Ore 20.30
“Puoi dargli anche un’opportunità”, era quella la frase che mi rimbombava in testa da quando Pietro l’aveva pronunciata lentamente in macchia. Mi risuonava nelle orecchie come se anche adesso stesse continuando a ripeterla, come se la sua lingua si fosse bloccata su quelle parole e l’aria emessa dalla sua bocca continuasse ad assumere quella forma, anche adesso che ormai eravamo in casa e stavamo aspettando gli altri per divertirci e passare la nostra serata insieme, come ai vecchi tempi.
“Puoi dargli anche un’opportunità” era facile da dirsi se non eri nella mia situazione, assicuro che anche io lo avrei detto alla mia migliore amica, ma sono sicura che anche lei non ci avrebbe mai pensato.
“Puoi dargli anche un’opportunità” era il mantra che qualcuno ripeteva nelle mie orecchie. Ma chi? Era la mia stessa testa che non riusciva a lasciare andare l’immagine di Flavio legata a quelle poche parole che poco prima Pietro aveva pronunciato.
Era questo il motivo per cui non gli potevo dare questa tanto attesa opportunità: era il fatto che ne ero quasi ossessionata, lui era la mia ossessione, lui non era nient’altro che quello, ecco spiegato perché quella frase si ripeteva all’infinito. Era l’unico modo che conoscevo per dare un’opportunità a quella che era la realizzazione di un’ossessione, magari incoraggiata da un altro e ciò mi deresponsabilizzava.
Tornai alla realtà quando il campanello suonò: appena arrivati a casa Pietro si era appropriato del divano in soggiorno e con lui Fabio, entrambi parlottavano di qualcosa ma io, troppo persa nel mio mondo pieno di Flavio e cazzi vari, non sapevo di cosa si trattasse; il fatto che parlavano sottovoce rendeva il tutto ancora più difficile da comprendere. Mi alzai di scatto da quel pezzettino di divano che i due ragazzi, con tanto amore, mi avevano lasciato. Non feci tanta fatica, infatti, il loro amore, era tantissimo al punto di lasciarmi in uno spazio di venti centimetri, senza esagerare.
Arrivata in corridoio mi precipitai al citofono
- Chi è? –
Chiesi cercando di non distrarmi anche in quell’occasione, non sarebbe stato difficile farlo.
Ero sempre stata una molto razionale, posso quasi dire di avere sempre avuto i piedi per terra fin quando non ho conosciuto il dilemma della mia vita, quello che mi ha complicato l’esistenza ma che forse l’ha resa anche miglio… ma che cazzo dici Grè? Migliore? Ti trovi qui a pensare a quel coglione e pensi anche che ti abbia migliorato l’esistenza? Vorrei prendermi a ceffoni da sola per certi pensieri che animano la mia mente.
- Chi è ? –
Richiesi, forse ci ero riuscita, mi ero distratta anche mentre rispondevo al citofono.
- Grè siamo noi, ma avete bevuto? –
Fu Sara a rispondere, ecco si, mi ero distratta
- Salite –
Sorrisi, forse per discolparmi, anche se lei non poteva vedermi.
Aperta la porta le vidi già lì, ero sempre sorpresa da quanto gli altri fossero più atletici di me: Sara e Mery. Risi e le abbracciai, anche restando sempre in contatto per messaggio, chiamate e cose varie, vedersi era tutta un’altra cosa, e ne eravamo tutti consapevoli.
- La altre? –
Chiesi salutando come seconda Mery che mi scoccò un bacio sulla guancia mentre Sara rispose alla mia domanda
- Ho sentito Delia, mi ha detto che stanno arrivando: Gaia ha fatto tardi -
Sorrisi dato l’urlo che venne dalle mie spalle, anche spaventandomi un po’.
STAI LEGGENDO
Una canzone che non so | Gazzelle
Fanfic🌕 Che ti ricordi di me, lo so Ma solo quando non ti calcolo 🌕Che ti innamori di me però Soltanto quando non ti calcolo 🌕Come quando ti spogli vado fuori di testa Ma vorrei sparire un po' 🌕Come quando ti arrabbi e strilli dalla finestra Una canzo...