Beccata, Di Nuovo

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Era giovedì quando la Fantucci, al termine della lezione, ci avvisò che la settimana successiva avremmo dovuto svolgere una verifica.

Prima di uscire dalla classe mi aveva rivolto uno sguardo da brividi, accompagnato da un sorriso da diabolica faina.

Pessimo segno.

Mi riversai sul banco, la guancia appoggiata al freddo pianale mentre meditavo sul poco tempo che avrei avuto per prepararmi.

Era da lunedì che il re dei vermi, alias Sodini, mi dava ripetizioni. O meglio, si limitava a sciorinare qualche definizione con una verve a dir poco sfavata.

La sua voglia di spiegarmi era paragonabile alla mia di ascoltarlo. Non c'era da stupirsi che non avessi ancora capito nulla, anzi, mi sembrava di avere solo più confusione.

<< Sono spacciata >> mormorai sconsolata.

Vanessa saltò a sedere sul banco accanto al mio. << Ma se hai Sodini che ti dà ripetizioni >> ribatté addentando un pezzo di schiacciata. << Non puoi immaginare quanto ti invidi >> aggiunse.

Mi tirai su e la guardai dritta negli occhi.

Era da quando la Fantucci aveva sancito quello stupido vincolo tra me e il caprone che lei non faceva che ripetermi quella frase.

Ogni giorno ci teneva a ribadire che godevo di un sacco di opportunità per stare vicina al suo grande amore. Se da principio ero semplicemente sorvolata sulla cosa, adesso il fatto che mettesse sempre di mezzo la parola "invidia" cominciava ad infastidirmi.

Possibile che non riuscisse a vedere nient'altro oltre a Sodini? Io e le mie preoccupazioni non contavamo nulla?

<< In effetti avere la media del quattro a matematica è una bella fortuna >> dissi risentita. << La tua media del sei dev'essere proprio una condanna. >>

I suoi occhi neri atterrarono nei miei, seri.

Ciò che più mi stupì fu notare come i tratti del suo volto si fossero induriti. Non c'era traccia di pentimento nel suo sguardo, anzi, lessi una punta d'astio che mi fece male.

<< D'accordo che a te non piace Sodini, ma potresti almeno sforzarti di capire come mi sento. Non c'è bisogno che tu te la prenda tanto se a volte esterno quel che provo >> asserì secca. 

Mi portai una mano sul petto, basita dalle sue parole. << E secondo te io come dovrei sentirmi quando la tua unica preoccupazione riguarda il tempo che trascorro con lui? Sono giorni che, di fronte al mio scoraggiamento, non fai che ripetere che mi invidi. >>

Il mio stomaco si contrasse per il nervoso.

Se c'era una cosa che detestavo era proprio discutere. Mi spaventava il pensiero che una persona potesse ferirmi e che io, di conseguenza, potessi fare altrettanto.

Anche se, in genere, ne uscivo sempre io ammaccata.

Ero talmente emotiva da vivere quelle situazioni con maggiore coinvolgimento rispetto agli altri, non riuscivo a farmele semplicemente scivolare addosso.

In quel momento arrivarono anche Linda e Francesca, munite del panino che avevano comprato al bar della scuola.

Ci studiarono con sospetto, dopotutto Vanessa aveva smesso di guardarmi e io probabilmente avevo una faccia che parlava da sé.

<< Che succede? >> chiese Francesca, cauta.

Vanessa smontò dal banco e, senza dire una parola, uscì a testa alta dalla classe. 

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