"Davvero non stai morendo dalla voglia di rivederlo?" si sentì chiedere Agnese. La riccia drizzò immediatamente il capo che, precedentemente, teneva chino e nascosto tra le sue braccia, appoggiate con poca grazia sul banco un po' vecchio dell'aula in cui si trovava con le sue compagne in attesa dell'inizio della lezione. Quella notte non era riuscita a prendere sonno, e la stanchezza aveva lasciato segni evidenti sotto i suoi occhi spenti, gli occhi di chi, rigirandosi tra le lenzuola, non era riuscito a placare i pensieri. Passandosi la piccola mano candida sul viso, iniziò a mugugnare qualcosa che le sue due amiche attorno a sé non riuscirono a comprendere, scambiandosi sguardi incerti e corrucciando le fronti alla vista di quella ragazza stranamente così poco lucida. "Come scusa?" chiese poi la ragazza bionda che poco prima si era seduta sul medesimo banco della riccia. Agnese sollevò lo sguardo verso di lei, incontrando i suoi occhi azzurri intenti a studiarla con una certa preoccupazione. "Ho detto" riprese poi a borbottare, "perché mai dovrei morire dalla voglia di rivederlo?". La bionda scoppiò in una fragorosa risata che inevitabilmente attirò l'attenzione di altri studenti presenti nell'aula, mentre una ragazza dai lunghi capelli corvini, che sedeva invece alla sinistra della ragazza ancora appollaiata sul banco a causa del sonno, scosse la testa con una certa rassegnazione, allungando la sua mano dalla carnagione bruna verso la folta chioma riccia dell'amica. "Non hai neanche dormito questa notte per pensarlo" la prese poi in giro mentre le scompigliava i capelli con fare giocoso. Agnese lasciò che una smorfia prendesse spazio sul suo volto, schiaffeggiando leggermente la mano della mora come ad intimarla di smettere. "Questo non è vero" rispose prontamente. La bionda saltò giù dal banco, afferrando per lo schienale la prima sedia che le si presentò di fronte. Poi, non curandosi del rumore provocato dall'attrito tra i piedi della sedia medesima contro il pavimento, la trascinò fino a posizionarsi alla destra delle sue amiche che, imbarazzate nel ricevere occhiate di rimprovero dai loro compagni di corso, bisbigliavano e rimproveravano la ragazza dagli occhi azzurri suggerendole di essere più delicata. "Neela ha ragione" parlò lei dopo essersi seduta a gambe incrociate, "e poi non solo l'hai pensato tutta la notte" aggiunse con un tono serio, "ma addirittura non hai fatto altro che raccontarci la stessa storia per tutto il giorno". Agnese scosse la testa esprimendo tutto il suo dissenso, "No Lucy, non è così" cercò di replicare con voce fievole, quasi sussurrando, forse più per convincere se stessa che le amiche attorno a sé, ma prima che potesse dire altro, Neela, la ragazza dai lunghi capelli corvini, le fece un cenno con la mano interrompendola. "Agnese" la richiamò poi prendendole dolcemente le mani, "mia piccola, dolce e ingenua Agnese" continuò sorridendo divertita dall'imbarazzo che l'italiana al suo fianco stava manifestando con un rossore che si faceva via via sempre più evidente sulle sue guance. "Io capisco che per te è molto difficile aprire quel cuoricino forte e coraggioso che ti ritrovi" spiegò, "ma negare il fatto che quel ragazzo ti abbia colpita non ha alcun senso". La riccia la guardò con i suoi occhi confusi, abbozzando un sorriso sconfortato conscia del fatto che qualsiasi cosa avesse detto, le sue amiche non le avrebbero comunque creduto. Amava davvero la compagnia di quelle ragazze, seppur conosciute da così poco tempo, la facevano stare bene, la capivano, sapevano come starle vicino. Quella mattina dentro di sé aveva un turbine di emozioni, a partire dalle pressioni universitarie dovute all'ansia di non riuscire a mantenere la sua impeccabile media così com'era, non perché le importasse di conseguire la laurea con il massimo dei voti quanto per poter continuare a godere della possibilità di studiare lì, a Londra, in una prestigiosa università. Ma l'ansia che tutto questo potesse finire scompariva se paragonata alla felicità che quei giorni nella grande capitale le stavano regalando. Si sentiva felice perché finalmente la sua vita stava prendendo la piega che aveva sempre desiderato, si sentiva grata per aver trovato delle belle persone con cui condividere le sue esperienze, ma qualcosa dentro di lei rompeva questo equilibrio di benessere, qualcosa dentro di lei non le permetteva di unirsi all'allegria delle sue nuove, care amiche. Lei sapeva in verità cosa le passasse per la mente, semplicemente non lo avrebbe mai ammesso. "Cosa mi consigliate di fare, dunque?" chiese rassegnata battendo sonoramente le sue piccole mani decorate da qualche anello d'oro e d'argento sul banco, drizzando finalmente la schiena come se si fosse destata da un lungo sonno. Alcuni ragazzi si voltarono ancora una volta verso di loro, infastiditi dal quel chiacchiericcio incessante che andava avanti già da un po'. La riccia roteò gli occhi. Come se loro non parlassero mai, pensò. Neela, dal canto suo, sorrise nel vedere lo sguardo dell'amica illuminarsi per la prima volta nella giornata, tornando ad essere quello limpido e forte di sempre così, semplicemente da un momento all'altro. "Io farei come ha detto Lucinda" le suggerì poi con un sorriso ammiccante, "oggi torna al semaforo". Agnese, avvertendo il suo cuore fermarsi per qualche istante, strabuzzò gli occhi. "Voi siete pazze" fu tutto ciò che riuscì a dire, "io non mi presterò a questa pagliacciata".
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BLOOM
FanfictionUn attore, una studentessa, un semaforo e un viaggio per riscoprire se stessi.