3

24 1 1
                                    

Mi sveglio all'alba, più stanca di quanto non fossi prima e con una fame da lupi. Ho dormito più di 12 ore! Mi alzo subito e cerco dei vestiti da indossare. Nel guardaroba ce ne sono diversi della mia taglia, e la scelta ricade su un paio di pantaloni aderenti beige e un maglioncino bordeaux peloso. Cose che al 7 non avrei mai indossato. Sono contenta di poter cambiare le mie scarpe da mietitura con un paio di stivaletti neri. I capelli sono tutti annodati e cerco di districarli con le dita senza pettinarli. Lo farò prima di arrivare a Capitol.
Vado nella carrozza ristorante e non trovo nessuno. Fuori sta albeggiando, e il panorama è spettacolare: sono circondata da montagne che riflettono i colori del mattino, e il treno procede spedito accanto a un lago dall'acqua scintillante. Se non stessi andando agli Hunger Games potrei anche innamorarmi di questo posto.
Prima di sedermi su una delle tante sedie vuote mi verso una bella tazza di caffè. A casa l'ho bevuto pochissime volte, ma per tutto il tempo in cui starò qui credo che ne farò il pieno. Amo il calore della bevanda quando scende in gola e il suo sapore così amaro.
Aspetto che la sala si riempa, anche se mi fa piacere a stare da sola con i miei pensieri.
La prima ad arrivare è Callista, che mi augura un buongiorno fin troppo squillante. "Sei mattiniera anche tu?" Mi chiede versandosi del tè.
Alzo le spalle. "Nel Distretto 7 ci si sveglia all'alba per lavorare" le spiego, anche se dovrebbe saperlo. Partecipa alla mietitura già da una decina di anni, e mi chiedo se le sia mai fregato qualcosa del nostro distretto. Probabilmente no.
"Comunque cara," mi dice dopo aver acchiappato una piccola focaccia dolce, "ti consiglio di prepararti prima di arrivare a Capitol. Quei capelli sono talmente arruffati..."
Ah! Ha parlato quella che indossa una parrucca alta mezzo metro. Però non mi risento troppo del suo consiglio, anche se dato con una certa malizia. Sono consapevole di essere bella ed avere un bel corpo, e curarmi un po' di più non può che migliorarmi ulteriormente.
Troy e Blight arrivano insieme, dopo circa mezz'ora. Blight inizia ad imburrarsi subito un toast, e Troy si siede accanto a me sorridente. Si vede che durante la notte gli è passata la paura, o sta fingendo.
"Come stai?" mi chiede.
"Bene" rispondo con l'ennesima alzata di spalle, e continuo a bere il mio caffè. Questa roba mi farà uscire di testa, ma è davvero buona. Non come quello che ci vendevano al 7 ad un prezzo esorbitante, che era pure solubile e dovevamo diluirlo con tanta acqua per farlo durare. Ovviamente il sapore ne risentiva.
Blight si avvicina al nostro tavolo. "Tra circa un'ora arriveremo a Capitol City, incontrerete subito i vostri preparatori e stilisti che vi prepareranno per la parata dei tributi. E tu" si rivolge a me, "vedi di sorridere un po'."
Gli sorrido sprezzante. "Ah! Non sarai certo tu a dirmi quello che devo fare."
"No, ma se continui con questo atteggiamento non arriverai al secondo giorno" mi avverte minaccioso. Poi si siede con noi e ci tranquillizza. "Gli Hunger Games non sono altro che un reality show in cui quasi sempre vince il preferito del pubblico. Sapete dirmi perché?"
Alzo le spalle, non sapendo davvero come rispondere. "Perché puntano sul migliore?"
Troy scuote la testa riccioluta. "Perché gli sponsor puntano sul tributo più amato".
"Esatto". Il nostro mentore sorride. "Se un tributo riesce a suscitare simpatia nel pubblico, in molti scommetteranno su di lui. Se le scommesse si alzano, sull'arena inizieranno a piovere paracaduti".
"Come è successo per Finnick Odair, in pratica" dice Troy.
"Però lui era un Favorito", gli rispondo. "Era avvantaggiato".
"Esatto, ma se voi vi mostrerete amabili e simpatici vedrete che avrete una speranza".
"E per quando saremo nell'Arena?" Gli chiedo.
Blight mi guarda e ridacchia. "Di quello ne parleremo quando imparerai a toglierti quel sorrisetto sarcastico dalla faccia".
Finisco il caffè e me ne vado. "Grazie eh, ci sei stato di un aiuto immenso".
"Niente sarcasmo, Johanna" mi riprende il mentore.
Troy mi viene dietro. "Non vuoi vedere Capitol City? Siamo quasi arrivati!"
"Ascolta", gli dico, stizzita per le parole del mentore. "Non me ne frega un cazzo di Capitol City, così come non me ne frega un cazzo di quello che pensa Blight. Ci penso io a me stessa".
"Però se non ci vedono scendere insieme potrebbero pensare male di te".
"E allora? Fai quello che ti dice di fare Blight senza pensare a me. Andrà tutto a tuo vantaggio".
Lui mi guarda, e prima di tornare dal nostro mentore e Callista mi dice una frase che non dimenticherò mai. "Io non ho speranze. Non ho mai avuto, e mai avrò, una possibilità".

Hunger Games - Il Pianto Del SaliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora