5. E a te, amica mia

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E a te, amica mia
Parte 2

Eyleen iniziò una stremante marcia in mezzo a fumo denso, grida laceranti e corpi che cozzavano gli uni contro gli altri in una lotta cieca. Non appena riuscì a farsi largo nel corridoio, subito dopo essersi gettata contro quello specchio che divideva due scenari così diversi, dove la fiumana impazzita si era diradata, si accovacciò su se stessa e con dita e denti strappò completamente il tessuto delicato del vestito che indossava, creando uno spacco che le arrivava fino alla coscia.

Ora, con i piedi nudi sul lucente pavimento, e le gambe libere da quell'affare, si sentiva decisamente più combattiva e pronta.

Girò in angoli che non sapeva avesse mai visitato; la luce era andata via e Eyleen riusciva a intravedere solo delle sagome contorte in mezzo al fumo.

Avanzava adagio, mente le voci degli studenti si facevano sempre più lontane; a tentoni, portando sempre le mani di fronte e sperando di non ferirsi i piedi con macerie causate dall'esplosione.

Nel momento in cui urtò qualcosa di morbido con la caviglia le si gelò il sangue nelle vene.
Fai che non sia lei, fai che non sia lei!

Eyleen si accovacciò con una lentezza inaudita e appoggiò le mani, che non smettevano di tremarle, su ciò che aveva trovato. Gli occhi irritati dal fumo le bruciavano ma la ragazza cercò di diradare le lacrime per capire di chi si trattasse.

La professoressa tarchiata giaceva in una pozza di sangue scarlatto ancora caldo, che ora bagnava i piedi della bionda e gli orli del suo abito. Aveva il volto esposto in una espressione di puro terrore, gli occhi vitrei che fissavano qualcosa che non c'era.
Eyleen si lasciò andare in un singhiozzo rumoroso mentre tutto ciò che aveva nello stomaco minacciava di venire fuori. Aprì la bocca ma la richiuse subito: in battaglia scene simili erano all'ordine del giorno, ci si doveva abituare.
L'insegnante aveva ancora la mano destra stretta in un gladio dalla lama poco più lunga di una daga. Quando Leen glielo sfilò, stringendo gli occhi, i simboli runici si illuminarono in un debole sfarfallio. Avere un'arma era certamente una benedizione in una situazione simile, ma l'impiego della stessa da parte di un professore poteva indicare soltanto una cosa: in quella dannata situazione c'entravano i Daimones.

Eyleen scavalcò il cadavere della donna con una certa riluttanza; d'altronde era già morta, non poteva assolutamente fare nulla per lei.

Lucee, lei era decisamente la priorità. Animata da una rinnovata convinzione continuò a camminare, questa volta a passi più decisi, verso la fine del corridoio, verso le scale che credeva l'avrebbero portata dall'amica.

Nel momento in cui ci fu una seconda esplosione proprio a fianco a lei, Eyleen, per un istante, credette sarebbe morta.

La parete alla sua destra esplose in mille piccolissimi pezzi che le ferirono gambe e braccia, mentre il boato improvviso la spinse contro il muro opposto lasciandola senza fiato. Si accasciò a terra e per secondi, che le parvero infiniti, lasciò che il mondo ruotasse con veemenza tutto intorno a lei come se fosse al centro di un ciclone particolarmente violento. Il fragore le ferì le orecchie e un fischio, che le veniva da dentro il cervello, le faceva provare un dolore talmente acuto da farle uscire nuove lacrime. Sollevò dinnanzi al proprio volto le mani ferite e sporche di sangue ma le sembrava di non provare dolore.

Confusa e tramortita, sentiva la lucidità abbandonarla, a causa di ciò non si accorse del momento in cui una grossa mano la afferrò per un braccio e la trascinò metri e metri lungo corridoi scuri e mai visti prima.

Eyleen sentiva quasi di essere una sorta di spirito etereo esterno al proprio corpo che veniva sballottato sul pavimento sudicio. Un fantasma che osservava se stessa, ridotta ad una bambola di pezza e non provava assolutamente niente.

One Winged QueenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora