Uno: Where do broken hearts go?

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Barba incolta, occhi bagnati, acquosi, sguardo tetro e triste, labbra increspate, naso arricciato e sopracciglia corrugate. Capelli miele e spettinati, troppo lunghi per essere quelli di un normale ventenne di Doncaster.

Questo era tutto ciò che Louis vedeva quando rifletteva la propria immagine allo specchio.

Era sempre lo stesso, non cambiava mai, solita espressione, solito umore, solita vita. E forse era proprio di tutta questa monotonia che si era stancato.

Viveva in quel paesino da quando era nato, lì aveva detto le sue prime parole, mosso i suoi primi passi, studiato, cresciuto, amato e persino odiato, odiato persone che solo al pensiero gli facevano venir voglia di tirare un pugno al muro.

Aveva una famiglia piuttosto strana, composta da sua madre Johanna e le sue quattro sorelle: Lottie, quella stronza, Fizzie, quella pettegola e Daisy e Phoebe, le gemelle; con loro aveva un rapporto complicato, credeva di amare tutte e cinque per un secondo circa all'anno, poi era pura indifferenza. Si era stancato decisamente anche di loro.

Questa stanchezza, questa tristezza, lo portarono a prendere la decisione di mollare tutto e di andarsene, aveva finito gli studi, non voleva andare al college e odiava tutto, quindi perchè no? L'unico problema era che in una casa di sei persone non puoi fuggire di soppiatto, qualcuno ti beccherà sempre prima che tu riesca a farla franca, per questo Louis andò dalla madre per comunicarle la sua irremovibile scelta e non avrebbe ascoltato ciò che lei avrebbe avuto da ridire.

-No, no e no, non te lo lascerò fare, mai e poi mai -Johanna ovviamente ebbe la reazione che il ragazzo si era già immaginato

-Mamma ascolta, io non sono qui per chiederti se posso andarmene, te lo sto dicendo perchè lo farò, punto e basta.

-Non puoi lasciarmi sola! Non puoi andartene e lasciarmi con le tue quattro sorelle!

-Hai scelto tu di rimanere quattro volte incinta.

-Sai cosa intendo. Il mio solo stipendio non basterà -disse la donna abbastanza innervosita dal tono calmo e pacato del figlio.

-Mamma ma tanto io non ho un lavoro, non c'è un cazzo di niente in questa città! -Louis cominciò ad alzare la voce, non ne poteva più dei tentativi vani della madre, voleva farle capire che mai e poi mai avrebbe cambiato idea.

-Lou tu sei l'uomo di questa casa, mi dovrai pur dare una mano!

-Non ho scelto io di essere l'unico uomo di questa casa!

-Non ho scelto io che tu lo fossi!

-No, ma che differenza fa ormai? Lui se n'è andato lasciando tutti quanti nella merda, io non ho voglia di vivere nella sua merda se permetti! Voglio vivere la mia cazzo di vita come si deve, mamma, ho vent'anni, sono stufo di quello che mi circonda in questo momento e le tue lacrime non serviranno a fermarmi! -sbraitò Louis notando le righe di lacrime che stavano imperlando le guance di Johanna.

-Vattene allora, ma fammi il favore di non tornare più. Mai.

-Se è questo che vuoi sarò felice di accontentarti -e detto questo si diresse nella sua stanza dove lo attendevano la sua valigia e un borsone con dentro tutta la sua roba.

Passò nelle camere delle sorelle e le salutò come se stesse semplicemente andando a fare una passeggiata, con un cenno della mano. Una volta arrivato alla porta si girò e guardò dritto negli occhi la madre, la quale incapace di trattenere altre lacrime distolse lo sguardo.

Guardò per l'ultima volta il posto dove aveva trascorso vent'anni della sua vita e poi varcò la soglia e chiuse la porta di quella prigione che non aveva mai avuto il coraggio di chiamare seriamente 'casa'.

Era arrivato in aeroporto con un taxi e ora si ritrovava a fissare il tabellone dei voli. Non aveva proprio pensato a dove avrebbe potuto andare.
Tokyo. Odio il giapponese e i giapponesi mi danno sui nervi.
New York. C'è decisamente troppo chiasso e mi stuferei dopo poco.
Roma. Visiterei per un mese i musei, e poi?

Parigi. Lo aveva sempre attratto quella città, il suo fascino, il suo stile. Era intrigante e..diversa dal resto.

Corse verso uno sportello e si rivolse ad una delle assistenti di fronte a lui: -Un volo per Parigi, il primo che parte.

Sunflower - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora