Un click e poi più nulla.
Quel rumorino quasi impercettibile risuonò nelle sue orecchie solo dopo aver visto quel ragazzo così bello, semplice e puro scappare via si rese conto di ciò che aveva fatto, della foto che gli aveva scattato.
Ma perchè mai avrebbe dovuto farlo? Perchè avrebbe voluto conservare, in un certo senso?
E, soprattutto, perchè Louis non lo aveva rincorso quando se ne era andato? Si sentiva così stupido a pensare quelle cose, ma non sapeva nemmeno spiegarsi come quelle domande sorgevano in lui.
Dimenticò tutto quando si affacciò alla torre per godersi la vista. Era spettacolare.
Si sentiva forte, potente, mai nella vita aveva potuto provare emozioni del genere e il solo poter vedere che era arrivato in cima in qualcosa nella sua vita lo riempì di..speranza.
Sì, si sentiva speranzoso, fiducioso, si sentiva come se avrebbe potuto finalmente compiere qualcosa di importante.
Quel viaggio, anzi, la sua nuova città, quella dove di certo avrebbe passato gran parte della sua vita, cominciava seriamente a piacergli. I suoi desideri e i suoi sogni si stavano finalmente concretizzando e avrebbe voluto dirlo a qualcuno, a tutti, gridarlo al mondo, ma non aveva nessuno; la solitudine in un certo senso lo aveva sempre accompagnato e gli era andato bene, ma ora non gli bastava più, aveva bisogno di qualcuno che portasse i colori nel suo film in bianco e nero.
Era stufo di vedere scuro da un occhio e grigino dall'altro, aveva bisogno di qualcosa come una macchia gialla, proprio come quella che vedeva in lontananza, molto molto lontano, ma Louis era ipermetrope e aveva davvero quella che si dice una "vista da falco"; era qualcosa di grande, maestoso e giallissimo, di quel giallo che ti sa trasmettere solo allegria. Aveva bisogno di esaminarlo da vicino, ma si stava facendo tardi e doveva tornare al motel, anche perchè la fame chiamava.
Mentre scendeva le scale ammirava l'architettura della Torre Eiffel, quei 18.038 pezzi di metallo forgiato incastonati insieme e uniti da più di due milioni di rivetti incandescenti lo avevano sempre colpito, sin da quando aveva studiato a scuola la sua storia, come fosse nata, il perchè non l'avessero distrutta dopo l'Expo.
La cosa che lo affascinava maggiormente erano le incisioni sui bordi del primo piano: non avevano nulla di speciale in fondo, ma gli era piaciuta tantissimo l'idea di omaggiare 72 uomini francesi in tale modo, lo faceva sempre sorridere. Una volta percorsi tutti i 1665 gradini si fermò a contemplare dal basso quella meraviglia che gli stava sopra.
Sì, stava seriamente cominciando ad amare Parigi.
La sua mente tornò alla chiazza gialla che aveva avvistato poco prima: che cosa avrebbe mai potuto essere, cosa di così fulminante poteva stare al centro di un immenso prato? La curiosità cresceva dentro di lui a dismisura, l'eccitazione, i brividi sulla pelle si facevano più intensi, la voglia di sapere, conoscere ed esplorare lo divoravano come i leoni fanno con le gazzelle e Louis pensava proprio di poter morire da questa sua voglia, ma purtroppo si ricordò che ciò di cui sarebbe morto più recentemente se non si fosse mosso, sarebbe stata la fame.
Si incamminò a passo lento e leggero come una libellula verso quella che ancora non voleva chiamare casa, ma che comunque temporaneamemte lo era e sorrise, sorrise di una gioia pura e cristallina, senza un vero motivo per cui farlo, forse perchè era semplicemente felice, o forse perchè aveva voglia di sorridere; nemmeno lui conosceva la ragione per cui stesse sorridendo, ma scoprire quei suoi quadretti così bianchi e lucenti gli era sempre piaciuto farlo.
Si guardava intorno cercando di memorizzare più particolari possibili, esaminava ogni edificio, ogni cartellone pubblicitario, ogni nome delle vie, tanto per conoscere un po' la sua nuova città.
Sì, Louis era un ragazzo molto curioso, aveva sempre voglia di imparare qualcosa di nuovo.
Quando era ancora immerso nella sua analisi del posto, arrivò al motel.
Entrò e si diresse verso il ristorantino che stava al piano terra e si sedette ad un tavolo, da solo. Ordinò delle cosce di rana, la specialità del posto che non tardò ad arrivare; non ne aveva mai assaggiate, ma dovette ammettere che erano davvero buone, o, più che altro, se chiudevi gli occhi non ti accorgevi nemmeno fossero di rana, anzi, sarebbe sembrata carne che mangia chiunque, come coniglio o pollo.
Bevve molta acqua, quella era stata una giornata sfiancante e recuperò tutte le sue forze grazie all'acqua. Louis beveva sempre molto. Era uno di quei tipi che mangiava poco e beveva tanto, più che altro perchè non aveva mai fame.
Aveva un fisico molto asciutto, due gambine esili e braccia magre, ma muscolose, tutto merito delle sue sorelle che ai tempi gli saltavano in braccio. Quella era la prima volta che pensava alle sue sorelle, alla sua famiglia.
Era normale avere un minimo nostalgia di casa, ma non si era affatto pentito delle scelte che aveva preso, anzi, ogni minuto che passava era sempre più contento.
Si alzò dal tavolino che aveva occupato e si diresse verso la sua camera. Aveva bisogno di dormire, ma la sua testa in quel momento era piena di pensieri e rompicapi impossibili da risolvere o addirittura da spiegare.
Che poi i rompicapi erano dovuti semplicemente al riccio senza nome. Quel maledetto gli stava facendo surriscaldare il cervello talmente tanto le sue rotelle stavano girando.
Decise che un tè lo avrebbe distratto, ma poi si ricordò che in quella camera non aveva niente di niente e l'unica cosa che gli rimase fu stringersi nelle coperte ed addormentarsi.
Avrebbe preso certamente un tè l'indomani.
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Sunflower - Larry Stylinson
FanfictionGres. Una persona attirò il suo sguardo. Non l'aveva vista quando era entrato. Era un ragazzo alto, capelli ricci e scomposti, fissava il cellulare, ma non digitava niente, lo guardava insistentemente e basta. A tracolla portava una macchina fotogra...