Capitolo I

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Un raggio di sole penetrò dall'unica finestrella della cella andando a scontrarsi con il viso sporco di polvere della bella Maria Isabella. Infastidita dalla luce spalancò le palpebre sfregandosi gli occhi, scrutò per l'ennesima volta le quattro mura che la tenevano prigioniera. La pietra ruvida a vista, la finestra con vecchie inferiate di ferro battuto e la porta in legno, rinforzata anch'essa con del ferro, assomigliava tutto alle celle di Castel Sant'Angelo, ma sapeva di non essere lì. A Roma, in una di quelle anguste celle antiche sicuramente turisti e visitatori avrebbero sentito le sue grida disperate che qualche ora prima avevano chiesto aiuto. Qui invece si udiva solo il rimbombo di quelle urla. Per un attimo la mente la fece ritornare ad una lezione di storia dell'arte e rammentò la storia di Beatrice Cenci, giovane donna romana incarcerata  proprio a Castel Sant'Angelo con l'accusa di patricidio. Maria Isabella non aveva mai compiuto un atto così efferato per meritarsi questa incarcerazione. Era sempre stata una ragazza ligia al dovere sia all'università, dove studiava beni culturali sia nella vita extrascolastica. Il suo carattere introverso e diffidente l'avevano portata a vivere in una bolla di sapone, lontana dalla criminalità, dalla droga e dalle compagnie sbagliate. Si domandava cosa avesse combinato, a chi avesse fatto un torto per dover stare sdraiata su una scomoda brandina con una coperta vecchia e impolverata. 

Mentre lo stress le offuscava la mente con questi pensieri qualcuno avanzò in direzione della sua stanza. La porta si spalancò con un gesto rapido seguito da un tonfo, che fece sussultare Maria Isabella riportandola alla realtà. Una donna sulla sessantina avanzò nel suo completo da inserviente, camicia blu scura e gonna lunga oltre il ginocchio del medesimo colore, decorata da un grembiule ricamato in pizzo bianco. Non era alta più di un metro e cinquanta ed era di corporatura robusta, ma ciò che colpì di più la giovane prigioniera era il volto della signora; arcigno e dai lineamenti duri scalfiti dal tempo, sembrava essere severa e sicuramente poco empatica. 

Senza proferire parola porse a Maria Isabella un vestito corto e bianco con il quale poter sostituire la maglietta grigia sgualcita e i jeans sporchi di terra e polvere. Un barlume di speranza si accese sul volto della ragazza che in un impeto di coraggio si mise a sedere sulla brandina e  domandò: <Mi scusi, ma io davvero non capisco perché mi avete trascinata fin qui>. In effetti era stata assalita alle spalle mentre tornava al suo appartamento. Quel pomeriggio la lezione si era protratta fino a tarda ora costringendola a imboccare con il buio gli angusti vicoli che l'avrebbero riportata a casa. Il rapimento era durato pochi istanti. Qualcuno dopo averla immobilizzata da dietro con un braccio intorno al collo l'aveva costretta tra le braccia di Morfeo con un fazzoletto di tessuto imbevuto di cloroformio. L'ultima cosa che ricordava del rapimento era la mano del suo assalitore, con un tatuaggio, una "J", sul dito medio  e uno sulla mano, forse un motivo tribale, poi sprofondò nell'oblio. 

La donna scosse il capo, ma prima di uscire dalla stanza aggiunse:<Ti spiegherò tutto a tempo debito>. Quella frase enigmatica suscitò un brivido in Maria Isabella, un po' incerta decise di cambiarsi i vestiti mentre studiava la sua situazione, si sentiva spacciata, in trappola.

Appena il sole tramontò, ore dopo l'incontro con la donna così misteriosa, qualcuno bussò alla porta poco prima di aprirla. Maria Isabella si aspettava fosse di nuovo la signora nel suo completo blu, invece un ragazzo giovane e di bell'aspetto si rivelò ai suoi occhi. Lei con il suo metro e sessantacinque sembrava essere di fronte ad una roccia, il giovane era alto trenta centimetri in più di lei, dalla maglietta attillata si poteva intravedere il fisico atletico e muscoloso. Risalendo con lo sguardo Maria Isabella poté posare lo sguardo in quello dell'uomo, gli occhi erano due profondi pozzi neri dall'espressione rassicurante. Per un attimo la giovane prigioniera non ebbe paura. 

Quella sensazione di tranquillità venne spazzata via quando il ragazzo prese una corda dalla tasca, istintivamente Maria Isabella fece un passo indietro <No, per favore> sussurrò. 

<Ascoltami> proferì il suo carceriere <Sono Lars, posso chiamarti Bel? So che i tuoi amici ti chiamano così> quando ottenne l'attenzione di Bel, facendola distrarre dalla presenza delle corde proseguì <Non voglio farti del male, nessuno vuole fartene. Ora dobbiamo andare in un'altra stanza e per sicurezza ti metterò queste>. Mentre Lars parlava con tono calmo Bel si chiedeva come "non fare del male" potesse coincidere con rapire qualcuno, ma non fece in tempo ad aprir bocca che subito il ragazzo si avvicinò ad un soffio dal corpo di lei. Con un gesto gentile prese entrambe le mani della ragazza nelle sue, calde e callose, prima di legarle con i lacci. <Adesso per favore seguimi> disse accompagnandola con una mano sulla spalla fuori dalla stanza, poi lungo un corridoio spoglio e scarsamente illuminato da qualche lampada alle pareti. 

L'ala di quella che sembrava essere una vecchia cascina o un castello in cui venne portata era totalmente diversa, più moderna, così come la porta scorrevole davanti la quale si trovavano ora. Quando la porta si spalancò al di là di essa riconobbe il volto severo della signora di prima. Lars le slegò le mani, adesso non sarebbe scappata, quella zona era altamente sorvegliata da uomini mercenari altamente addestrati. Nel giro di un minuto Bel si ritrovò libera dalle corde, ma chiusa nella stanza con Lars e la donna. <Chiamami pure Signora> prese parola quest'ultima <sono la coordinatrice delle ragazze di questa tenuta, mi occuperò della tua salute e preparazione>. 

Bel non ci stava capendo proprio niente così la interruppe <Io non sto capendo, veramente non so di cosa lei stia parlando>. La Signora allora aprì un ulteriore porta, ai loro occhi apparì uno scenario che a Bel fece sgranare gli occhi.

Dieci ragazze erano all'interno della stanza con un enorme vasca da bagno centrale, totalmente nude si prendevano cura del loro corpo. Alcune erano sedute intente ad acconciarsi i capelli, altre invece erano sul bordo della vasca e si lavavano a vicenda con abbondante sapone. <Come dicevo, mi occuperò della tua salute, in questa stanza dovrai depilarti totalmente ed effettuare dei trattamenti di bellezza> disse la Signora <Le altre ragazze ti daranno una mano, anche loro sono di proprietà del mercato nero di vergini del Signor Marcelo>. 

Fu allora che Bel non trattenne più un conato di vomito, corse nella stanza e vomitò nel primo vaso che trovò. Subito una delle giovani accorse per aiutarla tirandole indietro i capelli corvini e sussurrandole <Non preoccuparti, ti abituerai>. 

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Buonasera a tutti, 

Vi ho scritto il primo capitolo della prima storia per darvi un assaggio di quello che succederà alla nostra Isabella, tra qualche giorno pubblicherò il secondo piccantissimo capitolo sperando che qualcuno si appassioni!

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