il suo gioco preferito. Dopo aver salutato tutto chiudo la chiamata e ripongo il libro che avevo sul grembo sulla scrivania, poi ritorno nel letto. Dove trovo un messaggio di Jason sul cellulare.
"Buonanotte sorellina!"
Spengo il telefono e mi metto sotto le coperte, dove mi addormento subito.
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Promised Friends
RomanceJane Miller sarà costretta a sposarsi con uno sconosciuto, Damon Parson per salvare la sua famiglia e non lasciarla morire di fame. Cambierà tutto, casa, amici, regole. Catapultata in un mondo che non le appartiene dovrà adattarsi alle regole impost...