notte no.9: rosso.

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Niente

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Niente.

Non c'era la minima traccia della presenza del celeste, era come svanito nel nulla assieme ad ogni più piccola goccia di felicità che permetteva al suo cuore di pulsare, mantenendo viva la lucentezza dei piccoli astri che sostavano nelle sue dorate iridi, e lasciò libero alloggio agli atroci ricordi e pensieri che frantumavano il suo cuore; ormai le barriere erano solo granelli di sabbia tiepida: Karma era fragile, ormai instabile, e non sarebbe più riuscito a tornare lucido. Il buio della notte, quella volta, gli faceva paura, gli provocava una brutta sensazione; non vedeva, percepiva soltanto il vuoto dell'ombra che lo avvolgeva con immonda crudeltà.
La tagliente brezza estiva feriva la sua pelle imperfetta e seccava gli occhi assenti che osservavano l'orizzonte, protraendo un mare scuro ed orribile, impercettibile e privo di luce poiché le stelle, quella notte, non brillavano nell'assenza della più bella tra tutte loro, la stella che prendeva il nome di Shiota Nagisa, e scoraggiate dalle impenetrabili, grigie e colme nuvole. Presto niziò a piovere: i capelli scarlatti s'inzuppavano delle tristi lacrime divine; forse anche lassù mancava un Nagisa; chissà se lui aveva le ali, come i malinconici angeli. Avrebbe tanto voluto volare con lui, sfoggiando le proprie ali nere come tale spenta notte, affiancando quelle bianche e pure altrui, fino a quel momento limitate dalle catene che la madre avvolse con tanta cura e facilità attorno a loro. Peccato che non c'era, quella notte, a sorreggere il diavolo rosso dalle tenebrose ali rotte, il quale cercò di far diventare la sua brama realtà: così, Karma,
il sadico e furubo Karma,
il fragile ed innamorato Karma,
porse un piede in avanti, facendo un passo verso ciò per cui non era ancora pronto.
Quando, però, il peso della sua testa, colma di silenzio, sbilanciò il suo corpo nel vuoto, i suoi occhi incontrarono di nuovo quelli del suo angelo dai celesti astri:
pochi istanti dopo, si schiantò sulla terra che aveva scelto con tanta fatica per continuare ad osservare il cielo, il quale sfumò nella più oscura e fatale ciecità.
Il sangue avvolse veloce il suo corpo ora denutrito, e le urla di Nagisa, che lasciò cadere le stampelle che lo sostenevano a fatica nel suo cammino, avviandosi in una corsa dondolante e disperata verso colui che amava, ruppero quell'assordante silenzio, melodia notturna.
E tutto si tinse di sangue: rosso il terreno,
rosse le bianche, impotenti ali,
rosso il cielo.

gaya

karma, certo che sei davvero fragile sotto quelle imponenti barriere 😳
e sì, il palazzo da cui si è buttato è quello del prologo wHooPsiEs !!

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