8 - Marziale Cerutti

32 6 4
                                    

23 Ottobre 1917

Metà mattina. Vinicola Zuliani, a circa 15 km dalla base di Santa Caterina



Benedetta si aggirava tra i tini, dove il mosto stava cominciando a fermentare. La vendemmia, quell'anno, era stata precoce. E il terzo anno di guerra, con il suo carico di mestizia e difficoltà, era riuscito a togliere qualsiasi piacere dalla spremitura, momento altrimenti così gioioso e pieno di allegria.

L'odore nella grande cantina era intenso, quasi fastidioso, ma Benedetta ci era abituata. E amava nascondersi nel salone dei tini quando aveva bisogno di riflettere. E di cose su cui pensare ne aveva tante. Si passò una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio. Sospirò.

Sentì un rumore scoppiettante. Una motocicletta. Forse era lui! Corse fuori nell'aia, incurante della pioggia fine.

La moto arrivò, sollevando schizzi di fango. Il centauro indossava un giaccone da pilota ma i pantaloni della divisa regolamentare con gli scarponcini e i polpacci stretti nelle fasce mollettiere. Era fradicio.

— Cecchino! — esclamò lei, correndogli incontro mentre lui si sfilava gli occhialoni. Dai capelli neri scorrevano piccoli rigagnoli che seguivano le gote e sgocciolavano dal mento. — Ma sei pazzo a venire in motocicletta, con questo tempo? — lo sgridò.

Baracca puntò il cavalletto e, con l'agilità di chi aveva passato una vita sui cavalli, smontò dal mezzo. — Buongiorno, Benedetta!

— Vieni dentro, devi asciugarti!

L'uomo si passò le mani tra i capelli, riportandoli indietro. — Non pensavo piovesse così tanto.

— Dovevi tornare indietro.

— Dovevo vederti.

— Prendevi l'auto.

— No, — ribatté secco, Francesco. — L'automobile di servizio serve alla squadriglia. Non posso usarla per motivi privati.

Lei piegò la testa e alzò un sopracciglio. — Se è per questo, credo che tu nemmeno ti possa allontanare dalla base, a quest'ora.

Un sorriso imbarazzato, di quelli che facevano correre il cuore della ragazza. — È vero. Ma dovevo parlarti. Ho lasciato il comando a Ruffo. E mi tratterrò qui solo pochi minuti.

Lei gli prese un braccio. — D'accordo. Ma ora entriamo: devi asciugarti.

Si misero in cucina. Lei lo fece accomodare davanti alla stufa economica. Aprì lo sportello di sinistra e gettò altri due piccoli ceppi di legno sul fuocherello. — Una tazza di brodo? Un bicchiere di vino?

— Grazie, volentieri. A meno che tu non abbia ancora uno di quei cioccolatini...

Benedetta scoppiò a ridere. — Lo sapevo! Quando me li hai regalati, l'ho capito che ti piangeva il cuore! Certo che li ho: li ho messi da parte!

Lui sorrise di nuovo, abbassando lo sguardo e arrossendo leggermente.

Benedetta scosse la testa. Ogni volta che ci pensava, non riusciva a capacitarsi dei misteriosi sentieri del destino. Di come, per esempio, quel pilota così famoso e rispettato potesse ritrovarsi, bagnato come un pulcino, a mangiare cioccolatini nella cucina di casa Zuliani. Lo osservò mentre lui faceva scorrere l'indice tra le fila ormai scarne dei cioccolatini, allineati nella loro semplice scatoletta di legno.

— Sai chi è capitato qui, l'altro giorno? — disse lei, allegra. — Marziale Cerutti. Quando ha sentito che ogni tanto passi mi ha detto di salutarti tanto. Ha detto che avete volato insieme.

Il CavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora