Capitolo VIII

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Lars mantenne la promessa fatta a Isabella. Tornò per la cena seguente, per quella dopo e per quella dopo ancora. I due iniziarono a vedersi regolarmente per più di una settimana. In quelle occasioni non mancarono mai le conversazioni, le quali, andando avanti con le serate, divennero sempre più appassionate ed interessanti. 

Tra le mura della proprietà, circondate da uomini armati, il tempo trascorse inesorabile. I giorni, tutti uguali gli uni agli altri, si succedevano seguendo un'inflessibile routine.  Maria Isabella aveva memorizzato ogni azione. Appena il canto del gallo segnava il termine della nottata di riposo, la Signora le portava la colazione. Poi si recavano nel salone e lì, con le altre donne, l'ultima arrivata trascorreva la maggior parte delle sue ore. Ogni individuo, come un burattino, ripeteva sempre gli stessi gesti con una calma imperturbabile. Persino le altre ragazze sembravano fare le medesime cose tutti i giorni. 

Isabella non riusciva ad abituarsi alla forzata monotonia che vigeva nella villa. Trascorreva la maggior parte della giornata in piedi, di fronte alla finestra. Chiusa  in un mutismo selettivo, attendeva che calasse nuovamente la sera per tornare nella sua cella. Aveva imparato ad apprezzare le pareti di pietra, il suolo impolverato e l'odore di chiuso e muffa. Nella prigione la Signora non l'avrebbe tormentata con la sua presenza ostile o le ragazze con il loro vuoto chiacchiericcio. Più di ogni altra cosa Bel bramava la compagnia del norvegese. Solamente nella celletta angusta i due giovani potevano dialogare indisturbati, lontani da occhi indiscreti. 

Lars le raccontò veramente quali furono gli "inconvenienti" che aveva vissuto. Parlò a lungo di sparatorie e pestaggi. Isabella lo ascoltava affascinata, come se stesse seguendo un interessante audiolibro poliziesco. Una scena in particolare impressionò di più la ragazza: la prima volta che Lars sparò a un uomo. Il racconto di lui le rimase scalfito nella mente: <Avevo da poco compiuto diciotto anni ed ero in Messico. Il Signor Marcelo aveva dei contatti con i piani alti del Cartello del Golfo e io dovevo solo contrattare con i pezzi grossi. Purtroppo i Los Zetas,  un gruppo di uomini in contrasto con il Cartello, non furono molto d'accordo. Desideravano radere al suolo il Cartello distruggendo le loro fonti di guadagno. Ogni possibile uomo d'affari, che desiderasse stringere accordi con il Cartello, doveva essere spaventato o eliminato. Sono riusciti a rintracciarmi, io ero inesperto e non immaginavo nemmeno che mi sarei ritrovato in mezzo ad una sparatoria. Per minacciarmi mandarono due loro scagnozzi armati.  Spararono qualche colpo per aria o ai miei piedi per intimidirmi. Mi sono fatto prendere dal panico, ho afferrato la pistola anch'io e ho sparato, colpendone uno in pieno petto. L'altro se l'è data a gambe, mentre attorno al compagno si formava una pozza di sangue. Lì, disteso a terra, continuava a ripetere una frase "Juanita, perdoname, Juanita". Sembrava la preghiera o il lamento disperato di chi sta per esalare il suo ultimo respiro. Non so se stesse chiamando la madre, la moglie o la figlia, ma non ce l'ho fatta. Non l'ho lasciato ad una morte certa. Con la mia maglia ho tamponato la ferita e in qualche disperato modo sono riuscito a salvarlo. Non so come si chiami, non so nulla di lui e non mi interessa. Ma so chi sono io e non sono un assassino>. 

Quelle parole smossero Isabella nel profondo. Fecero scattare una scintilla in lei. Si rese conto di avere di fronte una persona con un animo buono. Nel suo cuore nacquero sensazioni positive, generate da un senso di consapevolezza. Da Lars dipendeva la sua vita e aveva fiducia in lui. Il norvegese avrebbe potuto riferire del tentativo di fuga. Avrebbe potuto percuoterla e punirla,. Invece si stava prendendo cura di lei. Le aveva bendato le mani, le cedeva sempre la propria cena, le parlava e ciò le permetteva di non impazzire. Tutti questi piccoli gesti alimentarono la favilla che si era accesa in Maria Isabella, conducendola a nutrire sentimenti d'affetto nei confronti di Lars. 

Anche quella sera, preciso come un orologio svizzero, Lars si recò da lei. La trovò stesa sulla brandina, un braccio le copriva gli occhi, mentre l'altro era comodamente appoggiato sullo stomaco. Appena la vide un sorriso increspò le labbra del mercenario. Spese qualche secondo ad osservarla. Notò i capelli leggermente arruffati, che le donavano un'aria più selvaggia, così come le macchie di sabbia o polvere sulla felpa bianca. Isabella non si mosse quando sentì la pesante porta aprirsi. Sapeva che ad essere entrato era Lars, lo stava aspettando. 

<Oggi riso in bianco e merluzzo- guardò meglio il piatto -credo. Mi dispiace, ma la cuoca ci sta mettendo tutti a dieta a quanto pare> scherzò il ragazzo per attirare l'attenzione di Bel. Subito lei si mise a sedere torcendo il naso, dall'odore non sembrava di certo pesce fresco. Con la mano gli fece segno di accomodarsi in parte a lei mentre sussurrava <Non ho molta fame>. <Devi mangiare, altrimenti la Signora verrà qui di persona a farti ingoiare ogni briciole. Già quello che danno è veramente poco, se lo rifiuti anche come pensi di reggerti in piedi?> le domandò retorico Lars. Isabella lo colse alla sprovvista con un'altra domanda <Come mai tanta premura nei miei confronti?>

Il ragazzo si sistemò i capelli ribelli e fece scivolare una mano dietro al collo, massaggiandoselo. Stava prendendo tempo per ponderare le parole, non sapeva come esprimersi senza essere frainteso. <Quando ti ho vista per la prima volta eri sola, indifesa, aiutarti mi ha fatto sentire meglio con me stesso> disse solamente. "E perché sono terribilmente attratto da te" omise questo pensiero, che aveva iniziato a maturare dal primo istante in cui vide Isabella. 

Gli occhi color smeraldo della giovane si soffermarono ad osservare i lineamenti di Lars. L'arco mandibolare squadrato donava un'aria decisa al volto e la leggera ricrescita della barba lo rendeva affascinante. Maria Isabella si fece guidare dal proprio istinto. Chiuse gli occhi e sfiorò le labbra del norvegese con le sue. Erano sottili, morbide e travolgenti.

Lars indugiò. La desiderava, ma aveva il timore che lei non lo volesse realmente. Ad ogni modo era stata Bel, di sua spontanea iniziativa, a prendersi quel bacio. Senza pensarci ulteriormente approfondì il dolce contatto. La sua lingua si insinuò tra le labbra carnose di Isabella e iniziò a giocare con quella di lei. Le bocche si incontrarono più volte, lottando nel torpore. D'un tratto il bacio si fece indomito, una tempesta, un incendio. Non capirono chi dei due conducesse quella danza meravigliosa. Erano certi di una cosa soltanto, entrambi non riuscivano a fermarsi. 

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Eccoci di nuovo qui con un altro capitolo!

I due si staranno innamorando o Bel sta lentamente impazzando in quella cella? Ma soprattutto in cosa sfocerà questo bacio appassionato?


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