Capitolo 5

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POV LAURA

Prendo coscienza, sono sveglia, spalanco gli occhi. La luce mi colpisce. Mi muovo nel letto girandomi a pancia in sotto. Che buon profumo... prendo il cuscino e lo stringo. Aspetta, conosco questo odore... scatto a sedere. Sento un dolore lancinante colpirmi alla caviglia e ciò mi riporta alla mente ogni cosa della notte precedente. Lo scontro, la caduta, il ghiaccio, due possenti braccia che mi trasportano, lui che mi fascia la caviglia, che mi sfiora la gamba con i polpastrelli, la sua voce, i sussurri... un brivido percorre la mia schiena. Ripenso alle parole di Ross, alle sue scuse, ed il cuore mi si scioglie. Non so cosa mi sia preso ieri, ma ho ceduto: quando ha iniziato a parlare e a dire tutte quelle cose su se stesso, sul fatto che fosse un mostro, mi ha fatto sentire compresa, non so come, ma ho sentito una sorta di sintonia, come se lui provasse verso di sé quello che io provo per me stessa, come se fossimo uguali. Così, ha creato una crepa nel muro che avevo eretto intorno a me. Per la prima volta, da quel giorno, mi ha fatto sentire qualcosa che non fosse dolore o rabbia. Gli sono grata per questo, in un certo senso.

Mi siedo lentamente lasciando le gambe a penzoloni fuori dal letto. La sua stanza: sono nella sua stanza. Devo andarmene. Mi alzo aiutandomi con le braccia e facendo molta attenzione a non farmi male, di nuovo. Provo a poggiare il piede per terra; dopotutto non posso farmi bloccare da una semplice distorsione, anche se fa molto male. Tento lo stesso di fare un passo, ma la gamba cede. Per poco sarei finita per terra se due mani non mi avessero afferrato. Alzo lo sguardo e davanti a me compare un volto sorridente: Ross. Mi sfugge un sorriso.

–– Grazie –– dico grata. Lentamente lui allenta la presa su di me stando attento a non farmi cadere. –– Devo vestirmi –– penso ad alta voce. Comincio a saltellare su un piede verso la mia camera. Scommetto che da fuori la scena è molto divertente e ridicola; sicuramente Ross mi prenderà in giro tutta la vita per quello che sto facendo. Comincia a ridere, poi, inaspettatamente mi solleva abilmente da terra e mi prende in braccio con molta delicatezza. Le sue mani che passano dolcemente sul mio corpo mi fanno rabbrividire. Il suo tocco appare morbido e leggero, il che non può risultare tale quando si issa un corpo pesante: bisognerebbe tenere la presa salda e rigida, ma con lui non sembra affatto così. Ogni cosa che fa si evidenzia come perfetta, non sbaglia mai, perlomeno non sempre.

–– Che stai facendo? –– gli chiedo colpita. –– Vedi, il fatto è che non voglio che tu ti uccida, dopo mi sentirei in colpa per non averti aiutata prima, quindi preferisco portarti io –– risponde lui sarcastico –– Sai, sei dimagrita molto... peserai 50 chili scarsi: devi mangiare di più, tesoro –– aggiunge. Sbuffo scherzosamente.

Non capisco se stia scherzando o se sia veramente preoccupato. Appena usciamo dalla sua camera, nel corridoio incontriamo Riker, che nell'istante in cui ci vede, fa una faccia che risulta un misto tra sorpresa e tristezza. –– Cominciamo a fare le ore piccole in camera degli altri, vedo –– dice, probabilmente ironico, ma sembra arrabbiato. Poi i suoi occhi si posano sulla mia caviglia fasciata e cambia espressione. Ha capito. –– Cosa hai fato alla caviglia? –– chiede contemporaneamente a Rydel, che, nel frattempo, è uscita dalla sua stanza con solo un asciugamano addosso ed un altro in mano per asciugarsi i capelli bagnati. Racconto ad entrambi un riassunto molto scarno della sera precedente. Una volta finito, Rydel guarda Ross con sguardo indagatore. Si scambiano uno sguardo d'intesa che però non comprendo. –– Sta bene fratellino, ci ho pensato io sta notte –– dice Ross con un ghigno rivolto a Riker: si fa scappare un occhiolino.

–– Passamela, la porto io –– ordina Riker a Ross toccandomi una gamba e provando ad afferrarmi ma l'altro fa un passo indietro. –– Tranquillo, sono solo pochi passi, ci penso io –– ribatte appunto. Riker fa una faccia scocciata e sbuffa imprecando sottovoce. Sul volto di Ross si dipinge un sorriso trionfante che io, con un solo sguardo di disapprovazione, spengo. –– Smettila, sei il solito idiota –– lo rimprovero, tuttavia non riesco a trattenermi dal ridere. Ross entra nella mia camera, mi deposita con cautela sul letto e rimane a guardarmi. Mi sorride. –– Grazie, Laura.

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