Non credo che in tutta la mia vita, corsi come quel giorno. Il caldo era diventato insopportabile e la mia gola ci mise molto poco a tornare secca ed asciutta, impedendomi quasi di respirare. Ma non m'importava più di nulla, volevo solamente tornare a casa e lasciarmi alle spalle quella parte di Zaleno per sempre. Mentre correvo per le vie antiche e misteriose, sentivo dei passi alle mie spalle ma quando mi giravo, vedevo soltanto il tremolio dell'afa che saliva dall'asfalto rovente. Quando mi accertai di essere lontano dall'inquietante negozio mi fermai, respirai e mi accertai di non essere seguito. In fondo questa paranoia era totalmente ingiustificata ed irrazionale, ma dentro di me mi sentivo osservato da qualcosa di sovrumano. Arrivai a casa qualche minuto dopo, con la salivazione azzerata e la canotta zuppa di sudore. L'idea di potermi fare una doccia fredda mi riempì di sollievo e così feci non appena entrai in casa. Mentre l'acqua fredda bagnava il mio corpo accaldato, riflettei su quello strano negozio e sull'altrettanto strano venditore. Chi avrebbe mai venduto un prodotto tenuto tanto bene in un negozio di quel tipo? Ma soprattutto mi chiedevo il perché di quello sguardo prima di consegnarmi il prodotto. Mi sembrava così irreale che faticavo a comprenderne il nesso logico. Quando uscii dalla doccia, mi riempii un bicchiere ghiacciato di limonata e me lo scolai in pochi attimi. Con la gola refrigerata e la mia sete placata, tirai fuori dalla busta il mio nuovo telefono. Ero emozionato ed anche stranito dal fatto che mancasse una qualsiasi etichetta che indicasse il modello o la provenienza del telefono. Presi un panno imbevuto di alcol passandolo sullo schermo e sul retro per disinfettarlo e pulirlo. I tasti erano tre, due per il volume e uno per accenderlo. Premetti per qualche secondo quello di accensione, divorato dall'emozione e da un pizzico di angoscia, ma non accadde nulla. Controllai se la batteria fosse inserita correttamente e quando constatai che non era quello il problema, provai a metterlo sotto carica con il suo alimentatore presente nella confezione. Con un sospiro di sollievo vidi che la batteria era solamente scarica e che il cellulare non aveva alcun malfunzionamento. Premetti nuovamente il tasto di accensione e stavolta apparve una scritta che mi fece rabbrividire. Era il nome di mia madre, Rossella. Quella dannata scritta mi ferì come una lama incandescente, facendo riaffiorare nuovamente il ricordo orribile del mio compleanno passato da solo, nella buia e umida soffitta di casa mia.
Mi ripresi, pensando che quella fosse una coincidenza e che probabilmente si trattasse soltanto della marca del telefono. Forse i fatti di quel pomeriggio mi avevano turbato troppo ed ora stavo un attimo esagerando con le congetture e le lucubrazioni. Ahimè, vorrei tanto che si fosse trattato solo di strane coincidenze.
Lo smartphone mostrò la scritta per circa un minuto, dopo di che la schermata principale mostrò un'immagine talmente raccapricciante che ancora oggi non riesco a capacitarmi di come io sia ancora sano di mente dopo averla vista. Era una donna legata ad una sedia, con i seni recisi e degli occhi pieni di paura. Forse fra tutti gli orrori di quella maledetta foto, furono i suoi occhi a tormentarmi di più. Molte notti sogno ancora quello sguardo sofferente, colmo di angoscia e consapevole della fine imminente. Intorno alla donna c'era una camera senza finestre, molto simile alla cella di una prigione medievale. La foto doveva essere stata scattata con il flash in quanto non riuscivo a vedere nessun tipo di fonte luminosa. Inorridii alla visione di quello scempio e per poco non scaraventai il cellulare fuori dalla finestra dallo spavento. Gemetti e con un coraggio sovrumano lo ripresi in mano. Lo girai con orrore e premetti nuovamente il tasto di accensione. Uno sfondo di gabbiani su un mare cristallino aveva sostituito il precedente. Tirai un sospiro di sollievo e pensai subito di andare a restituire quell'aggeggio all'inquietante proprietario del negozio. Ma poi ripensai a quelle vie, a quella sensazione di essere perennemente spiato da occhi invisibili e al grasso e disgustoso commesso/venditore del mercatino. Così mi armai di coraggio e decisi di scoprire tutto ciò che conteneva quel telefono. Sarei disonesto se non dicessi che, in un primo momento, pensai di buttarlo e di aspettare che la mia macchina fosse riparata per andare a prendere un modello anche migliore fuori città. Ma ormai non riuscivo più ad avere il controllo su nulla, avevo iniziato un processo irreversibile che nessuna forza al mondo avrebbe potuto interrompere.

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The hearth of the devil
HorrorErik è un uomo riservato e tremendamente solo che lavora presso un'agenzia assicurativa, scrivendo qualche racconto horror per arrotondare il suo stipendio. La scomparsa di sua madre lo ha turbato rendendolo triste e solitario. Un giorno, stufo di e...