Capitolo 11: Romeo & Juliet

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Recap:
La notizia del trasferimento di Abigail ad Edimburgo ravviva in Grace la speranza di incontrare sua sorella. Mentre lei e il suo angelo custode pensano ad un piano d'azione, William – amico di vecchia data di Grace – ricompare con la proposta di una cena fuori e poi un invito ad un evento di beneficenza.
Questa elegante festa dà a Grace e Devin l'occasione di un incontro romantico, interrotto sul più bello dalla presenza di un paparazzo troppo invadente.

Guardo verso i miei appunti, tentando in tutti i modi di mettere a fuoco le parole. Le mie palpebre pesano come macigni, e la voce melodiosa della professoressa di storia francese non le aiuta a rimanere aperte.
Odio il lunedì.
"Hey." Mi chiama con un sussurro Alicia, la mia compagna di banco. "Vuoi un pizzicotto?"
Mi giro verso di lei, osservandola in modo vago.
"Un pizzicotto?" Biascico, cercando di riprendere il controllo delle mie espressioni facciali.
Lei mi guarda titubante. "Stavi per cadere con la testa sul banco."

Forse, se ieri mattina mio padre non mi avesse svegliata alle sette con la ferma intenzione di andare a fare una gita in campagna, ora non starei crollando sul mio quaderno. E forse, se Devin si fosse fatto vivo nelle ultime ventiquattro ore, assicurandomi che stava bene, avrei dormito più serenamente almeno la notte passata.
"No." Sussurro. "Niente pizzicotto, grazie."

Ma non posso continuare così. È letteralmente doloroso questo tipo di sonnolenza.
Alzo la mano, il braccio che sembra pesare quintali, e aspetto che la professoressa mi dia la parola.
"Posso andare in bagno?" Chiedo piano, quando lei fa un cenno verso di me.
"La lezione è iniziata solo da dieci minuti, Grace."
"Mi scusi. È piuttosto urgente."
La guardo sollevata acconsentire, quindi esco dalla porta della classe sotto le occhiate curiose dei miei compagni.

Il bagno delle ragazze è proprio in fondo al corridoio. Lo raggiungo in fretta, stupendomi di fronte al riflesso che mi rimanda lo specchio.
Oh Dio, sembro uno zombie!
Passo lo sguardo sui capelli spettinati, raccolti in un tentativo di chignon, e sulle occhiaie profonde, cornici di occhi spenti.
"Chi sei tu, e che ne hai fatto della ragazza splendida di sabato sera?" Mi aveva detto Celìne questa mattina, il tono plateale, guardandomi fare il mio ingresso a scuola in jeans, felpa larga e viso struccato.
Inumidisco con la lingua le labbra screpolate, pur consapevole che così facendo peggiorerò la situazione, poi mi lavo il viso con acqua gelata.
Il freddo, come speravo, mi aiuta a svegliarmi. Così, dopo essermi asciugata, lanciata un'ultima occhiata al mio colorito verdognolo, ritorno pigramente verso la classe.

Non sono che a pochi passi dalla porta dell'aula, quando una macchia scura sul pavimento attira la mia attenzione. Mi avvicino, realizzando presto che si tratta di una fotografia. Scivolata da qualche borsa, forse, o scollata da uno di quei cartelloni che fanno in onore dei team sportivi.
Mi piego sulle ginocchia, afferrandola tra le mani: mi paralizzo. La foto è buia, ma in buona definizione. È stata scattata di notte, all'aperto, e sembra una cartolina romantica degli anni settanta. C'è una grande finestra, al secondo piano di un edificio maestoso, che regala allo spettatore l'immagine fuggevole di un turbinio di vestiti eleganti. Da quella stessa finestra filtra una luce forte e calda, che contrasta con il buio della notte e mette in risalto due figure avvinghiate, due ombre così vicine da sembrare quasi una sola. Sono in piedi sul balcone che si affaccia sul giardino, incatenati in un abbraccio, i visi uniti in un bacio visibilmente movimentato.
Il corpo della ragazza è esile, fasciato da un vestito lungo, e sembra trovare nella presa del bacio il sostegno per ergersi più alto. Il corpo di lui è mascolino, e le spalle larghe sembrano voler proteggere l'incontro delle labbra da occhi indiscreti.
I loro lineamenti sono solo contorni indefiniti, eppure ai miei occhi sono riconoscibili come se li vedessi ora, di fronte a me, alla luce del sole. Non sono Romeo e Giulietta, ma siamo Devin ed io, immortalati in uno scatto furtivo, inaspettatamente poetico ed equilibrato.

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