Le meduse non hanno occhi

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Sibili nel silenzio scorgono le mie forze appiattite su un divano, offese da crisalidi di vento bloccate sulla superficie immateriale di un unico costrutto.

Sibili, con i gemiti, con i silenzi; tutto così perfettamente incastrato nelle notti che ho perso, dentro un libro, dentro una melodia, su un tetto, senza un amico, senza di me.

Momenti incastrati all'interno di quei costrutti che, adesso, sono marci e anneriscono ogni lineamento della mia mortalità.

Pioggia

" Sta piovendo così forte. Rimango qui, davanti la finestra della mia camera. Con la fronte poggiata su vetro plastificato e freddo, le mani che tengono lo stomaco. Ti sto aspettando, continuo ad aspettarti da giorni, da così tanto che non ho idea di quanti ne siano passati. Io, mi sto smagrendo, riesco a contarmi le ossa addosso, ma tu continui a non tornare. Qui dentro, fuori dalla mia camera, tutti piangono, tutti sono così arrabbiati, tutti ti odiano e ti amano così tanto, tutti per te provano un'emozione e poi ci sono io: mi sento completamente persa.

Prima che andassi via, ti ho lasciato le mie caramelle preferite, quelle rosse, sul pianoforte. Sono ancora lì. Non sei venuta a prenderle, non sei più tornata. Non ti sei mai preoccupata di me, adesso, perché dovrei farlo io per te?

Sto solo comprendendo la solitudine di cui tu mi parlavi spesso ma che, in realtà, non hai mai provato.

Ti starai divertendo, mentre il mio stomaco si consuma. Ti starai divertendo, mentre quelle caramelle diventano pozzi attivi per la polvere. Ed io, mi sento un vulcano, ma non riuscirei mai ad esplodere, a liberarmi, a liberarmi di te.

Tornerai di sicuro, allo scadere di un nuovo giorno. La solita tua storia è questa: stai tre giorni fuori, ti ricordi di noi, di me e torni come un cane bastonato. E come ogni volta, io non riesco a regalarti la mia parola. Non riesco mai ad abbracciarti, non riesco mai ad abbracciare nessuno e penso sia tutta colpa tua. Credi di essere così sensibile e poi ti scordi anche tu di me. Come se fossi un sasso, lasciato sulla spiaggia. Lasciato agli altri, per essere lanciato in mare. Sono il tuo sasso, ma mi sono allontanata dalla tua costa. Sono tornata nel mio mare materno che mi ha sempre protetta, nel bene o nel male.

Qui tutte le creature che vivono con me, fanno un gran chiasso e l'acqua è sempre sporca. Mi davano anche fastidio prima, ma successivamente hanno compreso che una come me ha bisogno del proprio spazio e del proprio silenzio. Il chiasso è lo stesso, la folla c'è, ma ho ritrovato quel maglione color ambra che portavo sempre con me e che non lasciavo mai. Quel maglione che tu, fuori da questo mare, hai portato via per distruggermi.

Come potresti mai mancarmi adesso?

Io, non sono come te.

Ma sta ancora piovendo. E nel buio delle pozzanghere che si formano sulla strada, rivedo il tuo corpo. Spunti da lontano, dalla solita via isolata e tenebrosa come i tuoi capelli. Sei tu e sei felice. E' davvero tardi, appena tornata a casa mangerai di sicuro, poi ti metterai al letto, scordandoti di noi, scordandoti un'altra volta della nostra esistenza.

Ti apro la porta, nemmeno mi guardi.

Io piango, contro le mie forze. Piango, mentre arrivano tutti i mari, tutte le folle, tutte quelle creature che mi urlavano prima in testa. Sono tutte davanti a te, che ti stanno colpendo e tu ti difendi, come fai sempre di solito. Ma loro sono più forti, pieni di rabbia e rancore. Io passo, come sempre, dalla tua parte e cerco di difenderti dalle stelle marine, dai cavallucci, dalle meduse che ti ustionano le spalle e tu, come sempre, metti il mio corpo tra la tua e la loro follia. Loro mi colpiscono, prendono me, mi annodano i loro tentacoli attorno al collo, io respiro male e tu mi guardi. Io sto ancora piangendo e tu mi guardi. Sono per terra, con i tentacoli delle arpie ancora addosso e tu continui a non aiutarmi.

Mi rialzo, vengo verso di te. Piove di nuovo. Tu sorridi e cerchi le tue stupide caramelle. Ne prendi una e chiudi il pugno. Ti avvicini porgendomi la tua mano, io ti sfioro. La mia caramella rossa è lì, ma io non ho fame adesso.

Mi si è chiuso lo stomaco e preferirei mettermi due dita in gola piuttosto che accettare qualcosa da te. E' così che si trattano le caramelle?

Si prendono, si lasciano e si regalano per pena, come fossero solo pezzi di zucchero impressi dentro la plastica. Erano le mie caramelle e tu non avresti dovuto prenderne nemmeno una. "

ti aspettavo dall'alto, ma mi hai messo le mani in tasca

mi hai portato via i miei dolci, i miei ricordi

mi hai messo le mani nel naso e hai spostato tutto

hai spostato, persino, le mie fotografie

usandomi, come se fossi morta

ma io questo sono: sono morta

sono rimasta all'interno di quelle dannate caramelle che mi donavi, come contentino

sono rimasta all'interno del volto in lacrime

sono rimasta dietro le mie condanne che, adesso, non funzionano più.

Ma, forse, l'unica mia medusa eri tu

tu, che non mi hai mai vista

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