Capitolo 5

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Quindi dovrei credere che sia stato destino? Che non sia dipeso dalle mie scelte, e da quelle degli altri? Anche se, in effetti, non so quale sia l'opzione peggiore. Mi terrorizzano entrambe.

Il punto è che dovrebbero darti un libretto di istruzioni, un manuale, una cazzo di guida online. Qualcosa. Invece tu arrivi e non lo puoi sapere cosa ti succederà, se farai una cosa o un'altra. E come cazzo dovremmo comportarci? Non ha senso. Non è giusto. Quando capisci cosa avresti dovuto fare, ormai è troppo tardi.


Capitolo 5

L'orologio ticchettava debolmente sotto la pioggia incessante. Le strade rischiavano di allagarsi dopo tre giorni di temporale. Era notte fonda, e non tirava un alito di vento. Le nuvole erano troppo compatte, troppo pesanti, non gli permettevano di passare.

Emma fissava l'orologio, in alto, su quella torre che sovrastava grotte e cunicoli. La topografia di Storybrooke non l'aveva mai affascinata tanto. Be', ora aveva tempo da perdere, tempo per pensare.

Tutta quell'acqua la disturbava, interferiva, ma era lì, e c'era poco da lamentarsi. Se avesse saputo che era colpa sua, avrebbe cercato un modo di fermarla. Ma non lo sapeva, quindi si limitava a sopportare quella frequenza disturbante che la attraversava con ogni goccia.

Le lancette si erano spostate parecchio, da quando si era piazzata lì davanti. Erano passate ore intere, anche se non le pareva fosse così.

Una vibrazione sotto i piedi, dentro di essi. Un'oscillazione dell'energia. Emma si voltò e li vide che correvano, armati, a una trentina di metri da lei, verso le cave. Da dove proveniva quel rumore. Non trovò un modo migliore di definirlo, anche se non era affatto un suono.

Si mosse, e fu lì prima di loro.

La miniera era una bocca nera aperta nella terra viva, esattamente come la ricordava. L'energia arrivava dai tunnel. Non era una bella sensazione, sembravano tentacoli viscidi che le si avviluppavano attorno al corpo, pronti a strapparle la pelle. Sentì Regina, Mary Margaret e David avvicinarsi velocemente. Doveva spostarsi.

Entrò nel tunnel. Era buio pesto, ma non aveva bisogno di luce per sapere dove dirigersi. Seguì i tortuosi percorsi sotterranei, sicura come non mai della strada da prendere. L'energia era sempre più intensa, le dava l'impressione di stare guardando il sole da vicino.

Prese la strada giusta ad un bivio e si ritrovò davanti un ovale luminoso e impetuoso, un occhio di energia azzurrina che risplendeva di scariche di potere nel buio delle miniere. Sarebbe stato bellissimo, se solo non avesse potuto percepire la mole di energia oscura che stava fuoriuscendo da esso. Spuntò un arto, poi un altro e un altro ancora. Una testa allungata, irta di zanne e dalla pelle nerastra, traslucida, una sfilza di occhi di pece e due corna ricurve che si lanciavano alle spalle della creatura. Altre zampe, troppe, e con troppe dita artigliate. La creatura la fissò dritta negli occhi, poi lanciò un urlo perforante, che fece vibrare le pareti scavate. Emma si spostò, perché sentì gli altri arrivare prima che fossero lì. Si nascose nella roccia, e se il suo cuore avesse potuto battere lo avrebbe fatto alla massima velocità.

Regina si mise in prima linea e colpì la creatura col suo fuoco. Quella scosse la grande testa ovoidale e le ringhiò contro, provò ad azzannarla (un suo dente era grande quanto la sua mano) ma lei lo ricacciò indietro con una spinta invisibile. Mary Margaret scagliò sette frecce di fila, in una sequenza quasi impossibile, ma la pelle del mostro era coriacea, silicea, impenetrabile. Il suo grido di rabbia li stordì rimbombando nello spazio angusto. David provò a sparargli contro, ma i proiettili scalfirono appena il suo corpo, col solo risultato di renderla ancora più aggressiva.

Regina lo scansò dietro di sé.

«Scappate, ci penso io a questo affare!» esclamò. Emma sentì la paura contrarle lo stomaco. Quel mostro era forte, e sembrava impossibile ferirlo. Per di più sentiva montare dentro quella creatura un qualcosa, un'energia che si accumulava da qualche parte nel suo cranio, illuminandogli i molteplici occhi di una luce ancora più sinistra, e quell'energia era di gran lunga superiore al potere dell'ex-sovrana. Regina non aveva speranze di sconfiggerla. Qualunque cosa fosse, quella creatura avrebbe fatto una strage, se fosse uscita dai tunnel. Erano solo fortunati che fosse rimasta stordita dal passaggio attraverso il portale, o li avrebbe già uccisi.

Doveva aiutarli.

Non capì perché lo fece, né da dove le venne quell'idea. Fissò il mostro, i suoi occhi, che si volsero nuovamente verso la parete apparentemente innocua dentro la quale si nascondeva. Quando riuscì a focalizzarli tutti, accadde.

Era dentro di lei. Sentiva sempre più chiaramente le emozioni della creatura, anche se erano differenti da qualsiasi cosa avesse mai provato. Tuttavia riconobbe la furia. Il desiderio di distruggere. Non poteva permettere che accadesse.

Lottò contro di lei, imponendole la propria volontà. La creatura urlò, si dimenò cercando di liberarsi dalla morsa che Emma aveva stretto sulla sua mente, sull'inafferrabile gamma di emozioni che quel mostro provava. Gridò per lo sforzo, e sentì il fiato uscire attraverso la miriade di zanne affilate come fosse la sua bocca. Era lei. Sentiva la roccia attorno al corpo, quello spazio troppo stretto per lei. L'odore degli umani, del portale, percepì altri sensi che non comprese.

Si calmò. Guardò in basso, con quella vista incredibilmente chiara, e colorata ma in maniera differente, così diversa dalla propria. Incontrò lo sguardo di Regina e vide molto di più dentro di lei. Vide tutto ciò che era, ogni frammento della sua anima. Regina spalancò gli occhi e la bocca. La vide mimare il suo nome con le labbra, ma non emise un suono. Emma raggelò, atterrita dal fatto che Regina potesse averla riconosciuta persino così. Poi sentì la coscienza di quell'essere tentare di sopraffarla, e la rispinse giù, dove poteva controllarla. La fece girare, la riportò tra le falde scintillanti del portale naturale (ora lo sapeva, ma non era una sua conoscenza). Superò di qualche passò quel varco e poi si voltò verso l'apertura ovale. Si stava restringendo (era una cosa normale, i portali naturali erano effimeri, la creatura lo sapeva). Chiuse gli occhi, i suoi, non quelli del mostro, lei non aveva palpebre, e si concentrò sulla stanza nella cripta. Fu lì in un attimo, appena in tempo prima che il portale si chiudesse, lasciando la creatura confusa e Storybrooke al sicuro.

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