Quell'afosa mattina del 9/09/1999 ero dannatamente in ritardo, quasi come non mi succedeva dai tempi del liceo. Non solo avrei fatto fare una figuraccia alla mia piccola Lidia che, appena undicenne, avrebbe iniziato un nuovo percorso scolastico e proprio quel giorno avrebbe conosciuto i professori e i compagni che l'avrebbero accompagnata in questi tre anni, nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza, ma avrei anche fatto tardi all'ufficio postale, dove ad attendermi vi era un'urgente missiva di cui non era stato specificato il mittente.
-Lidia sbrigati, sono le sette e mezza! Fai colazione, lava i denti e prepara la cartella.- urlai dalla camera da letto mentre abbottonavo la leggera camicetta in raso a fantasia floreale e mi davo un'ultima occhiata allo specchio.
-Mamma, però con papà non faccio mai ritardo! Non è giusto!- si lamentò la bambina.
Sospirai. Ero perfettamente consapevole di essere un disastro come madre e di avere la testa altrove, ma da quando avevo perso il lavoro allo studio legale era come se fossi caduta in un incubo dal quale non riuscivo a destarmi. Le bollette da pagare erano salate, l'affitto anche e il mio ex marito Tommaso di certo non aiutava con gli alimenti.
Scendemmo velocemente le scale e, quasi col fiatone, entrammo nella Fiat Punto 1 bianca i cui sedili sembravano quasi scottare per quel calore intenso di fine estate.
Come non detto, le strade di Roma erano sovraffollate e quasi si facevano dieci metri ogni dieci minuti.
-Ascolta, ora prendiamo una stradina secondaria che in pochi conoscono, così in un baleno saremo fuori scuola. D'accordo? - Lidia mi sorrise e annuì.08:10.
La campanella era appena suonata.
Menomale. Tirando un sospiro di sollievo mi girai verso la bambina e le accarezzai i capelli. -Fai la brava, segui le lezioni e ricorda di dare del 'lei' agli insegnanti, non sei più alle elementari.-Imboccando la strada verso le poste, non mi resi conto, almeno non fino allo stridente rumore delle gomme sull'asfalto e il trambusto del clacson, di aver letteralmente tagliato la strada ed urtato una Jeep nera che sembrava costare anche parecchio.
Dall'auto scese un uomo sulla quarantina, slanciato, che indossava un completo nero e dei RayBan dell'ultimo modello.
Diamine! Io questo qui già già visto da qualche parte, ma dove?
-Sì, non perdete tempo e iniziate ad aprire perchè io farò ritardo.- esclamò irritato a telefono mentre si toglieva gli occhiali e mi lanciava uno sguardo glaciale. Due profondi occhi neri come la pece mi stavano letteralmente fulminando.
Un brivido oltrepassò la mia schiena.
Si passò una mano tra i capelli anch'essi scuri, scombinando alcuni ciuffi ribelli che svolazzavano qua e là.
-Si può sapere chi le ha messo in mano la patente? Mi ha distrutto il parabrezza, e guardi qui che graffi!- sbuffò pesantemente.
-Mi scusi, davvero, io avevo la testa altrove e ...-
-Io avevo la testa altrove? Ma che motivazione è? Fossi il suo avvocato difensore le farei mangiare pane e codice stradale tutti i giorni.-
-Ma guardi che anch'io sono...- tentai, indispettita.
-Senta, io adesso ho da fare- disse tastandosi le tasche della giacca -prenda, questo è il mio numero. Confido nel suo buonsenso e nel fatto che non sparirà e mi chiamerà in giornata.-
-Certamente, lo farò. E davvero mi scu ...-
-La prossima volta stia più attenta, e si concentri
di più alla guida. Altrimenti, per la salute di tutti, soprattutto di mio figlio, prenda un tram o un treno. Le scuse servono a poco e niente. Arrivederla.-
E, non dandomi neanche il tempo di controbattere, salì sulla sua ormai sfasciata auto e sfrecciò verso le strade del centro.
Ma guarda questo
pensò risalendo sulla sua modesta Punto.
Certo, capisco il danno, ma almeno potrebbe essere più educato! E poi, il codice stradale glielo faccio vedere io!
Presi il fogliettino bianco e senza nemmeno darvi un'occhiata lo lanciai sul cruscotto. La priorità non era quella, in quel momento; lo avrei contattato in giornata. Dovevo assolutamente recarmi all'ufficio postale ed ero già in ritardo di un'ora.-Buongiorno, sono la signorina Carla Pontillo. Devo ritirare una raccomandata.-
Dopo aver atteso qualche minuto, la paffuta donna dal viso simpatico mi fece firmare una nota che attestava la conferma della ricevuta della missiva e successivamente mi consegnò una busta bianca, semplice, spoglia.
A primo acchito sembrava quasi vuota.
Se è uno stupido scherzo di Elisa e io devo indebitarmi per ripagare la macchina a quel burbero, tutto per essere corsa qui inutilmente, veramente non ci penserò due volte a sfasciare la macchina anche a lei.
