Bella Giornata

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Piombai in classe col fiatone e le guance paonazze per la corsa.

Quella mattina la mia sveglia aveva deciso di prendersi una pausa e andare in vacanza. Così, senza preavviso.

La vigliacca mi aveva lasciata nel momento del bisogno.

In compenso, ero piuttosto sicura di aver superato qualsiasi record mondiale di velocità. Quella sveglia traditrice aveva fatto di me una campionessa olimpica.

I miei sogni di gloria si sgretolarono quando constatai che la professoressa Fantucci era già seduta alla cattedra e che mi stava osservando a labbra strette.

<< Gigli, alla buon'ora >> esordì in tono acido.

<< Mi scusi. >> Congiunsi le mani con sguardo supplichevole e m'incamminai al mio banco.

Sentivo tutto il peso dei suoi piccoli occhi da faina su di me.

<< Non ti accomodare, vieni alla lavagna. >>

No, no. Perché?

Cos'aveva fatto di male per meritarmi una simile punizione?

Mi sarei voluta gettare a terra e alzare le mani al cielo in lacrime.

In matematica ero una frana, una vera e propria capra.

Mi impegnavo pure, ma il mio cervello sembrava respingere con forza qualsiasi numero e formula.

<< Sì... arrivo >> accordai incerta.

Tolsi in fretta e furia la giacchetta e rivolsi un'occhiata supplichevole a Francesca e Linda.

Volevo piangere.

Mi posizionai davanti alla lavagna come una condannata a morte. Nella mia mente imperava il vuoto più assoluto, non ricordavo assolutamente niente.

La Fantucci sorrise con goduria, probabilmente intuendo il mio stato di agitazione.

Sembrava profondamente orgogliosa della sua affinata capacità di mettere gli studenti in crisi. Ero quasi certa che ne avesse fatto lo scopo della sua vita.

<< Molto bene, Gigli. >> Si sfregò le mani mentre ricercava qualche esercizio da dettarmi. << Ecco, questo mi piace, scriv... >>

Qualcuno bussò alla porta.

Un angelo venuto per salvarmi?

Il mio cuore palpitò mentre la speranza che un bidello entrasse e si portasse via quella megera cresceva.

<< Avanti >> gridò seccata.

Mi girai di scatto verso Francesca e Linda per mimare loro di suggerirmi.

Francesca sollevò il libro e mi scoccò un occhiolino. Linda scivolò sotto il banco e, con l'agilità di un serpente, prese posto al mio, in prima fila.

<< Non ti preoccupare, ci siamo noi >> bisbigliò con una mano davanti alla bocca.

Notai che i suoi occhi, nel voltarsi verso la professoressa, si erano sgranati.

Seguii il suo sguardo fino ad approdare su un ragazzo che se ne stava davanti alla cattedra con una serie di fogli in mano.

I suoi capelli biondo scuro e la sua figura prestante mi fecero sospettare di non essermi mai svegliata. Non era possibile che fosse vero.

Era chiaramente un incubo.

Riccardo Sodini non poteva essere entrato nella mia classe. 

Trouble-sitterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora