Печь

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Печь
_ Furnace




Sergeant Barnes?

*snap*

*snap*

*snap*

Sergeant Barnes?



*zot*

Печь

*zot*



Bucky sfoglia le banconote con studiata calma, contandole per la terza volta per assicurarsi di non vederci doppio o di aver improvvisamente dimenticato le nozioni base dell'aritmetica... ma ciò che tiene tra le mani non è un errore, anzi, è la promessa di tre pance piene per una settimana intera – forse due. Solo in quell'istante si concede un microscopico sospiro di sollievo, per poi raddrizzare le spalle ed intascare il contante, continuando tuttavia a stringere la busta tra le dita per il terrore di veder sparire il gruzzolo una volta lasciata la presa, soprattutto in una zona come il porto alle prime luci dell'alba.

Bucky è un orfano di ventun anni con una famiglia a carico, una battaglia legale in corso per mantenere la custodia della sorella e l'obbligo morale di fare i salti mortali per pagare l'affitto, aveva perso il lusso di rifiutare le banconote sporche ed il diritto di farsi un esame di coscienza ancora mesi addietro, adeguandosi al proprio Inferno personale alzando la guardia e preparandosi ad incassare compromessi sempre più stringenti pur di non lasciarsi sfuggire dalle mani le poche briciole di normalità che gli restavano da difendere – Steve e Rebecca andavano protetti, da bravo fratello maggiore era suo dovere far conoscere loro il più tardi possibile quanto potesse rivelarsi crudele il mondo.

Bucky non si crede ipocrita al punto da fingere di non sapere che le mansioni che svolge saltuariamente per Mister Koenig [*] rasentino la legalità, obbligandosi a mettersi il cuore in pace silenziando la vocina del buon senso che tentava inutilmente ogni volta di fargli capire che rischiava la galera se la polizia lo trovava con le mani in mezzo alla merce di contrabbando... ma a conti fatti supervisionare i carichi era meglio di rubare, guadagnava il doppio dello stipendio che riceveva come operaio in fabbrica e, sotto sotto, il brivido che provava nel terminare le proprie consegne senza cacciarsi nei guai lo rimetteva al mondo come poche altre cose sapevano fare, concedendosi di chiudere un occhio – o entrambi, a volte – per ingoiare meglio il boccone amaro.

Bucky si chiude la porta di casa alle spalle addossandosi contro lo stipite, sfilando la busta dalla tasca dei pantaloni iniziando a contare di nuovo le banconote, calcolando il dove e il quando spenderle, spuntando le voci "cibo", "affitto" e "bollette" dalla propria lista mentale... si rende conto troppo tardi di essere rincasato ad alba inoltrata, sollevando colpevole lo sguardo su uno Steve appena sveglio che lo sta studiando puntellato al cucinino con una battuta sagace sull'ennesima ragazza dal cuore spezzato pronta sulle labbra, perdendo il filo del discorso ancor prima di iniziarlo quando si sofferma con lo sguardo azzurro cielo sul gruzzolo che il fratello tiene tra le mani. Bucky si morde le labbra celando una prevedibile bugia su una vincita miracolosa a poker, allentando la tensione alle spalle quando il fratello lo anticipa scuotendo le proprie in un cenno di noncuranza, sorvolando sul sospiro rassegnato che abbandona le sue labbra insieme all'annotazione che hanno finito il latte, il lievito e che forse con quei soldi possono permettersi del caffè che non sia acqua sporca – potevano continuare entrambi ad illudersi di correre su binari paralleli, ma non cambiava il fatto che i treni su cui erano dovuti salire per non mandare in frantumi i cocci che restavano della loro famiglia correvano in due direzioni opposte... era una magra consolazione sapere che nonostante tutto Rebecca continuasse a vederli come i suoi eroi senza macchia e senza paura, ancora inconsapevole di ciò che si celava davvero dietro alla facciata, a differenza di Steve che giudicava in silenzio alimentando una lite che i due fratelli continuavano a rinviare per ostinata vigliaccheria autoconservativa.

Cavia n 32557Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora