Nei meandri del cuore

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Agnese schiuse leggermente le labbra avvertendo lo stomaco aggrovigliarsi quando riconobbe le vetrate di quel piccolo ma accogliente bar in cui Orlando, per lei Jonathan, l'aveva condotta tra una risata e l'altra. Per un attimo smise persino di ascoltarlo fermandosi di scatto davanti alla porta d'ingresso in preda allo stupore, mentre con gli occhi studiava ogni dettaglio dell'insegna "Little Blue Haven" che oramai le risultava particolarmente familiare. Oltre le grandi finestre intravide quel comodo sgabello in legno, riposto sotto al bancone, che il giorno prima era stato suo complice e testimone di tante brutte figure che la giovane avrebbe volentieri evitato di ricordare, e come se la vita le fosse passata davanti all'improvviso, rivisse ogni minuto del pomeriggio precedente. Rivide lei che fingeva di bere un caffè che non le piaceva, lei che si rovesciava il suddetto caffè sulle mani, lei che quasi cadeva, lei che spiava la strada dall'interno, lei e lo sguardo canzonatorio del barista. Insomma, sempre lei e i suoi soliti guai. E mentre non poté evitare di ripensare a tutto questo, il castano, fermo sulla soglia dell'ingresso con lo sguardo rivolto verso di lei, con voce emozionata la destò dai suoi ricordi. "Che fai" le chiese abbozzando un sorriso divertito notando la sua espressione imbarazzata, "non entri?". Agnese scosse leggermente il capo per riprendere coscienza prima di seguirlo timidamente all'intento, e prima che potesse cercare di elaborare qualche altro pensiero, l'aria tiepida e accogliente del locale l'aveva già accolta. Le pareti blu accuratamente dipinte e ormate di quadri, foto e pitture, rendevano perfettamente l'idea del nome del bar, e quella leggera, soave musica in sottofondo sembrò cullarla per istanti interminabili, mentre con gli occhi chiusi inspirava lasciandosi trasportare dall'odore di cornetti appena sfornati. , pensò tra sé, questo è decisamente un piccolo paradiso blu. Quella magia che tanto dolcemente l'aveva accolta si ruppe tutt'un tratto, quando una voce adulta e familiare frantumò appena i suoi viaggi mentali. "Ma guarda chi si rivede" sentì dire Agnese alle sue spalle. Era una voce decisamente conosciuta, e la ragazza, con un accenno d'ansia, era certa che stesse richiamando la sua attenzione. Intimidita da quello che sarebbe potuto accadere di lì a poco, dunque, si voltò lentamente, deglutendo appena nella speranza che l'uomo che si sarebbe trovata di fronte avesse già dimenticato il suo volto, in fin dei conti il bar poteva vantare molta clientela, non avrebbe potuto ricordare ogni viso che passasse di li, ma quando finalmente riuscì a posare lo sguardo su di lui, la riccia restò sorpresa nello scoprire che il barista, quel gentile ma impiccione signore che il giorno prima l'aveva un po' canzonata e un po' sopportata, stava salutando proprio il castano di cui era in compagnia. Il simpatico uomo, sporgendosi dal balcone per accogliere l'attore in un amichevole abbraccio, sfoggiò un sorriso sincero manifestando tutta la sua felicità, e sotto lo sguardo stupito e confuso della ragazza riprese a parlare. "Oggi il nostro umile bar accoglie niente di meno che Or-", "È sempre bello rivederti, Marley" lo interruppe Orlando alzando lievemente il tono della voce prima che il suo amico potesse completare la frase, dipingendo sul suo viso un sorriso complice di rimando. Il barista, che il castano aveva salutato come Marley, assunse una strana espressione in volto quando il giovane lo abbracciò. La riccia ebbe l'impressione che gli avesse detto qualcosa, ma prima che la sua mente potesse iniziare ad interrogarsi su quella scena, vide un vassoio pieno di cornetti caldi uscire da una porta secondaria ed essere accuratamente riposto da una giovane e graziosa cameriera dai lunghi capelli nella vetrina dei dolci, e la romana, golosa come pochi al mondo, non poteva proprio guardare altrove. Non si curò di cosa si dissero, non si curò del fatto che i due si conoscessero, per un attimo tutto sembrò essere meno importante di quel grande vassoio che osservava scrupolosamente. Con passo deciso si avvicinò al bancone per poter osservare ognuno di quei croissant perfettamente cotti percependo tutto il loro calore, tutto il loro profumo, e si chiese se quell'odore fosse davvero così forte e invitante o se fosse semplicemente la sua golosità a farla sentire come in estasi. Lasciando guizzare gli occhi da un cornetto all'altro, Agnese, esperta di cibo in tutte le sue forme, trovò abbastanza semplice riconoscerne alcuni alla crema, altri al cioccolato, altri con la marmellata e altri ancora visibilmente semplici o integrali, e i suoi occhi si illuminarono quando tra tutti ne distinse un paio, non dei semplici cornetti, ma i suoi preferiti: fagottini al cioccolato. Dopo essersi lasciata sfuggire un piccolo sospiro, istintivamente si passò la lingua tra le labbra quando vide tante deliziose scaglie di cioccolato cosparse sulla crosta dorata di un croissant particolarmente invitante, e Orlando, che in compagnia del suo amico Marley la osservava poco più in là, non poté far a meno di sorridere davanti a tanta dolcezza, stupito di come un attimo prima la ragazza sembrasse una donna adulta e matura, ma ecco che un attimo dopo gli sembrava di avere di fronte una bambina ghiotta che, ne era certo, di lì a poco si sarebbe voltata a guardarlo con un bagliore negli occhi e un sorriso innocente come per lasciargli intendere che quel cornetto era tutto ciò che desiderava. E così avvenne. Marley non riuscì a trattenere una risata nell'assistere a quella scena, e afferrando un fazzoletto da un pacco che aveva a portata di mano, si avvicinò al bancone dove la romana era rimasta attratta dai quei tanti appetitosi cornetti. Allungò la mano avvolgendo nella carta non un fagottino, bensì quel fagottino oggetto del desiderio della riccia, e, con un sorriso complice in volto, glielo porse. "Burro e cioccolato" spiegò poi senza riuscire a togliersi quell'espressione divertita sul volto, "te lo regalo, signorina sbadatella". Orlando sobbalzò quando sentì il suo amico appellare la sua compagna in quel modo, confuso dal fatto che quei due parevano conoscersi, mentre Agnese, rossa in volto, brontolava qualcosa in sua difesa. "Tu non puoi capire ieri cosa ha combinato" iniziò a parlare Marley voltandosi verso Orlando, con la tipica espressione di chi si accinge a raccontare una storia divertente che non può essere ignorata, "ieri è stata qui una ventina di minuti". La riccia strabuzzò gli occhi, supplicando con lo sguardo il barista, completamente imbarazzata, ma quando comprese che lui non avrebbe ceduto ai suoi occhi dolci, prontamente tentò di discolparsi da quelle accuse. "Non è vero" esordì incerta senza sapere bene cosa dire, "saranno stati cinque minuti al massimo" disse poi assumendo un tono saccente gesticolando in aria con la mano sinistra, mentre con la destra si accingeva a mordere il buon fagottino dietro cui cercò di nascondere tutta la sua vergogna. Marley, senza neanche voltarsi a guardarla, la zittì con un cenno della mano per continuare il suo racconto. "Sì certo" rispose con nonchalance liquidandola, "come dici tu". Orlando sorrise inevitabilmente nel vederla così impacciata, e curioso di sapere delle sue disavventure portò un gomito sul bancone così da potersi appoggiare, per poi accomodarsi con il mento sul palmo della mano, e con un sorriso sfottente in volto e grande attenzione, si prestò ad ascoltare il racconto dell'amico per scoprire qualcosa in più di quella giovane e della finta casualità dei loro incontri. Quanto più il barista parlava, tanto più Agnese faceva la vaga sotto lo sguardo fisso e scaltro dell'attore. Lui ascoltava ogni parola del suo compagno mentre lei si ciondolava sui talloni e fingeva di rigirarsi su se stessa roteando gli occhi, come se volesse far intendere di non star neppure ascoltando, di non curarsi di ciò che diceva perché tanto erano tutte menzogne. "Non ho proprio potuto far a meno di offrirle quel benedetto caffè" concluse infine il barista, senza aver mai smesso di ridere, dopo aver raccontato di come la giovane, ansiosa e palpitante, si fosse rovesciata la bevanda calda sulle mani, di come fosse scivolata, di come avesse divertito i clienti del giorno precedente col suo modo di fare particolarmente impacciato. La romana avrebbe davvero voluto sparire, ma Orlando, al contrario, si sentiva allietato da quella storia. Astuto, aveva ben compreso il motivo di quelle sue azioni, di quel suo nervosismo. Lui sapeva perfettamente cosa la ragazza avesse cercato al di là delle grandi vetrate, e quando si voltò verso la strada, notando il semaforo in bella vista lì di fronte, notando quanto facile fosse avere una visuale completa sulle persone che passeggiavano per la strada e che si accingevano ad attraversare, ne ebbe conferma. Cercava lui. "Comunque, mia cara signorina sbadatella" riprese infine Marley rivolgendosi alla ragazza dalle mille lentiggini, "questo bar avrà sempre un fagottino per te tutte le volte che vorrai". La riccia avrebbe voluto rispondere con un semplice grazie, o esprimere in qualche modo la sua gratitudine per l'accoglienza, ma tutto quello che uscì dalla sua bocca fu uno strano lamento unito a qualche parola incerta, oltre ad uno sguardo fulmineo che gli riserbò involontariamente per aver raccontato a colui che credeva essere Jonathan tutto ciò che era accaduto. "Io non sono sbadata" si giustificò poi come se fosse stata sorpresa con le mani nel sacco, aggrottando appena le sopracciglia e abbassando lo sguardo sul suo fagottino. Certamente quel barista era un po' troppo impiccione, pensò poi tra sé, ma era sempre stato gentile nei suoi confronti, anche perché erano due giorni che Agnese beveva caffè e mangiava cornetti, come avrebbe detto lei, a scrocco. Prima che potessero dire altro, interrompendo il discorso, Orlando chiese al compagno di preparare per loro uno spuntino speciale, e senza attendere risposta, con la sua solita eleganza, afferrò delicatamente la ragazza per un braccio, attirandola leggermente a sé. La riccia barcollò appena, appoggiandosi con la mano sinistra al petto di lui come fosse alla ricerca di un appiglio. Fu confusa da quel gesto, e per un istante mille pensieri si fecero largo nella sua mente. Tuttavia, una certa amarezza la pervase quando tutto ciò che fece il giovane fu guidarla verso un tavolino per due posizionato in un angolo del bar, al di sotto di un grande quadro di un artista che nessuno dei due conosceva. Il castano, come un vero gentleman, afferrò una sedia per lo schienale, spostandola per poter invitare la giovane a sedere. La riccia sorrise a quel gesto, e quando finalmente anche il ragazzo fu seduto di fronte a lei, riuscì finalmente, dopo averlo sognato a lungo, a perdersi di nuovo in quei grandi e bellissimi ogni marroni che in quelle recenti notti l'avevano tenuta sveglia. Orlando, senza mai cancellare dal volto lo stesso sorriso beffardo che si portava dietro da quando aveva scoperto che la riccia si appostava letteralmente al semaforo per lui, scosse la testa con fare divertito, abbassando appena il capo mentre con una mano si accarezzava in volto. "Che c'è?" gli chiese lei intimorita in un sussurro, temendo di aver fatto l'ennesima brutta figura, cosa che comunque non l'avrebbe toccata più di tanto, data l'abitudine. Il castano alzò lo sguardo fissando i suoi occhi in quelli della ragazza, schiudendo leggermente le sue labbra morbide. "Sai" prese poi a parlare con un filo di voce, "sei davvero buffa". Agnese aggrottò le sopracciglia. Era un complimento quello?

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