Capitolo cinque

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La giornata fu interminabile, quando tornai a casa feci una corsa diretta al piano di sopra, salii nella mia camera bianca e molto spaziosa per iniziare le mie ricerche, presi un taccuino e una penna.

Iniziai a camminare avanti e indietro per la stanza con l'intento di scrivere su quelle pagine tutto ciò che paragonavo a Dylan.

Passavano i minuti e il taccuino era ancora vuoto...

-"strano" pensai e decisi di scrivere tutto ciò che mi riportava a ciò ovvero: I suoi silenzi improvvisi nel primo periodo, il suo apparire e scomparire nel nulla e il suo odio per le giornate molto soleggiate.

-"pauroso" e pensai ancora una volta alla mattina che avevamo passato, appena mi feci male non lo vidi più. Forse aveva paura del sangue.
Aveva paura di essere notato dalle persone, si guardava sempre attorno.

-"Mani fredde"
e l'ultima parola fù :
-"forte" riportando alla mente la stretta di mano e l'abbraccio.

Pensai che soffrisse di qualche disturbo legato all'ansia o al panico, così feci una ricerca su internet ma senza risultati, i sintomi associati non avevano nulla a che fare con quelli elencati da me.
Ci rinunciai.

Dopo aver passato metà pomeriggio a casa decisi di scendere per una corsetta pomeridiana con Taissa e Melody, Indossai la mia tuta, scarpette da ginnastica, portai con me il cellulare e una bottiglia d'acqua.

Si rivelò un pomeriggio produttivo, ricco di allenamenti anche se eravamo sfinite, una volta finita la corsa andai a casa, dopo una doccia veloce scesi al piano di sotto e raggiunsi la mia famiglia sul nostro grande divano bianco e iniziai a guardare un film insieme a loro.

Il film era iniziato già da un po' di tempo, i minuti passavano e scena dopo scena ne rimasi sempre più incuriosita.
Notai gli atteggiamenti dei personaggi erano simili a quelli di Dylan.

-"Mamma, di cosa parla questo film?" Le dissi un modo molto disinvolto girandomi verso di lei

-"Vampiri credo" sbuffò e continuò dicendo "non vedi? Ci sono canini, sangue, sono tutti bianchi e strani " iniziò a ridere a crepapelle insieme a mio padre

-"Pensano che si bruciano al sole, forse è per questo che sono amanti della notte" continuò il suo discorso.

Rimasi pietrificata con lo sguardo fisso su quelle immagini e nella mia mente giravano di continuo i momenti passati con Dylan.

Salii in camera mia, non volevo crederci, forse mi stavo facendo dei film mentali pensai, dovevo avere delle conferme.

Accesi il mio pc e feci delle ricerche dettagliate consultando un manuale che avevo in casa che parlava di vampiri perché da piccola mi piacevano molto.

Quasi tutto era paragonabile a Dylan, portai la mano al petto, chiusi il libro e il pc.

Avevo molta paura, non sapevo cosa fare, dovevo mettermi al riparo, era possibile che tutti quei delitti erano riconducibili a lui, la situazione era inverosimile per me.

Passarono due giorni e non riuscivo ad andare a scuola, avevo paura, pensavo che Dylan potesse uccidermi ma sapevo che restare a casa non era la soluzione giusta decisi così che avrei preso coraggio e lo avrei affrontato ovviamente non a scuola.

Avevo un piano, lo avrei invitato per uscire con me e gli avrei chiesto di mangiare insieme a me, se si fosse rifiutato avrei avuto un'altra conferma che lui non era un normale essere umano.

-il giorno dopo a scuola-

Vidi Dylan avanzare verso di me, mi pietrificai e avevo molta paura di lui, di una sua eventuale reazione, di qualsiasi cosa.

-"Lea come mai non sei venuta in questi gironi?" mi chiese con voce molto dolce.

Cercai di evitare il contatto visivo, i suoi occhi erano un altro segno della sua non appartenenza al genere umano.

-"Tutto bene" risposi fredda

-" c'è qualcosa che non va?" Aggrottò la fronte stranito dal mio atteggiamento.

