INCONTRO

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Costanza stava respirando l'aria fresca e godeva dell'atmosfera lieta che gli riusciva a concedere il verde dell'inizio della primavera. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, lasciando le sue narici ed i suoi sensi essere pervasi da quello che secondo suo fratello era "la bellezza divina". Sfortunatamente la sua quiete fu presto interrotta dall'arrivo del Maestro.

"Maestro, sapete che non voglio essere disturbata quando mi trovo nel cortile nella mia solitudine." Lo rimproverò Madonna Peruzzi tenendo ancora gli occhi sigillati e rimanendo impassibile all'avvicinarsi dell'anziano. Si decise a guardarlo solo quando sentii dei singhiozzi che si facevano sempre più acuti e più forti alle sue orecchie.

"Maestro, cosa vi succede? – gli si avvicinò abbracciandolo – Cosa vi addolora e vi porta a piangere?" chiese la ragazza con l'intenzione di consolare l'uomo.

"Oh cara, mia dolce, piccola Costanza. Non dovete crucciarvi per me, piuttosto per la vostra anima. Mi addolora così tanto dirvelo."

La fanciulla si preoccupò ulteriormente, questa volta però il suo pensiero andò istintivamente a suo fratello, l'unica persona che in quel momento avrebbe potuto rimpiangere.

"Parlate." Disse prima con un soffio di voce, ma, dinanzi al silenzio dell'altro, ribadì il comando, questa volta urlando in preda alla disperazione: "Parlate! Maestro, parlate! Si tratta di mio fratello?"

L'altro si limitò ad abbracciarla, la tenne salda fra le sue braccia cercando di recarle una sorta di conforto. Nessuno dei due osò proferire ancora una parola, ma l'anziano percepì comunque la sofferenza della dama che, a soli sedici anni, aveva perso tutta la sua famiglia, ed ora, sola e con solo lui come punto di riferimento, era come abbandonata in balia di se stessa. Le lacrime scendevano dai suoi occhi lungo tutto il volto come una cascata conclude il suo flusso inarrestabile, mentre il suo singhiozzare sovrastava qualunque altro suono potesse donare quella natura rigogliosa.

"Tornate a Firenze, dovete andare al funerale di vostro fratello madama. Andate e cercate Sandro Botticelli, lui e vostro fratello erano amici, di lui vi potete fidare. Ascoltami bene ora – dicendo ciò la prese per le spalle e la allontanò quanto bastava perché si potessero guardare negli occhi – Costanza, tu sei una ragazza forte, lo sei sempre stata, ora la tua famiglia è senza eredi. Dovete essere voi a darglieli. Sposatevi con un potente signore, concludete la vostra vita a Firenze, Padova non è più una casa per voi."

"Avete ragione, Maestro. Mio fratello inoltre non vorrebbe vedermi così, lui desidererebbe vedermi forte e determinata, proprio come mi aveva lasciata tre anni fa. Mecum semper erit."

Recitò le ultime parole stringendo il medaglione che portavo al collo, il suo ultimo dono, escluse le numerose lettere. Era certa che lui avrebbe mantenuto la promessa fatta: anche se non avrebbe potuto abbracciarlo una volta arrivata nella loro città natia, il suo spirito tuttavia sarebbe sempre rimasto attorno a lei, a custodirla e proteggerla come un angelo custode.

Si mise immediatamente in viaggio accompagnata da alcuni servitori che in breve avrebbe costretto a tornare alle loro vite quotidiane lontane dalla famiglia Peruzzi. Dopo quasi più di un giorno di viaggio arrivarono nella città della bellezza dove, sfortunatamente, era già avvenuto il funerale di Tommaso. Non appena giunse a destinazione si diresse verso il cimitero. Non si fermò nemmeno un secondo ad ammirare le opere di Firenze, nemmeno il suo fascino aveva più il potere di incantarla. Scese dal cavallo ma proprio quando fu sulla soglia del suolo sacro esitò alla vista di un ragazzo poco più grande di lei. Portava dei capelli marroni scuri corti ed un mantello di stoffa probabilmente pregiata. Non riuscii ad osservarlo meglio poiché dopo qualche minuto, in cui Costanza rimase sulla soglia, lui non si era voltato nemmeno una volta. Il suo capo era sempre rimasto chino sulla tomba di Tommaso, mentre le mani erano congiunte per pregare. Nessun suono proveniva dalla sua bocca e quello stesso silenzio, che prima era solo un segno di tranquillità e pace per Madonna Peruzzi, ora era unicamente una straziante evidenza della sua totale solitudine, anzi, le dava addirittura la sensazione di trovarsi sempre più vicina alla disgrazia, circondata dalla morte. Quando l'attesa divenne insopportabile per lei, ignorò la figura ancora accovacciata e si mise al suo fianco.

"Réquiem aetérnam dona eis, Dómine,
et lux perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace."

Recitò la fanciulla abbandonandosi nuovamente al suo dolore. Non riuscì a concludere la preghiera, dunque l'altro lo fece al posto suo "Amen". Solo allora Costanza si rese conto che il ragazzo che, fino ad allora aveva visto essere impassibile, in realtà stava piangendo, anch'egli straziato dalla morte di Tommaso.

Si voltò guardando volto dello sconosciuto, i suoi lineamenti duri e marcati e la sua pelle candida erano arrossati per il pianto, mentre i suoi occhi marroni sembravano due pozzi oscuri senza un fondo, i solchi sotto ad essi conferivano al giovane una bellezza quasi esaurita. Era però evidente che il suo aspetto fosse condizionato dalla difficile situazione in cui entrambi si trovavano. La orfana prese dalla sua tasca un fazzoletto bianco e candido, ancora perfettamente pulito. Avvicinò la sua mano al volto dell'altro e delicatamente, cercando di non indispettirlo e non allontanarlo, lo strofinò sulle guance rosse ma allo stesso tempo fredde per la brezza primaverile. Con molta calma e cercando invano di trattenere le proprie lacrime, asciugò le sue. Prima che riuscisse a finire, il moro si alzò mostrandosi in tutta la sua altezza e il suo fascino. Lei aveva ancora il braccio disteso verso quella figura misteriosa che inaspettatamente le prese la mano, sorridendo, toccò il tessuto bagnato e lo tenne saldamente nel proprio palmo. Costanza lo lasciò facendo cadere il proprio braccio lungo il corpo ed in fine sotto al mantello, per poi congiungere le mani, chiudere gli occhi e riprendere a pregare per Tommaso.

"Pater noster, qui es in cælis:
sanctificétur Nomen Tuum:
advéniat Regnum Tuum:
fiat volúntas Tua,
sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum
cotidiánum da nobis hódie,
et dimítte nobis débita nostra,
sicut et nos
dimíttimus debitóribus nostris.
et ne nos indúcas in tentatiónem;
sed líbera nos a Malo.

Non appena si interruppe, calò nuovamente il silenzio. Il ragazzo era andato via e ora lei poteva finalmente rimanere sola con suo fratello.

"Mihi vim da, ut ego sine te vivere possim" baciò il marmo freddo e duro della lapide. Dopo aver dato quello che probabilmente sarebbe stato l'ultimo saluto alla persona più cara della sua vita, si allontanò. Non aveva alcuna certezza riguardo al suo futuro, non conosceva Firenze e non sapeva se avrebbe potuto vivere in un mondo di intrighi e giochi politici. Lei non era Tommaso, e non pensava nemmeno che lo avrebbe mai potuto eguagliare.

I Medici - Piero de MediciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora