"Se non fossi ricercato ormai in tutto il Mondo, sarebbe più facile fartene fare il giro" disse ancora con gli occhi chiusi. Si era addormentato sulle sue gambe dopo una mattinata decisamente no. "Devo organizzarmi bene, ma voglio farti vedere almeno l'Italia."
"Ci sei stato molte volte?"
"Ci ho vissuto per diverso tempo. Precisamente a Firenze. Che magnifico paese, tu non puoi capire che panorami, che arte, che architettura."
"Io sono stata a Venezia diversi anni fa. La ricordo bellissima."
"Stupenda. E non sei stata a Roma, un museo a cielo aperto."
"Mi ci porterai"
"è un ordine?" sorrise lui aprendo gli occhi. Fino a quel momento sembrava aver rivissuto tutte le sue esperienze in Italia mantenendoli chiusi.
"Lo hai detto tu prima"
"Sei brava a rigirarti i discorsi"
"Ho avuto un ottimo maestro" sorrise e lui ricambiò toccandole il naso con un dito. Un vezzo che aveva sempre avuto. La faceva sentire un po' bambina e in fin dei conti non le dispiaceva.
Il silenzio fu interrotto da una voce in lontananza:la signora Adsila stava cantando accompaganta da uno strumento; era una musica semplice ma aveva completamente catturato il piccolo Kim che ballava e rideva.
Appena videro Ariadna fare capolino si fermarono con suo grande dispiacere: voleva far parte del quadretto e pregò la signora di continuare. Prese per le mani il piccolo e ballarono; cercò anche di farlo girare con alcune difficoltà, ma una volta imparato sembrava esser diventato una trottola impazzita. La risata del piccolo era contagiosissima e anche la madre fece fatica a mantenere il tono.
Ariadna girandosi vide Andres poco lontano appoggiato ad un albero che sorrideva divertito alla scena."Che fai, ridi? Unisciti a noi e facci vedere se sei più bravo" lo canzonò e lui accettò.
Raramente rifiutava una sfida e così cercò di accennare qualche passo e lei si stupì del fatto che non fosse per nulla un ciocco di legno come avrebbe scommesso.
"Che c'è, pensavi non avessi il minimo senso del ritmo?" le disse prendenole una mano facendola girare e stringendola poi a se.
Risero molto nel vedere il piccolo che cercava di imitarli con scarsi risultati. Un momento che Ariadna avrebbe ricordato come felice.
La pioggia li colse tutto d'un tratto e furono costretti a correre in casa. Si sedettero in veranda guardando il mare mosso che confondeva il suo colore con quello grigio del cielo. Poteva sembrare inquietante ma era comuqnue uno spettacolo."Vuoi diventare madre?" chiese improvvisamente Berlino e Ariadna quasi si strozzò con il tè che stava sorseggiando.
"non ora. Tra qualche anno ti vedi con una famiglia e figli?" si spiegò meglio e lei quasi si sentì mancare un battito. Non parlava di un quadretto di cui sarebbe stato protagonista, non gli sarebbe stato possibile e questo la riportò alla verità che per un momento aveva lasciato fuori la porta: Berlino stava morendo.
"Sì, perché no" rispose guardando in basso. Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia; gli stava praticamente parlando di un futuro che non lo avrebbe compreso e non voleva ferirlo.
"Che hai?" Chiese alzandole il mento con due dita e guardandola negli occhi. A lei non sembrò essere triste, forse l'unica ad esserlo per le sue condizioni in quel momento era lei.
"Non mi pare carino parlare della mia vita dopo la tua morte. Tutto qui"
rispose velocemente e nella speranza di chiudere l'argomento."Non c'è nulla di male. La vita andrà avanti e tu sarai una splendida madre." Le accarezzo il viso e in quel momento lei si rese conto di non poter più mascherare il velo di tristezza nel suo sguardo.
"Magari lo chiamerai Andres" scherzò lui cercando ti sdrammatizzare .