Uscii dall'ufficio, mi sedetti a uno dei tavolini esposti del Bar Calisto e ordinai un macchiato rigorosamente non zuccherato. Sospirando, iniziai ad aprire la busta con impazienza."Via Cairoli n. 6, Roma, 08/09/1999
Gentilissima sig.ra Carla Pontillo,
in seguito al Suo brillante percorso di laurea cum laude presso la facoltà di giurisprudenza all'Università " La Sapienza "di Roma in data 12/05/1990, vista la Sua rilevante attività di tirocinio e presa in considerazione della Sua precedente occupazione di avvocato stabilito presso lo studio legale del Prof. Avv. Guido Alpa, Le inviamo questa lettera formale per invitarLa e un colloquio di lavoro presso lo studio legale del Prof.Avv. Giuseppe Conte in data 10/09/1999 alle ore 08:30. Risponda gentilmente a questo indirizzo per confermare l'appuntamento.
-Studio legale Prof.Avv. Giuseppe Conte."La mia mascella si spalancò talmente tanto che sembrò quasi toccare terra. Emisi un urletto di gioia e, senza nemmeno consumare il caffè che mi era arrivato, (non me n'ero nemmeno accorta) corsi alla prima cabina telefonica per avvisare la mia migliore amica, Elisa, che abitava a Napoli.
-Sì? Ruggero, sono io! Devi passarmi Elisa, ora. Subito, ti prego.-
Passò qualche secondo in cui sentii farfugliare qualcosa di incomprensibile.
-Pronto? Carla? Ma che diamine...?-
- Mi hanno invitata ad un colloquio di lavoro! In uno studio legale rinomato qui a Roma, il suo nome lo conoscono tutti!-
Involontariamente urlai talmente tanto che alcuni passanti si voltarono a guardarmi infastiditi.
-Oddio! Ca', sono felicissima! Dobbiamo festeggiare, un giorno di questi salgo a Roma, lasciamo le bambine a Ruggero e passiamo una serata solo noi donne come non facevamo da tanto tempo!-
-Ti faccio assaggiare 'er mejo supplì de tutta Roma! E offro io, te lo giuro.-
Mi recai immediatamente a spedire la conferma di partecipazione al colloquio, e, felicissima, ritornai a casa. Lì avrei aspettato Lidia, accompagnata da Tommaso, e le avrei comunicato la notizia.-Mamma, mamma! Ma quindi potremo trasferirci da qui? In una casa più grande e bella?- disse la piccola addentando una fetta di pizza che stavamo mangiando, in via eccezionale, solo quella sera per festeggiare.
-Dindi, (era quello il nomignolo affettuoso che Carla le aveva dato fin da quando aveva tre anni) è complicato, molto complicato, però ti prometto che farò di tutto per accontentarti.- le dissi sospirando tristemente, perché in cuor mio sapevo che quello era un desiderio irrealizzabile. Le case a Roma centro costavano troppo, e già quella che avevamo quasi non potevamo permettercela.
-Comunque! Non mi hai raccontato nulla del tuo primo giorno di scuola! Com'è andato?- Le chiesi cercando di cambiare argomento.
-Bene, più o meno: la scuola è carina, ma i professori sembrano davvero severi... Ah! Poi ho conosciuto un bambino, si chiama Niccolò. È molto molto carino, e sembra anche super-intelligente.-Fra chiacchiere e risate, finimmo di mangiare e restammo abbracciate sul divano felici, spensierate.
-Amore, si è fatto tardi, vai a nanna. Io vado a buttare i cartoni della pizza e poi vengo a rimboccarti le coperte.-Il giorno seguente Carla si svegliò di soprassalto ricordandosi che, presa dall'euforia per quella lettera di lavoro, aveva completamente dimenticato di chiamare l'uomo a cui aveva quasi distrutto l'auto.
Perfetto, oltre che sbadata e ignorante in materia stradale, ora mi chiamerà anche inaffidabile e bugiarda.
Dopo aver fatto colazione e dopo aver accompagnato Lidia a scuola, questa volta senza fare ritardo, decise che era arrivato il momento giusto per levarsi quel sassolino dalla scarpa e per cercare di chiudere quella questione una volta per tutte.
Si recò alla cabina telefonica più vicina (un telefonino cellulare era troppo caro, già bastavano le bollette di quello fisso a casa) e compose il numero che le era stato dato su quel foglio che, ormai, era sgualcito e con qualche spigolo piegato.
Primo squillo. Secondo squillo. Terzo squillo.
Dai, rispondi. Poi non richiamo più eh.
-Buongiorno, studio legale del Professore Avvocato Giuseppe Conte, mi dica! Siamo a sua completa disposizione.-
Al suono di quelle parole Carla mise immediatamente giù la cornetta, quasi come se si fosse scottata.
Oh no, ti prego, non può essere. Tra un milione di persone dovevo sfasciare l'auto proprio al mio futuro datore di lavoro?
Diventò bianca come un cencio e sentì che le gambe le stavano letteralmente per cedere. In un attimo vide sfumare davanti ai propri occhi il sogno di poter ritornare a lavorare, partecipare ai processi, assicurare un futuro solido alla sua amata Dindi...Vorrei morire.
NDA: Mi farebbe molto piacere sentire la vostra opinione, magari con un commento o un voto se vi va! Alla prossima
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L'avvocato Conte
Fanfiction"Gentilissima sig.ra Carla Pontillo, in seguito al Suo brillante percorso di laurea cum laude presso la facoltà di giurisprudenza all'università "La sapienza" di Roma in data 14/05/1990, vista la Sua rilevante attività di tirocinio e presa in consid...