Tra moglie e marito non mettere dito

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C'era un detto, che mia sorella Leanne usava sempre giustificarsi quando faceva qualche danno, e in quel momento fu la prima cosa che mi venne in mente.

Recitava che sotto pressione le cose non possono che peggiorare. Quanta verità in queste parole!

Annabeth ricambiava il mio sguardo con ancora il cellulare che squillava, gli occhi spalancati e il terrore palpabile.

"Che faccio?" mormorò a denti stretti.

Allargai le braccia. "Rispondi, che domande. Lo sai che insiste sennò, è psicopatica."

"E se ha scoperto di noi?"

"Impossibile," alzai gli occhi al cielo, nascondendole un sottile velo di paura.

"E se Bob si fosse lasciato scappare qualcosa?"

Il cellulare prese a suonare nuovamente dopo un momento di silenzio. A quel punto le passai le mani sulle spalle e sospirai.

"Bob era con noi mentre Leanne ti chiamava, è impossibile. Sii ragionevole, rispondile e non farti prendere del panico."

Annabeth annuì, guardandomi con gli occhi azzurri spalancati e vacui. "Allora rispondo," comunicò e si portò il telefono all'orecchio. "Pronto, Leanne?"

Mi portai una mano tra i capelli e mi agitai mentre il panico cominciava ad assalirmi. "Cerca di non balbettare," mimai con le labbra.

"Cosa?" esclamò all'improvviso a voce alta. "Sono da sola, perché? Mai stata più sola di così. Se cerchi la parola solitudine sul dizionario ti esce la mia foto," si interruppe e dischiuse le labbra. "Ah, dove sono. Non con chi."

Mi battei una mano violentemente sul viso e cercai di trattenere le risate con tutto me stesso.

"Va bene, aspetta, così non ti capisco," fece una smorfia. "Cos... Rebecca, sei tu?"

Ma che diamine stava succedendo dall'altra parte del telefono?"

"Che è successo? Leanne non mi fa capire niente."

Con un sonoro sbuffò allungai una mano verso di lei e presi il telefono, indirizzandole un occhiolino quando mi guardò male.

"Rebecca, sono James."

"Ja..."

"Non dirlo," la interruppi precipitosamente. "Si può sapere che succede?"

Rebecca sospirò rumorosamente. "Ethan e Leanne hanno litigato."

"Non abbiamo litigato, è complicato," ribattè mia sorella in sottofondo con tono lamentoso.

Ma che palle! Avevo della panna da comprare e usare prima di adesso, non potevo perdere tempo dietro a una delle tante crisi di Leanne.

"Ed è così grave da far venire Annabeth lá o puoi pensarci tu?"

"È venuta qua e mi ha chiesto di darle qualcosa da bere. Di forte," precisò Rebecca, "E io gestisco una pasticceria."

Il suo solito melodramma era in scena, insomma.

Era sempre stato così: le bastava un nulla e tutti accorrevano da lei. Un labbro di fuori, un battito di ciglia, una lacrima... E magari io ero al suo fianco in fin di vita ma il primo singhiozzo bastava a metterla al centro dell'attenzione.

Insomma... Come si può ben capire, essere fratelli di Leanne comportava sentimenti bivalente: da un lato avevo odiato quella bambina arrivata dal nulla che mi aveva rubato la scena, come se non ci avesse già pensato Noah; dall'altro quella bambina che mi somigliava tanto mi permetteva di combinare casini senza essere costantemente controllato.

Purché finisca beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora