7. La Base

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Vecchi amici 
Parte 2

Più tardi quella stessa sera, Eyleen si era svegliata più pesante che mai, tanto da sembrarle di aver ingoiato pietre. Si sentiva gonfia e intorpidita e buona ragione le davano le ferite superficiali e i numerosi lividi su gambe e braccia. Si chiese per un attimo in che stato potesse essere il suo stesso viso e come Riordan fosse stato capace di osservare quel disastro vedendolo simile a una piccola gemma lucente. 

Nel momento in cui la ragazza si voltò, constatò che il letto per l'altra metà era vuoto e, quando ci posò sopra le dita, anche freddo. Desiderò, per un istante, che tutto fosse stato un sogno.

Rimase qualche secondo intontita a fissare quelle lenzuola che erano state testimoni di momenti di intimità egoistici e irrefrenabili, che le carezzavano con delicata freschezza le membra dolenti. Deglutì saliva amara e si alzò finalmente dal letto, raccolse la maglia che giaceva stropicciata ai piedi delle coperte e i pantaloni poggiati su una sedia poco distante.
Quando i piedi nudi toccarono il pavimento freddo, Leen represse una scarica di dolore che le salì lungo la spina dorsale; si morse il labbro inferiore gonfio di effusioni e screpolato.

Sentiva i capelli sporchi di polvere e sudore, le prudevano in maniera insopportabile ma la tenevano ben ancorata alla realtà dei fatti in cui si trovava. E' il momento di capire cosa stia succedendo Leen, basta tergiversare!

Senza indugiare oltre si diresse, un poco zoppicante, in direzione dell'unica porta, colorata di vernice bianca scrostata, che le si poneva davanti. Un ingresso che l'avrebbe portata chissà dove, in mezzo a chissà chi. Non aveva voglia di vedere delle persone, non aveva voglia di fare niente, ma lo sapeva; sapeva di essere in guerra, sapeva cosa voleva dire convivere con il dolore, imparare da esso.
Dietro quella comparve una luce bianca così luminosa che in un primo istante le ferì gli occhi. Quando riuscì a mettere fuoco si soffermò su un grosso tavolo rotondo in vetro dalla quale si ergeva un'azzurra mappa virtuale della Capitale e del suo territorio circostante.

– Qui! – stava dicendo Riordan, voltato di spalle, mentre indicava con il dito il recinto più a ovest che separava la città dalla Spiaggia Sanguigna. Indossava abiti bianchi e aveva i capelli umidi di doccia che gli gocciolavano sul collo bagnando l'orlo della maglia. Eyleen rivide se stessa alzare i bordi di quella stessa maglia e gettarla via qualche ora prima. – E' proprio qui che dovremmo piazzare dei soldati, i Demoni non se lo aspetterebbero mai, non dopo aver scoperto quello che loro... Eyleen!

Si era voltato non appena udito il suono della porta che veniva richiusa. Solo adesso la ragazza si rendeva conto che intorno a quel tavolo presiedevano una dozzina di persone, volti sconosciuti e non.

Eyleen serrò le labbra, ancora una volta lo sguardo apprensivo di Riordan la ghermì. Nei suoi occhi c'erano tristezza e compassione, ma anche un velo di imbarazzo che gli imporporava le guance.

Basta! Urlava però Leen nella sua stessa mente. Smettila di guardarmi come se fossi delicata come il vetro!
Non capiva neanche lei perché le desse fastidio ricevere quelle calorose attenzioni, sarebbe dovuta essere contenta, lo sapeva, non era sola! Eppure, quello sguardo, quel sorriso, il fatto che per lei Riordan ci sarebbe stato, la faceva andare in bestia. Si sentiva sporca, malvagia, si sentiva al pari di un demone, si sentiva come Thauron.

Scosse la testa abbastanza forte da provocarsi dolore, poi delle braccia le si strinsero attorno al collo. Eyleen barcollò all'indietro e le pareti scure della stanza la seguirono in quella direzione ma la presa dell'abbraccio la rimise in equilibrio.

Leen era ammutolita. Maxine Riess la osservava con il volto bagnato di lacrime. I capelli scuri le erano cresciuti fino a metà schiena e le due ora erano alte uguale.

One Winged QueenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora