Senza respiro

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Dopo aver attraversato le gole della Vergine Muassam, avevamo proseguito per qualche ora, prima di attraccare definitivamente nella città di Lyonnas. Era sorta l'alba e il viaggio era proseguito senza intoppi. Il ragazzino chiamato Samuel era ritornato a sedersi vicino a noi e si era nascosto nuovamente nel cappuccio del suo mantello. Se prima ero rimasto molto sorpreso, ora non sapevo cosa aspettarmi da quei due. Erano veramente ambasciatori?

Quando finalmente eravamo scesi in porto, Mirinda aveva detto che prima di rimetterci in viaggio, dovevamo passare a parlare con una persona. Che ne era dei portali sottomarini? Questa storia cominciava a puzzarmi sempre di più. Decisi di non intervenire subito, e di vedere come si sarebbe evoluta la situazione.

Ormai stavamo camminando da dieci minuti in giro per le viuzze che già pullulavano di venditori e commercianti. La prima cosa che avevo notato quando eravamo scesi era l'incredibile quantità di navi pirata ormeggiate nel porto. Non si facevano problemi a lasciar sventolare la bandiera nera con il teschio. Non avevo mai sentito parlare di Lyonnas, ma molto probabilmente era un centro molto importante per il mercato nero. Ed era così vicino al Regno di Glosbe. Come riusciva mio padre a frenare le incursioni dei pirati? D'altronde eravamo a circa qualche ora di distanza.

Ad un tratto Mirinda si bloccò. C'eravamo addentrati nei meandri di quella città e più circolavamo tra le vie, più le persone diminuivano e più l'atmosfera si faceva misteriosa e minacciosa.

-Che succede?- chiesi io.

-Credo sia per di qui- disse lei imboccando una stradina ancora più piccola.

-Comunque non ho mai visto così tante navi pirata- dissi io rompendo il silenzio. Sentii il bambinetto sbuffare, mentre la ragazza mi rispose secca.

-Siamo a Lyonnas, mica a casa tua. Questa è la capitale dei pirati, dei mercenari e dei cacciatori di ninfe- disse lei seccata svoltando in un vicolo. Ora capivo perché mio padre avesse insistito tanto per farmi studiare geografia, e mi pentivo di non avergli dato ascolto e di aver torturato il mio povero insegnante privato. Quanto ero stato stupido? Non sapevo nemmeno dove mi trovassi! A mala pena conoscevo la geografia del regno di mio padre figuriamoci sapere quali fossero le città importanti e quali no. Ad un tratto Mirinda si fermò davanti ad una porta di legno. Sopra c'era un'insegna con scritto "La cantina di Joes". Doveva sembrare un bar, ma si capiva lontano anni luce che non lo era. Mirinda bussò tre volte e ad un tratto la portà si aprì leggermente. Una mano vecchia e bitorzoluta uscì con il palmo aperto. Mirinda gli appoggiò una moneta d'oro. Nel momento stesso in cui il metallo toccò il palmo, le dita la serrarono stretta nella mano, che sparì chiudendosi dietro la porta. Dopo qualche secondo sentimmo un rumore di catenacci cadere e di lucchetti aprirsi. La porta si spalancò, ma non c'era nessuno. Mirinda entrò sicura, e attraversando a grandi falcate il lungo corridoio. Entrò in una stanzina a sinistra e noi la seguimmo in silenzio. C'era un bancone, un uomo e una miriade di scaffali con tantissimi pacchetti bianchi.

-Nome?-

-Myriamne Januya Heucalypsos- disse lei senza indugio. L'uomo, un individuo che dai vestiti ricordava un maggiordomo, ma dalla faccia, il peggiore dei pirati, annuì e sparì in una porta.

-Quindi non ti chiami Mirinda- sentenziai io. Lei si bloccò un attimo, ma poi si voltò verso di me.

-Già- disse lei puntandomi gli occhi verdi.

-E non sei nemmeno un'ambasciatrice- continuai io.

-Tecnicamente no, ma lo potrei essere- disse lei soffermandosi un attimo a pensare. Beh, la sua sincerità mi semplificava le cose. O forse no. Che senso aveva continuare ad aiutare qualcuno che mi stava solo prendendo in giro?

-E immagino che nemmeno il moccioso qui, sia un ambasciatore- dissi io guardando il ragazzino.

-Io sono un monaco. Porta rispetto, stupido principe viziato- disse Samuel senza nemmeno voltarsi. Beh il fatto che fosse un monaco, a quell'età, era ancora più ridicolo della storia dell'ambasciatore.

L'uomo che era sparito tornò presto con un pacchetto bianco. Miriam, avevo deciso l'avrei chiamata così, si avvicinò al bancone. Prese il pacchetto, lo scartò velocemente e si trovò tra le mani un altro pugnale simile al mio e a quello del bambinetto. Estrasse quello che portava nel fodero, e lo sostituì con quello nuovo. Aveva fatto tutto questo sotto gli occhi dell'uomo, che nel vedere il pugnale, avevano cominciato a luccicare. Non andava per niente bene. Miriam fece un passo indietro e si voltò dando le spalle al bancone. Una delle poche lezioni che avevo seguito con interesse era stata tattica di guerra. Una delle regole base era: mai dare le spalle al nemico, soprattutto se ha un'arma. Miriam aveva dimenticato il vecchio pugnale sul balcone. L'uomo fu molto veloce e l'attaccò di spalle, quando tutto ad un tratto si bloccò. Sembrava non riuscisse a respirare. Miriam invece era immobile, la mano appoggiata sul ciondolo che portava al collo.  

[CONCLUSO] Il Principe Oscuro - La Maledizione dei 12 Jano [SAGA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora