Capitolo 2

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Empatia. È una maledizione, lo sai? Quante volte mi ha messo nei casini. All'orfanatrofio, quando ero troppo buona per non prendermi le colpe degli altri. Con Lily, quando mi sono resa conto che era sola, come me, e volevo solo che avesse un'amica, che si sentisse amata. Perché lo volevo io, certo.

Non lo so se gliel'ho mai veramente perdonato, ai miei. Forse Peter Pan aveva ragione. Rimarrò sempre un'orfana. Quando vivi ventisette anni da sola, è difficile cambiare modo di pensare. Non che importi, ormai, no?

Ora vorrei davvero smettere di capire quello che provano gli altri così tanto da provarlo anch'io. Vorrei fregarmene, di quello che pensano. Vorrei essere arrabbiata, tanto furiosa da non provare altro che quello. Ah, chissà come deve essere. Liberatorio, immagino. Mi chiedo se sia questo che provava Regina, nella Foresta Incantata. Rabbia, e nient'altro. Lo spero, per lei almeno. Perché se provava il dolore che provo io ora, be'...

È stato orribile. Quando ho guardato dietro di lei e ho visto Henry che mi fissava in quel modo, sono crollata. Non potevo restare. Faceva troppo male.


Capitolo 2


Era la notte seguente quando Emma riapparve. Non sapeva dove fosse stata per tutto quel tempo. Forse aveva smesso di esistere, per un po'. Forse aveva solo dimenticato.
Riapparve lì dove era caduta. Il sangue macchiava ancora l'asfalto. Vederlo le provocò un dolore sordo, inconcepibile. Non poteva restare lì, così fece la cosa più logica: andò a cercare la sua famiglia. Henry. Era da Regina, o da Mary Margaret e David?

Non dovette cercarlo. In qualche modo, all'istante, seppe la risposta.

Si avviò camminando lieve verso l'appartamento di sua madre. Sentiva il vento attraversarla, freddo, ma non riusciva a provare davvero quella sensazione. Mentre si guardava intorno, attraverso le strade deserte e le luci opache di umidità dei lampioni, si chiese per la prima volta: perché sono ancora qui? Si sarebbe posta quella domanda ancora molte, molte volte.

Non dovette bussare alla porta. Non dovette nemmeno fare le scale. Si ritrovò, tutt'a un tratto, dentro l'appartamento. Nel mezzo del tavolo da pranzo. Si spostò con cautela in una posizione più umana. Solo dopo si accorse dei singhiozzi soffocati che venivano dalla camera da letto, e percepì come una nebbia soffocante il dolore che ognuno dei tre occupanti di quella casa stava provando, chi nel sonno, chi nella dolorosa veglia.

Non resistette un minuto di più.

Scomparve da quella sala e si rifugiò, senza rendersene conto, in un luogo completamente buio. I suoi occhi si abituarono alla mancanza di luce dopo qualche secondo, e solo allora si rese conto di trovarsi nella cripta di Regina. Rimase ferma a guardarsi intorno per qualche momento. Una risata di un'ironia disperata le affiorò alle labbra pallide.

«Giusto» mormorò solamente. La sua voce risuonò spettrale nell'ambiente vuoto.

Si avvicinò alla sporgenza di pietra in una delle sale e si sdraiò lì. Era solida ed eterea allo stesso tempo sotto la sua schiena. Chiuse gli occhi, e per un po' smise di pensare.

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