"Te lo scordi. Non penso che il mio compagno sarebbe felice di sapere che il figlio porti il nome di un mio ex"
"E tu non glielo dire" rise e la tensione si allentò.
Nel mentre la pioggia evava cessato di cadere copiosa e un raggio di sole stava squarciando le nubi. Ariadna pensò a se stessa come quel cielo, sarebbe tornato anche per lei il sereno dopo la tempesta? Veramente la vita sarebbe tornata normale dopo tutto quello che aveva vissuto...dopo Andrés?
Berlino nel frattempo si era alzato per prendere la sua dose di antidolorifici e si era disteso nell'enorme letto a baldacchino della loro stanza. Ariadna decise di stendersi accanto a lui e si rese conto tutto d'un tratto che in quell'utimo periodo stava facendo spontaneamente ancora più gesti che prima non avrebbe pensato minimamente possibili. Mentre guardava le nuvole diradarsi decise di non censurare più i suoi pensieri e le sue curiosità."Parlami della tua vita Berlino, non ne so nulla" alzò il viso per guardare il suo. Aveva gli occhi chiusi ma non stava dormendo.
"Sono stato un ladro niente male, ma questo lo sai" scherzò ma Ariadna non aveva la minima intenzione di lasciare andare l'argomento
"Tua madre? Come se ne è andata?"
"Aveva la mia stessa malattia. Le prese in forma molto più aggressiva e ci lasciò in pochi anni dalla diagnosi" si fermò un attimo e poi continuò "Era bellissima e aveva una voce molto dolce. Ricordo ancora le favole che mi raccontava prima di andare a letto. A volte mi sembra di risentirla chiamarmi chiudendo gli occhi" concluse e al pensiero sorrise involontariamente.
"Non ho foto ma l'ho disegnata. Ci sono dei disegni in quel cassetto. Prendili"
Ariadna obbedì e scoprì solo in quel momento dell'esistenza di altri disegni. Li prese e li portò con sé spargendoli sul letto. Ce ne erano moltissimi e raffiguravano persone diverse. La donna che le indicò Berlino aveva più ritratti di tutti ed era vero: era bellissima. Non le somigliava molto, se non per alcuni tratti.
"Era veramente stupenda" confermò lei.
"Già, da lei ho preso il mio fascino" scherzò
"Non le somigli per nulla" rispose schietta e lui fece finta di essere indignato.
"Cosa vorresti dire, che sono brutto?" rise
"Non lo sei e lo sai, solo che non le somigli. Forse giusto in alcuni tratti"
"è il primo complimento che mi fai, non ti è riuscito benissimo però. Prova ad impegnarti di più" disse fingendo serietà.
"Non hai bisogno che qualcuno accresca il tuo ego" parlò e scoppio a ridere ai tentativi di Berlino di farle il solletico per vendicarsi. Non avevano mai vissuto momenti così nei mesi precedenti e soprattutto Ariadna non avrebbe mai pensato che un uomo così tutto d'un pezzo potesse lasciarsi andare in tal modo. Su molte cose giurò in seguito di essersi sbagliata sul conto di quell'uomo.
"Basta, ti prego Andrés" implorò con le lacrime agli occhi mentre continuava a ridere per il solletico. Lui però appena sentito il suo nome si fermo sorridendole.
"Come mi hai chiamato?""Andrès... non va bene?" si affrettò lei.
"No, benissimo. Non mi avevi mai chiamato con il mio vero nome"
"Beh c'è una prima volta per tutto" disse circondandogli il collo con le braccia lasciandosi baciare con passione e, per l'ennesima volta, Ariadna non ebbe alcuna remora nel concedersi.
Tutto quello che stava vivendo poteva sembrare al limite del normale, ma non si chiedeva più cosa stesse accadendo nella sua mente. Non poteva fare altro che vivere ogni singolo istante come veniva, perché la consapevolezza che tutto prima o poi sarebbe finito si faceva sempre più una realtà.
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Nonostante tutto - La Casa Di Carta
FanficE se Berlino fosse sopravvissuto alla rapina alla Zecca dello Stato?