Capitolo 10

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È passata poco più di una settimana da quella "discussione" con Michael.

In questi giorni come sempre andavo a scuola, poi in ospedale e poi a casa.
A volte mi vedevo con i miei amici ma con Michael no, mai.

Ora so i suoi orari e cerco di evitarli, anche se è difficile.
È difficile perché, in realtà, non voglio evitarlo, perché mi manca.

Però il mio fottuto orgoglio mi impedisce di andargli a parlare.
Forse, per una volta, devo metterlo da parte e cercarlo.

Oggi è sabato e sono le 10 di mattina.
Sono in ospedale e dovrebbe arrivare a momenti.

Lo sto aspettando fuori la struttura, parlargli nella stanza di Alex o comunque all'interno, dove ci sono più persone e soprattutto mia mamma, mi è difficile.

Invece qui, all'aperto, dovrebbe essere più semplice per entrambi.

E proprio come se lo avessi chiamato, lo vedo arrivare e bloccarsi un attimo quando mi vede, per poi continuare a camminare verso di me.

"Ciao." lo saluto quando mi è abbastanza vicino.

Lui fa un cenno col capo, che mi fa capire che non ha voglia di parlare...  O meglio, di parlarmi.

Mi supera e mi affretto a raggiungerlo.
Lo prendo per il polso e "Michael, aspetta." dico.

"Che vuoi?" sbotta.
"Parlarti." dico guardandolo negli occhi.
"Alex mi sta aspettando." dice staccandosi dalla mia presa e continuando a camminare.

"Quando finisci il turno possiamo?" chiedo, raggiungendolo.
"Fare cosa?"
"Parlare, genio." dico alzando gli occhi al cielo.

"Non posso, è da tanto che non vado da mia mamma, e devo andare a trovarla." dice, entrando in ospedale, seguito da me.

"Michael, per favore.
Non evitarmi, voglio solo chiarire." dico fermandomi.

Lui si gira lentamente verso di me.
"Pensi che non lo voglia anche io?" chiede alzando un sopracciglio.
"Eh allora perché stai facendo di tutto per non parlarmi seriamente?" chiedo.

Lui non risponde e si gira, tornando a camminare.

Io non lo capisco, mi giro anche io ed esco dall'ospedale.

Mando un messaggio veloce a mamma, dove le dico di non aspettarmi quella mattina e torno a casa.

Ovviamente, sciocca come sono, mi dimentico della presenza di Luke, così appena entro sbattendo la porta, lui viene subito verso di me chiedendomi "che succede?".

"Perché non sei in ospedale?" chiede ancora.

Non gli rispondo e salgo in camera mia.

Ho già detto che le gambe di mio fratello sono il doppio delle mie?
Ecco, mi raggiunge subito.

"Allyson mi spieghi che hai?" chiede, iniziando ad innervosirsi.

Peccato che l'unica seriamente nervosa sia io, qui.

"Luke, voglio stare da sola, mi lasci stare?"
"No, finché non mi dici che ti succede, io non ti lascio." afferma duro.

Sospiro e "va bene, però entriamo in stanza." dico.
Lui annuisce e insieme andiamo nella mia stanza, sedendoci poi sul mio letto.

"Ho avuto una piccola "discussione" con Michael." dico facendo con le dita il segno delle virgolette alla parola "discussione".

"Come mai?" chiede Luke.
"Beh... Diciamo che ci sono alcuni momenti in cui lo vedo strano, un po' triste, e io voglio aiutarlo, ma lui non si fida." dico abbassando la testa.
"È un po' normale, vi conoscete da circa una settimana." dice.
"Ma io voglio fare qualcosa per lui Luke." sbotto io.
"Spiegati meglio."

My hope ||Michael Clifford Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora