Capitolo 13. Solitudine

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Hermione non riusciva nemmeno a ricordare l'ultima volta in cui si era sentita così rilassata e serena.

Emise un pigro mormorio mentre le cadute ritmiche di un petto mascolino la riportavano a quel meraviglioso purgatorio tra il sonno e la realtà. Un gustoso odore di menta piperita e peccaminoso Serpeverde le solleticava il naso, e lei scacciava i resti di un sogno beato mentre ricordava dov'era.

A giudicare dai respiri pesanti che le sfioravano i capelli sulla fronte, Draco si trovava ancora molto distante dal mondo, anche se le sue braccia dovevano essersi mosse di loro spontanea volontà durante la notte, poiché in quel momento si trovavano strette attorno al corpo di Hermione, e lei non poté fare a meno di spingersi un po' più verso di lui per assaporare al meglio quella meravigliosa sensazione di sicurezza prima che il suo imminente risveglio rovinasse l'atmosfera. Sbuffando al solo pensiero, Hermione si rese conto che forse sarebbe stato meglio per lei sgattaiolare fuori dalla stanza prima che lui se ne accorgesse, tanto per evitare l'ennesima scenata.

Non sapeva per quale motivo, tuttavia, incapace di resistere, allungò leggermente il collo verso l'alto e gli poggiò le labbra proprio sulla linea della mascella, lasciando a suo modo un bacio del buongiorno. A quel punto, cercò di sfilarsi cautamente dalla sua stretta.

L'assenza del suo tocco la fece sentire fredda e trascurata e, come se pensasse che lui potesse sentire la stessa cosa, si affrettò a coprirlo con una coperta. Con un ultimo sguardo sconsolato, si voltò per andarsene, ignara del fatto che un paio di occhi grigi si stessero lentamente schiudendo dietro di lei.

Draco si portò la punta delle dita nel punto in cui lei aveva poggiato le sue labbra poco prima e fissò la sua figura che usciva dalla camera. Un'idea improvvisa gli venne in mente, così si alzò in silenzio e si avvicinò alla porta, giusto in tempo per sentire la password della Granger.

Lutra, lutra?

Non aveva la più pallida idea di che cosa potesse significare, ma siccome non gli importava granché, si sentiva molto soddisfatto; d'ora in poi le cose sarebbero potute essere un po' più giuste per lui. Se la Granger si era dimostrata talmente entusiasta da sentirsi in dovere di entrare nella sua stanza a suo piacimento, ora lui poteva fare lo stesso. Certo, sarebbe stato tutto solo per scopi tattici... eppure, dopo essersi sfiorato un'altra volta il punto in cui la Granger l'aveva baciato quella mattina, non poté fare a meno di chiedersi se ci fossero motivi più oscuri nelle sue azioni indiscrete.




***




Dopo un pranzo leggero e una capatina in Biblioteca, Hermione era ritornata nella sua stanza, trovandola occupata dalla presenza della civetta di Harry, Edvige.

Rilesse la lettera quattro volte e ogni volta il suo sorriso si ingrandiva sempre di più. La busta era indirizzata a lei soltanto, perciò stavolta non si preoccupò di aspettare Ginny per aprirla. Dopo settimane di vuoto assoluto, finalmente una notizia positiva, un po' di luce in mezzo all'oscurità. Il biglietto era scarabocchiato nella calligrafia di Ron, disordinata e familiare, eppure le parole erano chiare e decise sulla pergamena.

"L'abbiamo trovato. E appena distrutto.

Stiamo cercando gli altri ora.

Mi manchi.

R&H"

Non c'era alcun dubbio a riguardo; avevano trovato il medaglione. La sua crescente curiosità a riguardo ai dettagli avrebbe dovuto aspettare ancora; sapeva che era molto rischioso per Harry e Ron mandarle troppe informazioni tramite posta. Ma per il momento, non importava. Era una notizia fantastica! Un passo più vicino a distruggere Voldemort, per mettere fine a questa Guerra.

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