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Quelle che pensavo fossero poltroncine comode non sono nient'altro che lucide e fredde barelle di metallo, dove mi fanno accomodare vestita solo di una vestaglia di carta.
I preparatori, tre donne perfettamente identiche che si distinguono solo dalla pelle di colore diverso, iniziano a massaggiarmi con delle creme profumate. Non è così male come mi aspettavo. Ma poi mi attaccano una striscia adesiva alla gamba destra e, senza nessun preavviso, la strappano, portandosi via una bella fetta di pelle morta mista a peli.
"Ahia!" Esclamo con le lacrime agli occhi. La parte di pelle nuda si arrossa subito, e quando cercano di rifarlo mi rifiuto.
"Stai calma," mi sussurra la donna dalla pelle violacea. "Non c'è tanto lavoro da fare con te. Ci vorrà poco, se non ti agiti".
E sia. Mi faccio depilare per una mezz'ora buona, poi mi mettono l'ennesima crema che diminuisce l'arrossamento e mi fanno alzare. Elaborano un'acconciatura particolare, una coda alta e voluminosa con delle ciocche sintetiche verde chiaro che arrivano quasi alle ginocchia e mi truccano. In vita mia, non mi sono mai truccata neanche una volta, i cosmetici non esistono dalle mie parti.
Una volta che hanno finito, mi guardo allo specchio. Sembro più adulta, con questo trucco scuro agli occhi, ma anche molto più bella. Certo, sono sempre stata bella, ma mai così. Sembro quasi un'altra persona, ma sotto lo strato di fondotinta si vede ancora Johanna Mason.
I preparatori mi accompagnano in un'altra stanza, e mi dicono di aspettare lì il mio stilista, Brando. Un nome idiota per un lavoro altrettanto idiota. Quando arriva, porta con sé il vestito che dovrò indossare per la parata dei tributi.
Dopo una veloce presentazione, non perdiamo tempo in chiacchiere e mi aiuta ad indossare una tuta eccessivamente aderente con qualche ricamo. Mi rendo conto di essere vestita da albero, come i tributi del 7 da cinquant'anni a questa parte. Il mio stilista è un idiota.
Brando mi accompagna fuori dal centro di preparazione fino ai carri che ci porteranno di fronte al Presidente Snow. Sono un po' agitata, perché come tutti gli altri animali, i cavalli non mi piacciono. Però ne approfitto per dare un'occhiata agli altri tributi.
I favoriti stanno parlando tra di loro. Quelli del Distretto 1 hanno addosso delle tute simili alla mia, ma completamente trasparenti e tempestate di gemme preziose. Sono davvero bellissimi, lui in particolare è alto e affascinante. I tributi del 2 indossano delle tuniche bianche e hanno in testa una corona di alloro dorata. Il maschio è basso ma muscoloso, la femmina è alta e slanciata. I tributi del 4 sono ricoperti da reti dorate e non sembrano particolarmente belli o letali. Sono ragazzi normali, proprio come gli altri che ho attorno.
Da dietro il carro fa capolino Troy, anche lui vestito con la stessa tuta e i capelli chiari spruzzati di verde. "Speriamo che qualche sponsor ci noti".
"Vestiti da albero? Non credo proprio" ribatto.
In quel momento, un suono acuto ci indica che dobbiamo salire sui carri. È ora. Inizia la parata.
Lentamente, i cavalli iniziano a muoversi, accompagnati dall'inno di Panem e dal suono dei tamburi. Quando partono i nostri, uno strattone secco rischia di farmi cadere. Mi sembra di sentire delle risate dietro di me, ma non ci faccio caso. Potrei anche sbagliarmi.
Percorriamo il lungo viale, e mi sento un po' smarrita. Perché sono qui? Dovrei essere a casa ad aiutare mio padre con la legna, per poi tornare a casa stanca e mangiare una zuppa calda. Non ero pronta agli Hunger Games. Non lo era nessuno, tranne i Favoriti.
Appena tutte le carrozze arrivano davanti al Presidente, lui inizia subito con il suo discorso.
"Popolo di Panem", si rivolge alla folla che subito si zittisce. "Benvenuti alla 71esima edizione degli Hunger Games".
Un boato si solleva dagli spalti a lato del viale. Gli abitanti di Capitol City, vestiti di colori sgargianti, esultano per l'imminente inizio del loro divertimento annuale preferito. E io, vestita da albero circondata da altri tributi che potrebbero uccidermi in mille modi diversi, mi arrabbio. Provo un odio cieco verso queste persone che non vedono l'ora di gettarci nell'arena per vedere come ci ammaziamo tra di noi. Li odio, li odio, li odio. Li odio talmente tanto che non presto attenzione alle parole del Presidente Snow, e non mi accorgo che le carrozze ci stanno riportando verso il centro di preparazione.
Appena ci fermiamo nell'atrio, Blight e i nostri stilisti ci vengono incontro.
"Non è andata benissimo" esordisce il mentore. "Non vi siete fatti notare".
"Cosa dovevamo fare, un balletto?" Ribatto.
Blight si mette a ridere. "Stai calma, Salice. Ci saranno altre occasioni per farvi belli davanti alle telecamere".
Mi ha chiamata Salice? Ora mi dà anche dei soprannomi non richiesti?
Io e Troy ci guardiamo, e lui sorride. "In effetti con quella coda così vaporosa sembri un salice piangente".
Sbuffo, e seguo mentore e stilisti all'ascensore. "Sarà, ma non mi piace per niente. Non vedo l'ora di togliermi questa tuta di dosso".

Hunger Games - Il Pianto Del SaliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora