Capitolo 13 - Senso Unico

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«Ragazzil'avete sentito?» domandò Smilzo. Non avevo idea di quello chestava dicendo però quando un soldato sente un rumore, bisogna subitomettersi all'erta.

«Chesuccede Smilzo?» gli domandai. Lui si guardò alle spalle, verso ilbuio della grotta. Stupido da parte nostra non controllarla prima.

«Prendetele armi ragazzi» dissi. «Non vorrei mai che...».

Lafrase non terminò mai. Due improvvisi occhi rossi e luminosisbucarono dal nulla. Venimmo attaccati dall'ennesimo gargoyle, moltopiù veloce ed incazzato.

«Attenti!»gridò Flash mentre si buttava a terra, evitando l'attacco. Iorotolai di lato e sparai un paio di volte verso il nemico,colpendogli le ali ma senza procurargli troppi danni.

«Dov'èandato?» chiese Doc.

«Nonlo so» risposi. «Non lo vedo più!».

Ciguardammo tutti quanti, controllando in tutte le direzioni. Entrareancora di più nella caverna voleva dire morte sicura. E non potevamopermettercelo.

«Vabene, ritirata» dissi di nuovo con molta calma. Avremmosemplicemente dovuto voltarci e uscire dalla grotta. Chi già sitrovava vicino all'uscita non se lo era fatto ripetere ed era giàcorso via. Ma noi eravamo più a rischio, dato che un solo passofalso poteva costarci la vita.

«Siamoquattro contro uno» decretò Smilzo. «Sarà una passeggiata».

Perchédoveva dirlo? Non appena terminò la sua frase, decine di occhi rossicomparvero dal fondo della grotta. Quel posto era un cazzo di covo,per la miseria. Con il cuore in gola gridai di scappare ma qualcosanon andò come previsto. Smilzo venne afferrato per una gamba etrascinato proprio al centro di quelle creature. Le sua urla di paurafurono nulla in confronto ai suoni che sentimmo subito dopo.

«No!»gridai, sparando all'impazzata in avanti. Non sapevo nemmeno secolpivo qualcosa ma dovevo provarci. Non potevamo perdere un altrocompagno.

«Dobbiamoandarcene» mi gridò Doc, strattonandomi il braccio.

«Nonlo lasceremo qui!» le risposi.

«Nonpossiamo più fare niente per lui» continuò lei. Non volevoascoltarla anche se sapevo che aveva ragione. Porca vacca.

«Seusciamo da qui, verremo inseguiti» dissi a bassa voce ma lei misentì. Si avvicinò e lanciò qualcosa là in mezzo, prima diprendere in mano un telefono.

«Equello che è?» chiesi.

«C4.Dobbiamo andare».

Corremmoverso l'uscita e non appena vedemmo la luce del mondo esterno, Docpremette il pulsante che fece partire l'esplosione così forte dabuttarci a terra. Mi fischiavano le orecchie e dopo qualche secondodi confusione totale, le urla cessarono.

Avevamoperso un altro compagno. Merda, merda, merda! Perché avevamo decisodi andare? Adesso avevamo perso anche Smilzo ed era tutta colpa mia.Poker sembrava traumatizzato mentre Doc era forse la più lucida.

«Dobbiamo...proseguire»disse lei. Io feci un leggero cenno con la testa ma ancora nonriuscii a muovermi.

«Gente,se continuiamo a rimanere qui...» tentò di dire ma sbottai.

«Abbiamoappena perso un altro compagno. Puoi darci un attimo?» domandai,parecchio irritato.

Leimi guardò con rabbia e la vidi stringere la mascella. «Nessunopoteva sapere quello che sarebbe successo» ci disse. «Siamo tuttinella stessa merda».

«Questamissione è un suicidio» disse Flash, mentre si massaggiava lacoscia. «Non saremmo mai dovuti partire».

«Ecosa dovevamo fare?» domandò lei. «Rimanere qua a farciammazzare?».

«Ilpunto è che ad ogni metro che facciamo, qualcuno muore. Secontinuiamo così, la squadra verrà dimezzata ancora prima diraggiungere il perimetro dell'area 51».

Ciguardammo tra tutti ma non dicemmo niente. Proseguimmo il nostrocammino, cercando di evitare trappole, imboscate o quant'altro. Moltevolte ci ritrovavamo in combattimento ma riuscivamo sempre ad uscirnevittoriosi. Dopo circa sette ore di viaggio, finalmente, ciritrovammo nel deserto del Nevada.

«Eccola!»gridò Flash. «La vedo!».

Tuttiquanti ci avvicinammo a lui, notando la gigantesca struttura ainostri piedi. Era recintata con enormi torri di controllo e torrettein tutte le direzioni. Sembrava fosse parecchio cambiata nel corsodegli anni ma poteva anche essere una mia impressione. Dopotutto nonci ero mai stato.

«Vabene, soldati. Tempo di scendere» decretai.

Ciavventurammo all'interno, passando da una rete bucherellata comegroviera. Entrammo nella struttura e la prima cosa di cui ciaccorgemmo era la mancanza di corrente. Cercammo in tutte ledirezioni un generatore di corrente ma non lo trovammo. Il posto eradeserto, con qualsiasi tipo di attrezzatura, foglio e sporcizia chericoprivano il pavimento.

«Chissàche diamine è successo qui. Un posto del genere non può esserecaduto così facilmente, no?» domandò Flash.

«Nonso» risposi, alzando le spalle. «Ma se metà delle forzedell'inferno hanno deciso che qua c'era qualcosa che poteva farlifuori, avranno sicuramente attaccato tutti qua».

«Plausibile»disse lui. Improvvisamente con un rumore elettrico, tutte le luci siaccesero improvvisamente con la voce di Doc che gridava: «Trovato!».

Manon trovò solo quello. Dai lunghi corridoi iniziarono a sentirsi ifamosi grugniti e urla dei gargoyle e degli zombie.

«Haitrovato molto di più» urlai, preparando le armi.

Sopravvivenza della TerraWhere stories live. Discover now