-" Voglio uscire con te" dissi con un sorriso fintissimo e l'ansia a mille.

-"per fare?" Mi chiese ridendo

-" Ti voglio far assaggiare una torta che ho imparato a fare"

Cercò di sviare la mia domanda, inziò a sospettare di me. Incrociò le braccia, sbuffo e continuò dicendo

-"Faccio la dieta mi dispiace" Si voltò e andò via, in quel momento non riuscivo a reagire ma non potevo permettere che andasse via così.

Decisi di rincorrerlo, lo afferrai per il braccio e lui mi spinse quasi facendomi cadere a terra sotto gli occhi di tutto senza un po' di contegno verso il luogo in cui eravamo. Riuscì a catturare l'attenzione dei curiosi che ci guardavano con la coda dell'occhio altri scappavamo dalla paura.

-" Ma sei un cretino?" dissi spingendolo con le braccia ma senza farlo spostare minimamente, la mia forza era pari a zero rispetto a lui.

Con forza mi prese per il braccio e mi trascinò in un piano della scuola inaccessibile perché era in fase di ricostruzione, una parte che nessuno aveva mai visto per precauzione, iniziai a tremare non sapevo cosa avesse intenzione di fare.

Sentivo il cuore in gola, sudavo freddo avevo paura non volevo morire in quel modo.

Mi spinse contro il muro, si avvicinò a me sempre di più abbassandosi facendo sì che i nostri occhi entrassero in contatto. Aveva cambiato espressione lo vidi con uno sguardo arrabbiato, non sembrava lui, mi teneva per il braccio che quasi non lo sentivo più a causa della forte presa.

Gli implorai di mollare la forte presa, così fece ma senza lasciarmi andare via.

Portò le braccia sul muro, io stavo al centro ,sentivo l'adrenalina scorrere nel mio sangue come se inconsciamente ero pronta al peggio.

-"Non so cosa ti passa per la testa, non so a che gioco vuoi giocare ma stai attenta perché a me questi trucchetti non piacciono" mi disse quasi azzerando la distanza fra di noi.

Tremavo dalla paura ma strinsi i pugni e con il poco coraggio rimasto replicai:

-"E tu cerca di avere il coraggio di dire la verità perché io so tutto" lo stavo sfidando , volevo sapere la verità e niente mi avrebbe fermata.

-"Tu non sai niente di me" disse urlando e tirando un cazzotto al muro quasi crepandolo, senza farsi un graffio, inziò ad arrabbiarsi molto, i suoi occhi iniziarono a cambiare colore dal suo Ambra passò ad un rosso acceso come il fuoco.

Urlai e istintivamente lui mi riuscì a coprire la bocca con la mano , cercavo di liberarmi dalla presa scuotendo la testa ma senza risultati sentivo solo i miei capelli andare in faccia a me e a lui.

Iniziai a piangere, era una tortura tutto questo, forse inziò a provare pietà per me e allentò la presa.

-"Sei un mostro" dissi piangendo e accasciandomi a terra recuperando l'aria che per qualche minuto mi era stata sottratta.

A queste parole diventò ancor più di ghiaccio, fece un ghigno e in mezzo secondo scappò via lasciandomi sola ed impaurita.

Ormai sconvolta dovevo fare finta di nulla e continuare la giornata scolastica come se nulla forse, avevo un peso al petto e una paura perenne addosso a me.

Gli allenamenti andarono malissimo, la coach mi fece una partaccia di circa 30 minuti dicendo che non sapevo nemmeno prendermi cura di me.

Mi disse che se avessi riportato altri danni come il taglio o il livido vicino al braccio fatto da Dylan, non mi avrebbe fatto partecipare alla prima gara del campionato.

Tornai distrutta a casa, piansi tutto il giorno ininterrottamente, mancava poco alla gara e nei giorni seguenti di Dylan nessuna traccia.

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SALVE!
Ho scritto davvero poco per questo capitolo, scusatemi!

Prometto che gli altri non saranno così detto questo buona lettura! Spero vi piaccia e scusate per eventuali errori.
Baci. ❤️

Sugar Blood.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora