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Parcheggiai l'auto in garage, sbattendo la portiera e dirigendomi poi verso l'appartamento al settimo piano.

Durante tutto il tragitto non avevo fatto altro che bofonchiare imprecazioni, tutte alquanto colorite a dire il vero, verso i miei genitori e le loro stupide regole.

La richiesta di Brody mi aveva lasciato spiazzata, ma allo stesso tempo mi stuzzicava l'idea di restare di nuovo sola con lui. Non ero una suora e la mancanza di una relazione fisica si faceva sentire. Ormai erano mesi che non uscivo con qualcuno. Ed era passato più di un anno dall'ultima volta che avevo fatto sesso. Sì, forse Brody non era esattamente la scelta più saggia, ma l'eccitazione che provavo ogni volta che gli ero vicina era innegabile perfino per me.

Quindi stavo per acconsentire quando il cellulare prese a suonare nella mia borsa. Dall'altro capo del telefono mia madre che con tono autoritario mi avvertiva che sarei già dovuta essere a casa, visto che il mio turno era finito da più di un'ora.

Con la faccia in fiamme, mi ero scusata con Brody andandomene alla velocità della luce.

Quando entrai in casa trovai tutti e due i miei genitori seduti al tavolo della cucina, chiaramente mi stavano aspettando. 

- Signorinella, così non va bene. - mi apostrofò mia madre - Credevo di essere stata chiara: le regole si rispettano! -

Di nuovo con la storia delle regole. Ne avevo piene le palle di tutte le sue imposizioni. Presi un grosso respiro per poi risponderle ma non ne ebbi neanche il tempo che ripartì all'attacco.

- Hai finito di lavorare alle dieci, dove sei stata fino ad adesso? Non ti avevamo detto di tornare subito a casa?! -

Cercai aiuto guardando supplichevole mio padre che intanto se ne stava a leggere qualche articolo sul iPad, ma la sua faccia scura e la mascella rigida mi fecero desistere all'istante. Non avevo fatto nulla di male per meritarmi quel trattamento. Non ero una criminale, non spacciavo e non andavo a darla in giro come se non ci fosse un domani, santo cielo! Non erano giuste e corrette le regole che mi imponevano. 

- Ho ventiquattro anni, sono maggiorenne, lavoro ed ho la patente! Non puoi controllarmi come se fossi in galera! Devi smetterla, mi hai stufato! - gridai rivolta a mia madre.

Non ebbi neanche il tempo di accorgermene che in un secondo la mia faccia girò tanto velocemente che barcollai. Mi aggrappai al muro sgranando gli occhi con la bocca aperta, scioccata.

Mio padre si era alzato mollandomi un ceffone. - Non ti permettere di parlare in quel modo a tua madre. Porta rispetto! -

Girai di nuovo la faccia verso di loro come al rallentatore, trattenendo a stento le lacrime. Come si era permesso di alzare le mani?! 

- Chiedi immediatamente scusa e sparisci in camera tua! - urlò. - ORA! -

In quell'esatto momento sentii chiaramente che qualcosa tra me e loro si era appena rotto per sempre. E non era neanche per la sberla, che comunque mi faceva prudere la guancia, era per qualcosa che con il tempo si era logorato ed ora si era strappato del tutto, togliendo un velo che da troppo tempo obnubilava i miei sentimenti. Ingoiai l'amaro boccone, era inutile provare a discutere con loro. Sapevo che non avrei ricevuto delle scuse e che era inutile anche solo provarci. 

Loro pensavano si avere ragione. Punto. Questo non sarei riuscita a cambiarlo. Lo leggevo riflesso sulle loro facce e nei loro gesti. 

Non potevo fare altro che raccogliere i cocci ed andarmene. - S-scusa mamma, non lo farò più. -non c'era un briciolo di verità nelle mie parole. 

- Sarà meglio, signorina. - fu l'ultima cosa che le sentii dire prima di scoppiare in un pianto silenzioso rintanandomi in camera, come un topo che scappa alla vista del gatto.

Non Posso AmartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora