Capitolo 21 | La vecchia storia d'amore

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Jacopo si alzò dal letto con un gesto secco e rapido. Era madido di sudore e aveva inzuppato il cuscino. Si coricò di nuovo cercando di prendere sonno, ma finì con lo scalciare le lenzuola. Non riusciva a smettere di pensare a quel giorno. Non voleva smettere di pensare a quel giorno. Sentì un'onda di calore impossessarsi del suo viso e qualcosa iniziò a trafiggergli il cuore. E con gli occhi spalancati rivisse tutto.

Ancora.

***

23 ANNI FA

Jacopo aveva appena compiuto diciassette anni. Suo padre, architetto, gli aveva regalato la cosa che più desiderava al mondo: una chitarra elettrica. Una chitarra elettrica professionale di un rosso fiammante. Il ragazzo se la portava in giro ovunque, persino a scuola, e spesso incorreva nei rimproveri dei membri del corpo docente.

«Sarà fantastico» disse Jacopo nel cortile della scuola.

Le lezioni ormai si erano concluse da un pezzo, ma quel giorno non sarebbe rientrato a casa. Aveva già avvisato i suoi. Avrebbe pranzato con qualche panino insieme agli altri membri dei Lost in the City, la band che aveva messo su con Alberto e Damiano. Aveva chiesto anche a Flavio di unirsi, in fondo era bravo con la batteria, ma inspiegabilmente aveva rifiutato. Ormai lo conosceva da anni ed ogni giorno che passava era sempre più introverso. Era il primo della classe e la cosa non lo aiutava affatto nei rapporti con i coetanei: la maggior parte di loro, se aveva a che fare con lui, si comportava in modi ben precisi e che a volte apparivano quasi pianificati, frutto di automatismi collaudati. Una parte di loro evitava come la peste quel buffo ragazzino dalla faccia sporca e dai capelli scompigliati; non lo consideravano alla loro altezza, figli di persone influenti, vere e proprie entità cittadine, regionali e – a volte – statali; gente dal cognome pesante come un macigno. L'altra metà del corpo studentesco non amava relazionarsi con quel secchione, in quanto incuteva loro timore: se ne stava sempre appoggiato sul più vecchio muretto della piazza e osservava i passanti con aria disinvolta e, molto spesso, arrabbiata. Flavio, al di là di tutto, era una persona sola. La persona più sola che Jacopo avesse mai visto.

«Dobbiamo solo esercitarci di più» disse Damiano, caschetto biondo e fisico alto e slanciato.

«E magari trovare un posto che ci consenta di fare più rumore» osservò Alberto. Si toccò i capelli rossicci e disordinati. «La cantina dei miei potrebbe crollare da un momento all'altro».

Jacopo ci rise su e lo stesse fece Damiano.

Mentre le grida e i rumori indistinti tipici della fine delle lezioni proliferavano nell'aria, Jacopo lanciò ancora uno sguardo in direzione di Flavio. Voleva avvicinarsi a lui e chiedergli se gli andasse almeno di sentir suonare la band. Si incamminò verso il suo amico, ma i suoi piedi si piantarono a terra a metà del tragitto.

Giulia si era avvicinata a Flavio.

Era meravigliosa, non c'era che dire. Una ragazzina straordinaria che sapeva esattamente ciò che voleva. Aveva voti altissimi a scuola, un'educazione raffinata e un buon senso dell'umorismo. Le sue doti la rendevano desiderata da molti.

Giulia era un sogno, con quei suoi capelli castani appena spettinati, con gli occhi scuri che con solerzia studiavano il mondo e con il sorriso appena accennato capace di riscaldare il mondo.

Era dunque incomprensibile la sua simpatia nei confronti di Flavio. Era incredibile: a scuola erano sempre appiccicati e da qualche tempo erano anche vicini di banco. Scherzavano in continuazione e lei sembrava essere l'unica persona che avrebbe mai potuto scioglierlo o cambiargli quantomeno l'espressione da brutto ceffo che gli animava – più o meno – il viso.

Gli occhi del buio ||| Alex Fedele - The Red Thread Saga ||| Stagione 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora