Six.

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L'istituto è vuoto, luci spente, tranne una che si accende a intermittenza. Due assistenti stanno parlando in un ufficio, troppo occupati a sorseggiare il loro caffè per poter vedere Louis intrufolarsi dentro. Scivola lungo il muro per non farsi notare, entra nell'ufficio del suo tutore e accende la luce. Tutto è rimasto come lo ha lascato poche ore fa. Ripone la cartella sopra alla scrivania e, poco prima di uscire, la luce spenta poco prima, si gira a guardare nuovamente quel fascicolo e si ferma a pensare che il colore è quasi uguale al verde smeraldo delle iridi di Harry, che i ricami che sono stati fatti possono ricordare vagamente i suoi ricci e che l'inchiostro con cui c'è stato scritto sopra è simile al nero dei suoi tatuaggi. E, senza neanche accorgersene, una lacrima si sta già facendo strada lungo la sua guancia.

Il rumore della porta che si chiude fa voltare i due consulenti sociali, ma dopo qualche secondo riprendono a ridere e scherzare, senza rendersi conto di nulla.

Louis è nell'auto, ancora ferma al parcheggio, mani al volante e fronte abbassata, musica abbastanza alta da mascherare i suoi singhiozzi, ma non tanto da attirare l'attenzione di chi passa accanto.

I sensi di colpa lo stanno uccidendo.

Non ha mai dato molta importanza a quel ragazzo, o almeno non tanto quanto se la merita: un bacio ogni tanto, una battutina sporca, una frecciatina offensiva, questo era il suo modo di dimostrare il suo affetto. Aveva paura, era terribilmente spaventato dai sentimenti che provava per quel ragazzo, soprattutto i primi tempi, quando aveva iniziato a provare attrazione per la prima volta verso un uomo e così aveva pensato che trattarlo male avesse fatto allontanare quel pensiero ossessivo di poterlo baciare, sfiorare, toccare, ma ogni volta che il suo tono si faceva più perfido sentiva un peso allo stomaco, un dolore lancinante che lo faceva sentire maledettamente infantile e avrebbe tanto voluto consolarlo del male che lui stesso gli provocava e tante volte cedeva alla tentazione di assaporare le sue labbra, di assaggiare il suo sapore e toccare la sua pelle, ma non ci metteva tanto a farsi salire nuovamente l'ansia e riprendeva a trattarlo male, quelle erano le volte che metteva a dura prova il cuore di Harry, quei giorni che lo illudeva che poteva esserci qualcosa tra loro e pochi secondi dopo gli strappa ogni speranza. Non sapeva la sua storia, non sapeva dei suoi problemi e forse non era neanche consapevole di quello che provocava nella mente di Harry, ma di una cosa era a conoscenza: quel ragazzo era diventato la sua ossessione.

Ed è ora che Louis se ne rende conto, ora che probabilmente ha perso ogni possibilità con lui, nel momento in cui ha scoperto che potrebbe perderlo, che il riccio potrebbe non stare sempre al suo fianco, sta prendendo atto di tutti i sbagli che ha compiuto, di tutte le notti passate con Eleanor pensando al suo Hazza, ai suoi capelli ribelli, ai suoi tatuaggi con la voglia di scoprirne altri, magari quelli che l'uniforme arancione copriva, a ogni attimo perso a tuffarsi nei suoi occhi verdi, gli stessi che quando si specchiavano nel suo celeste, apparivano davvero la fine del mondo.

Ricorda, in questo momento, la prima volta che lo ha visto, non il primo giorno di lavori sociali, ma prima. Circa un mese.

Centrale di polizia.
9 luglio 2009.
Louis è seduto su una sedia aspettando l'arrivo dei genitori, mentre due poliziotti davanti a lui continuano a gridargli contro, interessati a sapere le motivazioni del suo atto vandalico, ma il ragazzo non risponde, con occhi strafottenti fissa i due agenti e sorride, gesto che li fa infuriare ancora di più, facendo partire alcune minacce.
"Per quale cazzo di motivo hai tentato di dar fuoco a quell'ufficio? Giuro che se non rispondi ti faccio scontare il triplo dei lavori socialmente utili." Grida uno.
"Sei solo un ragazzino strafottente, immaturo e codardo. Parla se hai il coraggio, no?" Provoca l'altro, sperando di far uscire anche solo una vocale dalla bocca di quel moccioso, che però appare davvero troppo sicuro di se per cedere. Li continua a fissare, li scruta, li studia, ma rimane in silenzio, fino a quando i suoi occhi non si spostano alla scena che si sta verificando dietro a quei due sbirri: un altro adolescente, forse poco più piccolo di lui di qualche anno, entra nella centrale seguito da altri due poliziotti, manette ai polsi e testa china, al contrario di Louis, appare davvero sconvolto, lacrime agli occhi e vestiti strappati.
"Calmati ragazzo, sei ancora minorenne, non potranno farti nulla, nessun carcere, dirai che ti sei difeso! Dirai solo la verità!" Dice un uomo, chino davanti a lui, inginocchiato tra le gambe del giovane che si è appena seduto, ma anche Harry non emette un fiato. Solo allora Louis si inizia a sentire in colpa, più debole, più vulnerabile, man mano che fissa quelle iridi verdi, la sua sicurezza diminuisce, ma, anche non volendo, non riesce a smettere di scrutarle.

Non tutti gli sbagli vengono per nuocere.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora