Cap 3 - Isola dei miei sogni

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                    Marcello seccato prende il telefono

-"Pronto, Kevin?"- Nessuna risposta dall'altro lato, -"Kevin, pronto, non essere idiota, mi compare il tuo nome!"- rumori di fondo poi all'improvviso una risata agghiacciante, la voce non era quella di Kevin né degli altri suoi amici, sembrava più una voce femminile.                                                             -"Chi diavolo si diverte a farmi sti scherzi?"- Marcello chiude la comunicazione e torna a sdraiarsi sul letto dove stava beatamente riposando.

                   Il telefono riprende a squillare, sul display il nome di Kevin, di nuovo.  -"Kevin? Dimmi!"- un rantolo come se la persona dall'altra parte del telefono stesse morendo soffocato, non riusciva a capite bene ma quello che a lui sembrava un rantolo era invece un modo strano di parlare, la voce diceva qualcosa ma lui non riusciva a capire  -"grro ... rrir... reteee  tu....ttiii  grrrr.... mmmoooooooooo ..... rirrrrrrreet........eeeeeeee      pes...teee...ggrrlll"- Marcello sconvolto lascia cadere il telefono a terra, il viso improvvisamente pallido, le mani gli tremavano, gocce di sudore gli si formavano sulla fronte e scendevano lungo il viso, lo stomaco in subbuglio, improvvisamente uno stimolo di vomito, corre barcollando fino in bagno, arriva appena in tempo sulla tazza del cesso rimettendo pure l'anima, si rialza bestemmiando, nella corsa ha dato una ginocchiata ai piedi del letto facendosi un male bestiale!

                -"Kevin, che scherzo di merda mi ha fatto e io ci sono cascato come un idiota, quella voce era davvero terrificante!"- Raccoglie il telefono e chiama subito il suo amico che risponde quasi subito. -"Kevin, ti sei divertito poco fa? Scommetto che siete tutti e tre a ridere alle mie spalle!"- Kevin sorpreso rimane senza parole, effettivamente trovava strana la telefonata del suo amico, ha provato a chiamarlo è vero ma, non ha avuto nessuna risposta. -"ehi amico, calmati un po'"- risponde Kevin -"Che diavolo ti ha preso? Che vuol dire quello che hai detto?"- 

                 -"Mi prendi per il culo? Poco fa hai chiamato..."- 

                 -"Poco fa?"- lo interrompe Kevin -"guarda che ti ho chiamato ieri e non poco fa, sei ancora ubriaco?!"-




Marcello infuriato controlla il telefono, va sulla lista delle chiamate, controlla la data, verifica l'ora, MALEDIZIONE, è vero, ha ragione Kevin! -"porca troia, poco fa mi è arrivata una telefonata, sul display è apparso il tuo nome, ho risposto e invece della tua voce ho sentito un rantolo confuso, sembrava una voce femminile che cercava di dire qualcosa!"-    Crrrrr- Crrr , disturbi sulla linea, crrr-crrrriiiiii  .

                -"Marcello, ti sento disturbato Marcello!"-  La linea si interrompe, Kevin preoccupato prova a richiamare ma nulla, irraggiungibile. Velocemente chiama Luigi e telefona a Oreste per andare tutti insieme dal loro amico per controllare che tutto sia a posto. 

                 Una mezz'ora circa più tardi, i tre ragazzi erano a casa di Marcello, la sua auto era parcheggiata davanti casa, da fuori sembrava tutto tranquillo, eppure vi era un'aria strana, nonostante fosse una bella giornata soleggiata, l'aria era fredda e carica di ozono come quando si appresta un temporale con tutti quei fulmini, senti l'aria elettrica, era la sensazione che ci pervadeva a tutti noi. Il nostro amico viveva in una villetta bifamiliare, vi era una piccola rampa di scale per arrivare al piano rialzato e al portoncino d'ingresso. La porta era socchiusa, brutto segno, pensavo, il silenzio era totale, nessuna radio o tivù accesa, nessun rumore, nulla di nulla.

               -"Marcello, siamo noi, dove sei?"- con voce strozzata chiedeva Oreste -"Dai non fare il coglione, non siamo in vena di scherzi, fatti vedere!"- Una volta entrati in casa, il portoncino d'ingresso dava direttamente nel salotto, i tre amici lo videro li, fermo immobile, con la bocca spalancata, occhi sbarrati fissi nel vuoto, poi ci siamo accorti che dalla bocca in realtà usciva un lamento, ci siamo avvicinati a lui, ma egli non ha mosso un dito, come se non ci avesse nemmeno visti o sentiti arrivare. Mi avvicino al suo viso che fare qualcosa e mi accorgo che quello che sembrava un lamento era una specie di canto o meglio una nenia o specie di ninna nanna, non capivo le parole, anzi la parola visto che ripeteva sempre la stessa.  

Estate (non sarà facile dimenticare)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora