Capitolo 10

49 5 0
                                    

Scendevo le scale quasi saltellando mentre mio padre aveva iniziato a fare il quarto grado a Valentino che rispondeva senza problemi alle sue domande.

Per un attimo mi sembrò che, quest'ultimo, non fosse più neanche intenzionato ad alzarsi da quella sedia mentre mamma lo viziava con dei pasticcini.

Feci due colpi di tosse giusto per richiamare l'attenzione dei tre.

«Certo che per andare a fare due per due ti sei messa proprio in tiro, amore mio»Mi prese in giro mia madre e io la fulminai con lo sguardo.

«Quando tornate? »Chiese mio padre.

Io e Vale ci guardammo e dopo di che lui si affrettò a scrutare l'orario sul suo orologio da polso.

«Tra circa due ore»Gli rispose Valentino e mio padre alzò le spalle.

«Fate attenzione là fuori»

Una volta in macchina incrociai le braccia indispettita.

Lui se ne accorse e, mentre eravamo in viaggio, mi chiese perché stessi tenendo il muso.

«Guarda che lo sai benissimo che sei come un figlio per mamma e papà, se tu venissi più spesso non dovresti passare tutto il tempo ad essere interrogato»Lui accennò una risata e scosse la testa.

«Hai perfettamente ragione, da quando vivo da solo ho ignorato il fatto che ne avessi tre di padri e non uno» E con tre si riferiva a:

-Carlos, il padre di Elia.

-Jean-marc, mio padre.

-Andrea, il suo di padre.

«Lo so che ho ragione»Cominciò a ridere e io feci una smorfia infastidita.

Di sera la città era decisamente meno affollata e io guardavo meravigliata la capacità che avevano le luci di creare un meraviglioso spettacolo.

«Ricordi come fosse il mondo prima della Grande Epidemia? »Provai a chiedergli ma lui mi rispose scuotendo la testa.

«Avevo solo 4 anni... Ti vedo pensierosa, a che stai pensando?»

Mi voltai per guardarlo prima di dargli una risposta «Vivere in queste condizioni mi rattristisce.»

Lui sospirò e mi rivolse un cenno per farmi comprendere che la pensava al mio stesso modo.

Non scambiai nuovamente parola con lui finché non giungemmo alla fabbrica. Lui si apprestò ad accendere le luci di cui avevamo bisogno, e poi, dal bagagliaio, fece spuntare due scatole di pizza.

«Sorpresa! » esclamò con tanto di balletto e io gli rivolsi un sorriso dolce.

«Hai pensato a tutto»

Ci misi veramente 10 minuti a sistemare e pulire.

«Guarda che io ho già finito»Gli feci notare mentre lui sistemava il tavolo in cui avremmo mangiato.

«Lo so che hai già finito. Lavati le mani e poi vieni a mangiare» Misi le mani sulla vita ed inclinai la testa di lato.

«Ehi, non guardarmi così! pensa ad lavare le mani».

Uscii fuori a lavarmi le mani sotto una vecchia fontanella e quando tornai lui mi stava aspettando dondolandosi sulla sedia.

«Mi aiuti con matematica o no? »Gli chiesi sedendomi accanto a lui.

Lui in tutta risposta alzò le spalle mentre aprì la sua scatola di pizza al Prosciutto.

«Iniziamo pure signorina»Gli diedi una leggera spinta con la spalla che ricambiò.

Eravamo due idioti.

Riuscì a spiegarmi qualcosa nonostante io continuassi a prenderlo in giro per il suo tono da finto professore.

«Sei un incubo di alunna Ceci, lo sai?»Chiusi il quaderno e poggiai la testa sulla sua spalla mentre piegavo la pizza per poterla mangiare con maggior facilità.

Lui mi accarezzò i capelli e lo rimproverai perchè lo stava facendo con le mani sporche di pizza.

Nonostante ciò lui non smise neanche per un attimo di farlo e io nemmeno gli chiesi di smettere.

Era sempre stato il fratello maggiore che non avevo mai avuto ma di cui avevo bisogno.

«Come si chiama? »Chiesi mentre lui ci copriva con una coperta dato che la temperatura, all'interno della fabbrica, si stava abbassando.

«Ma chi?»

«La ragazza di cui sei innamorato da sempre, Vale»

Lui si mise a ridere e io mi imbronciai perché non voleva proprio darmi una risposta.

«Perché ti interessa tanto?»io continuai a stringergli il braccio.

«Perché magari mi sta antipatica... Dimmi almeno se la conosco»

Scosse la testa e io gonfiai le mie guance, dandogli un pizzicotto.

«Prova almeno a descrivermela...»

Si massaggiò il mento come se stesse pensando a come rispondere.

«È una ragazza, ha due braccia e due gambe»Gli feci un applauso e lui chinò la testa come per ringraziarmi.

«Non vuoi dirmelo perché sai che lo capirei subito»

«È una ragazza bellissima»Disse poi e io roteai gli occhi, era una considerazione ovvia.

«Non pensavo fossi così superficiale»

«Ed è di una dolcezza infinita.» Stavamo finalmente facendo progressi.

Bevve della Coca cola dalla lattina e poi mi guardò.

«Che consigli mi dai?»mi Chiese e io feci spallucce.

«Sii semplicemente te stesso.. E poi non puoi chiedermelo, non ne so nulla di amore... »

Parlammo ancora a lungo su consigli e via dicendo.

Arrivò perfino a prendere appunti.

Passammo più tempo del previsto assieme, tanto che l'ultima cosa che mi ricordai fu che mi addormentai con la testa sulle sue gambe.

La mattina dopo mi svegliai nel letto di casa.

Mentre cercavo ancora di realizzare come mi fossi ritrovata lì, mio padre urlò che ero nuovamente in ritardo facendomi tornare con i piedi per terra.

Mi sistemai velocemente come un lampo e corsi facendo quasi un volo che avrebbe potuto terminare immediatamente la mia permanenza sulla terra.

Quando uscì di casa trovai la macchina di Valentino posteggiata e capii solo poi che mi aveva aspettato.

Lui mi rivolse un cenno con la testa e io lo guardai con un'espressione di totale devozione.

Mi aveva salvato. 

The Postcard. || La CartolinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora