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-Ornitorinco, la smetti di suonare quel fottuto campanello?! Non siamo mica sorde, porco cazzo! - Sbraitò Stella dal citofono. 

Mi fiondai come una pazza su per le scale e nell'ascensore non appena mi sbloccò il cancello d'entrata. 

Per una frazione di secondo nel taxi mi era venuto in mente di farmi portare direttamente a casa, ma alle otto di mattina sicuramente erano tutti già alzati. Ed altrettanto sicuramente mi avrebbero fatto la ramanzina sull'orario in cui tornavo a casa, nonostante i miei ventiquattro anni. 

Perciò avevo fatto fare inversione al taxi ed ora mi stavo catapultando dentro casa di Stella e Sky, con il fiatone. 

L'umore della mora ovviamente non era dei migliori. Oggi la caffetteria aveva il turno di chiusura quindi, come me, anche lei era a casa. E visto com'era vestita ed i capelli scompigliati, l'avevo buttata giù dal letto. 

- Dammi una buona ragione per non prenderti a calci in culo, ornitorinco! - sbuffò mal trattenendo uno sbadiglio.

- Amore, smettila! - Si palesò Sky. Mi venne incontro e mi strinse in abbraccio. - Cosa succede cara? - 

Mi spinse verso la piccola cucina facendomi sedere per poi mettersi a preparare il caffè. 

Ora che ero qui, non mi parve più una bella idea ... le avevo disturbate.

Lei dovette capire i miei pensieri quindi mi incitò con lo sguardo a parlare. 

- Avevo bisogno di vedere qualcuno. - dissi scrollando le spalle. 

- Cazzo! E proprio dai noi dovevi venire a quest'ora !? - Sbraitò Stella.

La sua ragazza le diede uno scappellotto per la testa, facendola grugnire. Poi riservandomi un sorriso, mi mise davanti un pezzo di torta. 

- Lasciala perdere, raccontaci cosa succede... - disse per poi spostare lo sguardo sulla mora socchiudendo gli occhi - Sicuramente deve essere qualcosa di brutto se ti sei fatta tutta questa strada di prima mattina, con dei vestiti non tuoi, delle occhiaie da spavento e la faccia scura. -

Stella alzò le braccia sconfitta, avendo recepito il messaggio. 

Presi un bel respiro poi mi lasciai andare raccontando loro tutto quello che era avvenuto nelle ultime dieci ore. 

Più raccontavo e più mi sentivo bene, come se una parte di me si sentisse sollevata da un peso. Far uscire dalle mie labbra i fatti, li rese ancora più chiari nella mia mente ma nello stesso tempo li esorcizzava. 

 Le due ragazze parlarono poco mentre riportavo i dettagli della notte precedente. Parole come figli di puttana, pezzi di merda e io li ammazzo, ovviamente dette da Stella, fecero da contorno al tutto. 

Sky mi prese tra le braccia, cullandomi con fare materno non appena i miei occhi si fecero lucidi al pensiero delle mani e delle bocche dei ragazzi della confraternita. Le lacrime che non avevo versato la sera prima, ora mi pizzicavano ai lati degli occhi. Anche Stella si unì in quel abbraccio, prima di depositarmi un bacio sui capelli e prendere il pacchetto di sigarette. 

- Emy, non vuoi andare dalla polizia?- mi chiese la bionda, anche se sapevo che lo diceva solo per circostanza. 

Scossi la testa. - Stanno succedendo troppe cose. Non posso pensare anche alla polizia. Non con tutti i casini di mio padre, per lo meno. - 

Volevo evitare il più possibile di riaccendere i riflettori sulla nostra famiglia. Dopo il fallimento della ditta, i giornali non ci erano andati leggeri. Avevano speculato sulle motivazioni della bancarotta, sui mancati pagamenti di mio padre e perfino sulla nostra famiglia. L'avevano additato a uomo senza scrupoli, pronto a tagliare personale con famiglia al solo scopo di risparmiare, oppure come diretto finanziatore dietro alcuni scandali di corruzione nella politica comunale. 

Non Posso AmartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora